3.5.06

Figli di nessuno (I studio)

E il secondo?
La scorsa settimana, nella chiesetta di Sant’Andrea, è andato in scena lo spettacolo Figli di Nessuno. Gli attori erano gli allievi di 2° livello dei corsi di teatro organizzati dal Teatro Verdi. Il testo e la regia erano di Franco Farina.
Gli attori erano tutti giovanissimi (16-18 anni), e se a chi più e a chi meno mancava una sufficiente preparazione attoriale e di dizione (ma basta guardare la TV e certo cinema per rivalutare totalmente questi giovani allievi), a nessuno mancava l’entusiasmo e la responsabilità di portare in scena un testo originale e interessante e che, soprattutto, li riguardava da vicino.
Il testo che è stato scritto partendo anche dai suggerimenti dei ragazzi che hanno partecipato al corso indaga l’utopica possibilità di reiniziare il mondo da capo, senza una cultura imposta che ci precede e ci condiziona.
Lo spettacolo è diviso in tre parti: nella prima vediamo ragazzi cresciuti in un’isola; la natura perfetta li ha resi sereni e beati e anche se non sanno da dove provengono adorano i loro misteriosi genitori che li hanno abbandonati lì. Sono felici, tuttavia la curiosità è più forte ed alcuni di loro decidono di intraprendere il viaggio oltre il mare per andare a vedere cosa c’è. Nella seconda parte questi viaggiatori incontrano un altro gruppo di ragazzi con una storia diversa. Questi hanno ripudiato i loro genitori, forse li hanno addirittura uccisi, si intuisce che provengono da un passato difficile e violento, e inevitabilmente lo sono anche loro; ma l’incontro con il gruppo dell’isola anche se inizialmente problematico alla fine trova alcuni punti d’incontro. La terza parte, infine, vede un gruppo di donne che hanno deciso di eliminire il maschio dalla loro vita, ma questa soluzione non le convince più e stanno ripensando ad altri modi di organizzare la loro comunità. Il finale è ovviamente aperto: tutti gli attori si rivolgono al pubblico chiedendogli di discutere.
Lo spettacolo scorre bene. La parte iniziale forse è un po’ lenta ma serve a contrapporsi con la parte centrale dove avviene l’incontro tra i Ragazzi d’Oro dell’isola e i Ragazi Disperati che invece è vivacissima e piena di belle soluzioni teatrali, come la storia che viene raccontata da uno dei ragazzi e che viene descritta visivamente solo con i piedi di tre attori (teatro nel teatro). Anche l’ultima parte, quella delle Donne Assassine, rompe con la parte precedente. Siamo in un interno, e le quattro donne sono tutte vestite di nero con tanto di tacco alto. I loro gesti sono solo quelli essenziali, a differenza dei loro predecessori che si arrampicavano sulle colonne e saltavano da una pedana all’altra.
Insomma, è un testo intenso che si pone quel tipo di domande che non generano risposte ma solo altre domande.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Hanno inventato una valanga di religioni e filosofie per rispondere a queste domande e non per niente Franco Farina ha fatto studi di filosofia. Ma senza andare a scomodare questi pesi massimi ci sono domande più vicine che andrebbero indagate soprattutto quando pensiamo, come ci suggerisce il titolo del testo, ai figli.
Allora possiamo immaginarci i figli cresciuti in libertà senza nessun tipo di costrizione da parte dei genitori, che proprio non esistono e forse non sono mai esistititi. Sarebbe meglio la loro vita? Quanto gli è stato imposto dai genitori senza che neanche se ne rendessero conto? Quanto sono riusciti a ribellarsi? Oppure stanno commettendo gli stessi errori?
Oppure ci possiamo immaginare, senza bisogno di ricorrere a troppa fantasia, ma semplicemente aprendo gli occhi, i figli cresciuti nei quartieri violenti dove comandano le varie mafie, altri mandati a combattere le guerre che non fanno notizia prima di imparare a leggere, altri ancora vissuti in completa povertà e lasciati a morire, con genitori che li hanno solo danneggiati ulteriormente. Loro sì che si meritano davvero un nuovo inizio, anche uno meno utopico.
E la questione femminile (e facendo riferimento a un recente post, evviva, qualcuno ne parla) che, secondo me, Franco ha trattato un po’ troppo velocemente ma non per questioni di sensibilità (attendo fiduciosa infatti lo Studio II). Allora, sempre rifacendoci al titolo, figlie maltrattate dai padri, schiavizzate, per poi passare al marito altro padrone, cresciute con la mentalià, imposta da altri, che così è la norma.
Eccetera eccetera eccetera... questi sono solo alcuni esempi, i più facili.
E’ un bel teatro quello che ti lascia con tanti interrogativi, invece del solito finale che stimola solo disquisizioni sulla dizione di quell’attore, l’intensità dell’occhio di bue, e l’adeguatezza del costume della prima donna.

7 comments:

Anonymous said...

Dunque: finale aperto, a ciascuno la risposta.
Personalmente, rispetto al discorso genitori-figli, credo che costrizione non sia sinonimo di genitore, e che la libertà derivi direttamente dagli strumenti che i genitori sono in grado di dare ai figli per permettergli di creare la loro strada. Naturalmente, anche non volendo, ne indicano una, ma anche qui non penso sia costrizione, non credo sia per forza frutto di un ego riversato nella prole, ma può essere sano auspicio e consiglio.
Rispetto alle Donne Assassine, non sono solo gli uomini (maschi) che peggiorano questo mondo, quanto i rapporti disequilibrati, in entrambi i versi (conosco varie femmine che per analoghi motivi andrebbero eliminate a mio parere).
In conclusione, da piccola abitante del mondo delle pete candite, credo che non siano i ruoli istituzionali in quanto tali da imputare, quanto i singoli ed il loro, ben venga, libero arbitrio.
Poi ci sarebbe altro, ma anche io attendo il II° studio.

Anonymous said...

Infatti, a noi (a me) c'è andata bene come figli. Almeno io ho avuto dei genitori che mi hanno lasciata abbastanza libera nelle mie scelte continuando a stimarmi. C'è andata bene sia rispetto ai casi estremi come i Ragazzi Disperati, ma anche rispetto a situazioni più comuni, dove i genitori anche a fin di bene hanno creato difficoltà nella futura vita dei figli.
Anche l'idea utopica del crescere da soli, senza fattori esterni che ti indirizzano, è divertente da indagare. Un'idea un po' da vecchi hippies.

Anonymous said...

...o da Laguna Blu...

Anonymous said...

Ah i bambini!!!
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaS/SWIFT_%20UNA%20MODESTA%20PROPOSTA.htm

Anonymous said...

http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaS/SWIF

Anonymous said...

eh no, proprio non ci sta, allora io lo spezzo, voi riunitelo:
http://www.filosofico.net/Antologia_file/
AntologiaS/SWIF

Anonymous said...

http://www.filosofico.net/Antologia_file/
AntologiaS/SWIFT_%20UNA
%20MODESTA%20PROPOSTA.htm

geko se n'era dimenticato un pezzo, provate ora, ne vale la pena