26.7.06

Toglietemi tutto...


... ma non il mio pounamu.
Ecco la storia.
Trovo una persona rara che accetta di accompagnarmi all'aeroporto di Pisa alle sei di mattina. Wow, pensi, questo viaggio non poteva cominciare meglio! Errore, perché quando arrivi all'aeroporto alle sei di mattina ti dicono che ti hanno cancellato il volo Pisa-Roma e ti portano in fretta furia su un pulmino per Roma.
Ma il mio volo parte da Roma alle 9.55, dico io. Tranquilla, ce la dovremmo fare, mi dice l'autista. Un tipo giovane, anche simpatico che cerca di fare conversazione con me durante il tragitto, gli altri nel pulmino non sembrano italiani, ma io non ho neanche bevuto un caffè ancora! Comunque vengo a sapere che la sua fidanzata è all'ultimo di specializzazione da Cassano, la sorella della sua fidanzata fa la fisioterapista e il suo fratello non ricordo, ma anche lui è medico. Secondo lui cancellano spesso i voli Alitalia da e su Pisa per motivi politici, perché l'aeroporto di Pisa è scalo per molte compagnie low cost. Mi dice anche che si sapeva dalla sera prima che questo volo era cancellato perché non era arrivato l'aereo da Roma. E avvertite, no! Quando fai la prenotazione ti chiedono l'indirizzo delle ultime cinque case in cui hai abitato e il numero di cellulare di tutti i tuoi familiari!
Va bè. Comunque arriviamo a Fiumicino per le 9 e io mio fiondo zaino in spalla e zainetto in mano al check in del mio aereo, che ovviamente è a 2 chilometri da dove mi ha lasciato il pulmino e nel mezzo c'è anche la strettoia dove la polizia ti controlla il passaporto. Arrivo al check in e c'è un gran casino, mi metto in coda, ottimista, c'è ancora gente in coda, stanno ancora facendo il check in, io la mia prenotazione ce l'ho... illusa! Prima arriva una donna della sicurezza e mi ricontrolla passaporto e biglietto, poi arriva un tipo che mi fa mettere in una fila più corta. Perfetto! Arriva il mio turno al check in dell'Alitalia, il mio è un volo Alitalia, fino a Newark. Mentre la tipa, Marta mi sembra, comincia a guardare il mio biglietto e passaporto, il tipo che mi aveva fatto cambiare fila, urla alle varie hostess: forzate il volo, dovete forzare il volo! Marta non mi trova. A lei risulto essere stata protetta su Malpensa. Ma io sono qui! A Roma. Intorno un gran casino. Anche i 5 signori americani accanto a me hanno dei problemi, e mentre Marta cerca di capire cosa fare, loro riescono a essere assegnati a un volo ma a quanto capisco non viaggeranno insieme. Marta non sa cosa fare, sembra un po' alle prime armi e chiama aiuto, per fortuna. Arriva un uomo, comincia a spippolare al computer insieme a Marta. Non mi dice neanche buongiorno. Marta ha le unghie finte, quelle tutte lucide trasparenti con la punta larga e grossa e bianca, come vanno di moda adesso, soprattutto tra le hostess, poi scoprirò. Spippolano, spippolano, e intanto arriva una tipa sfavatissima che deve arrivare a Londra assolutamente col suo volo perché è per lavoro e le devono dire qualcosa insomma; poi arriva un'altra tipa che ha delle coincidenze, dei bambini che la aspettano, vi prego mettetetimi sul mio volo, e diteci qualcosa. Alla fine dello spippolamento, capisco che io sul mio volo non ci posso più andare perché a loro risultavo protetta su Malpensa col volo che parte da lì alle 14 e arriva a Newark per le 18.00, la mettiamo in business. M'importa assai a me di essere in business, io ho una coincidenza alle 19.50, mi sembra un tempo troppo stretto questo. Non so se il tipo mi ha sentito o no, neanche alza la testa, e si rimette a spippolare, poi se ne va. Marta comincia a farmi il biglietto, il mio volo ormai è partito, non mi chiede neanche se mi va bene, me lo fa e basta e mi dice di andare al check in per il volo per Malpensa, dall'altra parte dell'areoporto, ovviamente. Bisogna anche uscire dall'areoporto. Riprendo armi bagagli, oli d'oliva e parmigiani e arrivo al check in per Malpensa. Provo un po' a spiegare alla tipa la situazione, se c'è un modo per almeno informare quelli della Continental Airlines che sto arrivando, che ho una coincidenza parecchio stretta, le chiedo se si può fare da qui il check-in. No, no, no. Essendo due biglietti separati lei non può fare niente. Compito dell'Alitalia e portarmi a Newark, e lo stanno facendo, no? Peccato che mi ci fanno arrivare 3 ore dopo. Faccio il check in e vado verso il gate. Faccio prima di tutto colazione, ho dormito tre ore prima della partenza, poi ritorno all'attacco e riprovo a parlare con qualcun'altro. Questa è molto più gentile. Se non ricordo male non ha le unghie finte. Secondo lei si può fare in modo che il mio bagaglio vada direttamente a Seattle, lo devo solo riconoscere, indicarlo a quanto capisco, dire quello è mio, bah, ma non riesce a fare il check in sul volo della Continental, mi suggerisce di riprovare a Milano, dove ci saranno meno passaggi e forse è possibile.
Prendo il mio primo aereo. Non sono seduta vicino al finestrino.
Arrivo a Milano, ho un bel po' di tempo. Cerco un banco Alitalia e rispiego la situazione. Questa mi dice che il bagaglio lo devo ritirare, per legge, per essere controllato alla dogana USA e che non può fare niente, essendo due biglietti separati, compito dell'Alitalia e portarmi a Newark, a loro non risultano altre mie prenotazioni, però lei viaggia in business, mi dice, c'è il lounge Boccaccio. Wow, ci faccio un salto, altri chilometri. Una saletta, con le poltroncine, ti danno qualcosa da bere e due noccioline, ci sono i giornali da leggere. Tipi con facce da business. Non mi interessa, torno nelle vicinanze del mio gate. Mi collego a Internet e informo Vitt che c'è un alto rischio che perda la coincidenza e che le farò sapere. Arriva l'ora d'imbarco, mi presento al cancello, la gente è già in coda. Il tipo seduto accanto a me mi chiede in inglese come mai la gente è già in fila, so assai sono arrivata ora. L'aereo parte in ritardo. Perfetto. Il tipo seduto accanto a me, che poi scopro essere israeliano, dice che poi durante il volo recupera il ritardo.
Salgo sul mio secondo aereo. Non sono seduta vecino al finestrino. ma sono in business. Wow. Mangio, bevo, dormo.
Il volo non recupera il ritardo. Arriviamo a Newark alle 19.00 con un'ora di ritardo, il volo Continetal, per il quale devo fare il check in parte alle 19.50, ma ce la posso ancora fare, il tipo davanti a me mi dice che a Newark sono veloci anche se dovendo ritirare il bagaglio sono un po' a rischio, e io corro, magari il mio bagaglio esce per primo. Passo la dogana, dove il classico americano allegro mi fa un paio di domande, che fai qui, dove vai, che bello; poi mi chiede di sorridere per la foto (come la vorrei vedere quella foto) e mi prende le impronte degli indici, effettivamente fa presto ed è gentile. Gli spiego il mio problema e il tipo mi dice “Madam, you have a big problem!” e sorride. Arrivo al punto dove arrivano i bagagli e il mio bagaglio non arriva, non arriva, non arriva e alla fine capisco che non arriva per niente. Non è arrivato neanche a una quindicina di altre persone. A questo punto ho perso tutte le speranze, ho perso il volo chiaramente. E ho anche un altro problema.
Ma questa volta almeno non sono sola, e vado con tutti i miei compagnucci di sventura all'ufficio dell'Alitalia. La cosa è lenta, c'è gia fila, compreso uno sfavato perché gli hanno rotto il bagaglio (me l'avessero rotto a me, gli vorrei dire.) Poi arriva Mariah però, una tipa nera energica, che entra nell'ufficio Alitalia (dove secondo me sono tutti italiani), prende i moduli di richiesta smarrimento del bagaglio e comincia ad aiutare la gente a riempirli, perché i moduli sono in italiano e la maggior parte della gente lì l'italiano non lo sa. Aiuta anche me, anzi aiuta me per prima. Poi le spiego il mio altro problema e mi manda su al secondo piano, al ticketing desk dell'Alitalia dove devono farmi un altro biglietto. La tipa al ticketing desk dell'Alitalia è latino americana, è sfavata e ha le unghie finte come quelle di Marta, mi dice, sfavata appunto, che devo andare da un'altra parte, all'ufficio dell'Alitalia, giù, perché a lei non risulta che ci siano problemi, l'Alitalia mi ha portato fino a Newark, questo doveva fare, non sa niente dell'altro biglietto, essendo biglietti separati. Vado giù, ma in pratica è l'ufficio reclami bagagli smarriti e c'è una fila chilometrica, torno su all'attacco della latino americana. E non so come, non ricordo come, ma devo averci una faccia e sono chiaramente sull'orlo di una crisi, spiego che l'errore è di Alitalia perché io avevo tutte le prenotazioni giuste, sono loro che hanno fatto casino, e ora mi devono risolvere il problema, e lei a un certo punto mi dice che va a vedere cosa può fare e sta via tantissimo. Sto per addormentarmi piangente sul suo bancone quando torna con un volo Delta che parte la mattina dopo alle 6 e va ad Atlanta, da lì un volo AirTran (alzi la mano chi conosceva questa compagnia) mi porterà a Seattle, tutti gli altri voli sono pieni. Il volo Contintal che avevo prenotato infatti era uno degli ultimi voli diretti per Seattle, avevo scelto quello per avere il maggior margine possibile. Va via di nuovo per farmi il biglietto, ci mette di nuovo un'eternità. Quando torna mi spiega che il mio biglietto era rimasto incastrato nella stampante, guarda caso, e mi fa il biglietto a mano. Ogni tanto mi chiedo se sto facendo uno di quei tipici sogni catastrofici che si fanno prima di partire e se fra un attimo mi suonerà la sveglia. Check in è alle 4.35 del mattino, mi chiede se voglio un albergo, non dovrebbe ma per me farebbe un'eccezione, io sono così stanca, così disperata, che l'idea di spostarmi da lì mi fa fatica, metti che perdo anche quel aereo poi, no sto lì piazzata davanti al check in. Allora mi dà un buono di 12 dollari per cenare. Vado col mio buono alla zona ristoranti, un po' di cibo mi tirerà su, ma siamo in America, non mi piace niente, c'è un MacDonald (solo carne, anche l'insalata è di pollo), uno Steak House (neanche ci guardo), un Thai che però sembra cibo da mensa, e un Pizza Parlour; controvogliaa scelgo quello e con i miei 12 dollari prendo una fetta di pizza margherita (una sola, mi chiede sorpreso il tipo), un muffin gigante double choccolate, due bottigliette d'acqua e una bottiglietta di succo d'arancia. Fame zero, mangio solo la pizza. E mentre son lì che mangio penso a quanto sono stata stupida a non prendere l'albergo, sono le 21.00 e io devo aspettare le 4.35. Mi guardo intorno e penso alle 8 ore che devo aspettare lì; non ce la posso fare. Torno su dalla latino americana e le dico che ho cambiato idea, che pago io, ma voglio andare in albergo. Lei non batte ciglio, e con la sua aria sempre sfavata mi dice che va benissimo, che non ci sono problemi e mi riempie il voucher per l'albergo e mi spiega come arrivarci: trenino dell'aeroporto fino a P4 e shuttle fino all'albergo. In 20 minuti arrivo allo Sheritan Four Points, crollo, il mio unico desiderio è tornare a casa, ma mi ripiglio, doccia calda, letto comodo e sveglia alle 3.30 pronta per nuove avventure.
Il resto fila liscio ma un posto al finestrino non lo beccherò mai. All'inizio il volo Delta per Atlanta aveva un piccolo ritardo, e vai, ho pensato io, ma ormai sono rassegnata. L'areoporto di Atlanta è veramente enorme, e io devo rifare il check in, ma almeno non ho più bagagli. Ci metto un po' a trovare quelli della AirTran, e quando li trovo mi metto in fila per sapere cosa fare, ma un tipo sempre della AirTran mi dice che posso andare da lui, col computer spippola un po', mentre mi fa il biglietto, mi racconta che è stato ad Amsterdam e Bruxelles e che vorrebbe tanto visitare l'Irlanda. Tutt'apposto, cammino velocemente verso il cancello, che è l'ultimo e arrivo giusto in tempo. Ce l'ho fatta, sono sull'aereo per Seattle, tra una biondina che leggerà tutto il tempo e beve solo diet coke e un nero che ascolta la musica e legge il giornale. Sono contenta e sto cominciando a divertirmi a passare da un aereo all'altro che quasi quasi mi dispiace che ora starò a terra per un po'. Tra 4 ore e mezzo sarò a Seattle, leggo, dormicchio, ascolto la radio. Puntuale alle 11.24 atterro a Seattle, solo 12 ore di ritardo. E la Vitt c'è!
Stamani sono riuscita a parlare con quelli dell'Alitalia e il mio zaino è in viaggio per Seattle su un bel aereo della FedEx, c'ha anche il suo fantastico numerino per rintracciarlo su internet. Mi viene quasi da piangere per la felicità, ma aspetto di abbracciarlo.
La morale della storia è: (1) vedi cosa succede se ti dimentichi il pounamu a casa; (2) non volare Alitalia, se puoi; (3) accetto suggerimenti seri e semiseri per essere risarcita e vendicarmi.

24.7.06

Benvenuti in casa Vitt

La nostra Sburk è un’inguaribile curiosona, e le sembrava poco passare solo da Newark, per cui è riuscita a farsi dirottare via Atlanta ed arriverà, ahimè, solo domattina. Nell’attesa, ho pensato di presentare, a voi prima che a lei, gli altri abitanti della casa.
Per capire perchè ho scelto questa casa, torniamo all’estate dell’anno scorso, quando su internet spulciavo le varie offerte e trovo questa accattivante proposta per una stanza in una casa con giardino condivisa con un capitano di yacht (che io già mi vedevo sdraiata a prua durante tutta l’estate), un chimico, un esperto di computer e due gatti. Che dire, non mancava niente. La situazione si è rivelata un po’ diversa.
Iniziamo da Patrick, americano vero ma vero proprio, il proprietario. Più che capitano di yacht è un esperto di gps, e lavorava fino al mese scorso per la marina americana. E’ quello che qui definirebbero “anal”, maniacale, fissato con la pulizia, l’ordine, uno stile un po’ militaresco ma con delle cadute nell’anarchia più totale. P. ha 44 anni, si è iscritto ad un corso per un diploma, e ogni mattina brontola perchè “uffa, non voglio andare a scuola”. P. è divorziato. Dopo il divorzio ha trovato su un giornale l’annuncio del sito internet della ex moglie, che nel frattempo aveva iniziato a prostituirsi. Attualmente lei è agli arresti domiciliari dalla sorella per evasione fiscale.
P. conosce Leslie in chat, i due si piacciono, iniziano a frequentarsi, ed ecco che L. diventa parte della casa. Anche Leslie è americana vera ma vera proprio. L. è divorziata, anche lei. Un matrimonio felice, a detta sua, fino a quando è tornata a casa ed ha trovato il marito truccato e vestito da donna. Attualmente, dopo una lunga fase di ormoni, lui è in lista per cambiare sesso. L. è in terapia ormai da alcuni anni, prima per affrontare la transessualità del marito, poi per farla accettare ai figli, poi per accettare il divorzio, poi per accettare l’essere single, poi per accettare la nuova relazione con P., e infine per scongiurare futuri problemi con P, con cui ha deciso di convivere a partire dalla prossima estate. (Comunque, Leslie ci piace molto).
La casa ha anche un piano seminterrato, dove vive la ex-suocera di P., età indecifrabile ma direi intorno ai 6o. E’ alcolista. Passa le giornate ad ordinare ogni genere di oggetto dalle televendite. Molto socievole, ma ovviamente problematica.
Ma torniamo al piano di sopra, dove vivono anche Dan, l’esperto di computer, e June, il chimico. June è ottimo, un malesiano venticinquenne che cucina in modo fantasioso e solo recentemente ha contemplato l’utilizzo del sale nei suoi piatti. Tipicamente mangia riso e pasta, che viene cotta per un periodo random che dipende dalla durata degli spot pubblicitari del programma televisivo che sta seguendo in quel momento. Se ne va tra pochi giorni, e ci ha promesso una cena…brividi.
E infine Dan, anche lui americano vero, californiano. La sua esperienza di computer quando sono arrivata io si riduceva al lavorare al terminale di una rivendita di biglietti per spettacoli. E’ rimasto disoccupato per mesi, aspettando sul divano che gli offrissero un posto. Attualmente ha un nuovo impiego, e noi tifiamo per lui. Hanno detto di lui che ha una bella voce. E’ una delle persone più complicate e contorte che abbia trovato qui, ma ha del buono sicuramente. Quando poi imparerà a tirare lo sciacquone ogni volta che usa il bagno diventeremo sicuramente amici.
Dal primo agosto arriva Franklin, il nuovo inquilino, e vi saprò dire di che si tratta

Cronaca di una qualsiasi spesa ad un qualsiasi supermercato

Hey, how're you doing?
...
You find everything ok?
...
You need any help?
...
How is you day so far?
...
Credit or debit?
...
're you a member of the store?
...
Plastic or paper?
...
You need any help outside?
...
You have a nice day
>Oh, thanks, you too.

19.7.06

La mia classifica personale


Al primo posto quelle spagnole, che per croccantezza e sapidità sono inarrivabili
Al secondo quelle americane, marca Lays
Al terzo quelle coop. Le classiche, ovviamente
(questo è un post interno, per fugare eventuali dubbi dell'ultimo minuto)

14.7.06

M'hai provocato?


Cosa c’è di meglio di una cena a sbafo? Capitano raramente, e forse per questo conservano un gusto tutto loro, quasi trasgressivo, con quella giusta carica di soddisfazione ed adrenalina che si accompagna alla domanda: quanto limpidamente sono consapevoli che sono qui solo ed unicamente per la cena?
La prima di cui ho memoria risale ad alcuni anni fa, sponsorizzata dalle famose coperte di lana merinos, che per un periodo hanno imperversato nelle televendite. Arriva la telefonata a casa “signora, lei e suo marito avete vinto una cena al ristorante…”. Generalmente sono ristoranti pittosto quotati, almeno localmente, che propongono per quella sera un menu fisso. Discreto, non eccelso, ma dignitoso. Bene, arriva la telefonata, la diretta interessata declina (solo perchè reduce da un’analoga cena la settimana precedente, si vede che era periodo), ed io ottengo l’invito per quattro persone a cena in uno dei ristoranti migliori della zona. Lo scopo, per chi paga la cena, è piazzare una parure completa di lana merinos composta da: copriletto, scendiletto, cuscini, pantofole, scaldacollo e fascia lombare. Al nostro tavolo siedono quattro donne single, con scarse intenzioni di accasarsi- si parla di quasi una decina di anni fa, nel frattempo una aspetta un figlio, un’altra ci sta lavorando, altre tergiversano- che iniziano a giocherellare con il cibo, e a scherzare con il povero piazzista il quale data una rapida occhiata conclude, amareggiato: “mmm, mi sa che qui il completo matrimoniale non lo piazzo”.
Cambia scena. Mi capita, per lavoro, che mi sia offerta la cena in cambio della sponsorizzazione di un farmaco (traduco, onde evitare malintesi: mentre io mangio, qualcuno mi racconta come funziona- bene!- un determinato farmaco. E sottolineo, ancora onde evitare malintesi, che io attualmente non posso prescrivere). Ecco, davanti alla fantastica bistecca di stasera mi si è proposta nuovamente la sensazione divertita di alcuni anni fa, la voglia di condividerla con qualcuno, e la speranza di trovare un piazzista disincantato come allora.

12.7.06

Eccomi!



Seattle, estate 1953.

7.7.06

There's a new blog in town

E questo ne è un assaggio:

ANCORA....

Salve a voi che credete di essere salvi,
ma non siete che colpi a salve,
vane sfuriate dalle gambe corte,
un po' come me.
MAMMA DORMO FUORI ed ets non è ancora nelle librerie,
non oso scoprire il perchè, ma manca molto poco,
credo o spero.
Secondo voi un blog deserto c'ha più stile di un blog zeppo di commenti inutili?

Mi ha colpito l'ultima frase.
Il blog è di Ico e si trova qui. In realtà è più di un blog: è un vero e proprio sito.

Abbiate pazienza

Sì, è vero. E' difficile negare l'evidenza. Su questo blog c'è un calo di creatività. Ma bisogna ammettere che è tipico della stagione estiva. Basta guardare la TV o la radio: tutte le rubriche fisse ganze da giugno vanno in vacanza, e siccome lo siamo anche noi, una rubrica ganza, un po' siamo andate in vacanza.
Ma per non lasciarvi completamente a secco voglio introdurvi a una rubrica, che pare non vada in vacanza, della rivista online Slate. Ringrazio subito Susana Salama per avermici iniziato. La rubrica è una di quelle classiche da riviste femminile: domande all'esperto e risposta.
Per non fare troppo la figura dell'inetta ve ne traduco una, ma vi consiglio di iscrivervi alla newsletter, per ricevere comodamente nella vostra casella di posta elettronica le pillole di saggezza di Dear Prudence.

Cara Prudie,
Sono 13 anni che io e mio marito continuiamo a litigare per lo stesso motivo: soltanto io mi occupo di tutte le faccende domestiche quotidiane (i piatti, il bucato, il bagno, il riordino in generale). Quando gli chiedo di fare la sua parte lui risponde che io non faccio nessun tipo di lavoro nella parte esterna della nostra casa (tagliare l'erba, raccogliere le foglie, riparazioni). Il nostro prato cresce molto lentamente, quindi le volte che taglia l'erba in un anno si contano sulle dita della mano. Sono arrivata al punto che quando entro in casa sento che lo sporco mi attacca il corpo; invece di essere felice di tornare a casa e vedere la mia famiglia, mi deprimo e prendo subito in mano il necessario per pulire. Credo che l'unico modo di risolvere questo problema sia di lasciar perdere i piatti sporchi, i vestiti da lavare e il pane a cui è cresciuta la pelliccetta. Ma non ci riesco. Ho bisogno di trovare il sistema per far arrivare a quella testa dura di mio marito che anche il suo aiuto è necessario. Il motivo per cui finalmente ho scritto, è che gli ho appena chiesto di aiutarmi nei lavori domestici e le sue parole sono state "facciamo sesso"! Si è addormentato senza averne fatto ed io sono sveglia e arrabbiata.
- Cenerentola

Cara Cenerentola,
Mi rivolgo ai lettori uomini di questa rubrica: OK, signori, è difficile da credersi, ma dimenticatevi che siano le fasi ormonali, le depressioni o la vostra tecnica scadente, i motivi per il troppo poco sesso. Se cercate più azione coniugale provate a rivolgervi a vostra moglie e dire "Penso che metterò su una lavatrice". Per quanto riguarda te, Cenerentola, questo litigio va avanti da 13 anni; e non voglio difendere tuo marito, ma devi trovare il modo per controllare la tua rabbia, perché è quella e non lo sporco, che sta attaccando il tuo corpo. La realtà è che sarai sempre tu a fare il grosso dei lavori domestici. Come spiega Dave Barry, gli uomini sono fondamentalmente incapaci di fare lavori domestici perché affetti da Cecità Genetica Maschile verso il Sudicio. Cosa fare, allora? Prova con un radicale cambio di prospettiva e pensa che i lavori domestici probabilmente ti permettono di vivere più a lungo. E' stato provato scientificamente che un'attività fisica quotidiana come questa brucia un numero significativo di calorie. Mentre tuo marito è arenato sul divano, tu stai passando l'aspirapolvere e allungando la tua vita. Ti puoi permettere di avere la tua casa pulita un paio di volte al mese da dei professionisti? Se non puoi, trova altro a cui rinunciare così da permettertelo. Lascia perdere l'idea che tuo marito si metta a pulire spontaneamente, ma discuti (in modo piacevole, se possibile) con lui per accordarvi su alcuni lavori che lui potrebbe fare regolarmente (e sii preparata a ricordarglieli per il resto della vostra vita coniugale). Il sesso non cura la cecità verso il sudicio, ma farlo più spesso aiuterà l'uno e l'altro a picervi di più.
-Prudie

6.7.06

The cat is on the table (near the pencil)

Buongiorno. Innanzi tutto una comunicazione di servizio. La Sig.na Vitt si prende un periodo di ferie, come tutti gli insegnanti. Per un po' niente giovedì, ma tornerò presto con rinnovato vigore.
E ora passiamo alla lezione di oggi. To guess è un verbo usatissimo, che conoscerete sicuramente e il cui significato non vi spiego nemmeno. Esiste un intercalare tipico: "guess what", che si potrebbe tradurre con "sai che", che almeno qui è usatissimo, e che può dare soddisfazione, come un mantra nei momenti di nervosismo. Invece "second-guess" non l'avevo mai sentito prima di stasera, e significa tirare a indovinare, interpretare. Ed ora mi trovo a pronunciare come uno scioglilingua ad alta voce, con tono di sfida: "guess what, don't even dare to second-guess me". Capite che ho bisogno di queste vacanze?!

5.7.06

A tutto foo

il Times sostiene che siano tra i migliori cinque spettacoli di fuochi nella nazione.

4.7.06

ILEN




Che non mi ricordi mai un nome
è risaputo.
Ma ne ho indovinato soltanto 1
dei nomi dei mobili ikea.

Ikea game

Aspettatemi, vengo anch'io!



Una tartaruga in cammino verso il luogo di lancio dello shuttle.

Mai più


Questo è il mio nuovo mezzo di locomozione (la foto è precedente al racconto). Trattasi di scomode scarpe che con un semplice click si trasformano in scomodi pattini a rotelle (che io in un erroneo eccesso di ottimismo ho entusiasticamente definito rollerblade). E con un altro semplice click si dovrebbero ritrasformare in scomode e pesanti scarpe. Premessa: Seattle è costruita su sei colli, con salite e discese che ricordano molto la più nota San Francisco, e su tanta acqua. Io abito su una di queste collinette. Lungo il lago corre una pista ciclabile-pedonabile-pattinabile di vari chilometri. E' lì che armata di buona volontà mi sono recata per provare i miei fantastici nuovi pattini. Click. E parto. La pista di cui sopra purtroppo non è completamente asfaltata, ma a tratti è lastricata con mattonellone in pietra con un commento di circa 1 cm, lo spazio giusto perchè vi si infilino le rotelline frenandoti bruscamente. Ringrazio l'ipod per essere stato scarico, sennò avrei avuto un ex-ipod. Mi sono ritrovata abbracciata a un paio di alberi ed alcuni pali. Dopo circa un chilometro vengo superata dalla classica biondona in short e top, capello al vento, che ti sorride - la stronza- con aria di sufficienza, sfrecciando sui suoi rollerblade (quelli veri). In quel momento mi sono fermata e mi sono resa conto che una delle ruote si era rotta ed era completamente storta (solo per quello, sennò l'avrei raggiunta, la stronza). Mi sono girata per tornare indietro, costretta a camminare. Cli...cli...cli...niente, le ruote anteriori di un pattino e le posteriori dell'altro non rientrano. Sono tornata a casa "camminando" (sulla collina, ricordo), e ho sorriso alla mia macchina.

Whale watching

Per giustificare la mia assenza volevo dirvi che sono stata con la Robi sul Pacifico in cerca di cetacei. Questa è la cosa più somigliante a una balena che abbiamo visto. Sarà per la prossima volta.