31.12.06

Buon 2007 a tutti


Visto che l'anno volge al termine ho deciso di entrare in quello nuovo togliendomi un enorme peso, un sassolino dalla scarpa, insomma ho deciso di fare outing in modo da entrare nel 2007 leggera leggera. Allora... ecco... volevo dirvi... ebbene... avete presente il post di qualche giorno fa su Istanbul, non quello con l'articolo del giornalista di PeaceReporter, quello prima, quello con la foto (che a proposito non è mia, né l'ho pescata casualmente su google, ma è di geko, vedi link qui a sinistra) della donna tutta vestita di nero davanti al negozio di vestiti per spose? Ebbene... ecco... insomma... quel pezzo l'avevo mandato a matteobordone che sul suo blog freddynietzsche ha una rubrica che si chiama LonelyPeople dove chiunque (proprio chiunque, ora l'ho capito, no) può inviare pezzi sui propri viaggi. Insomma... allora... io gliel'ho mandato e lui non mi ha neanche risposto. Mi sa che non gli è piaciuto. Effettivamente non è proprio il massimo, un po' banalotto, poi nella versione che avevo mandato a lui c'era una frase conclusiva che solo a pensarci, ah, che vergogna, insomma... ecco... non che aspirassi alla sua sagacia e spirito, o a quella dei suoi amici che affollano il suo blog, però forse avrei potuto fare meglio, impegnarmi di più. Sono stata poco personale, cosa esplicitamente richiesta per la rubrica, sembra un depliant di un ufficio informazioni turistiche (quasi quasi lo traduco in spagnolo e lo mando al ministero del turismo turco) e un po' lunga (ma ho letto le istruzioni solo dopo aver scritto il pezzo).Quindi, grazie matteobordone che col tuo silenzio mi hai aiutato a fare autocoscienza, autocritica e autodafé, e oggi, ultimo giorno dell'anno, posso dire di sentirmi più matura e con questo nuovo spirito vado avanti a testa più alta (che insomma già sono altina) nel 2007.
Buon anno a tutti!

29.12.06

Aspettando la Signorina Vitt


Dalla mia nuova bibbia regalatami dalla mia co-blogghista cito:

"Come spiega l'American Heritage Dictionary of the English Language (quarta edizione, 2000), schlock è un termine di derivazione Yiddish che indica la merce «di qualità inferiore; a buon mercato o scedente». Lo schlockmeister è colui «che produce o vende detta mercanzia». Pertanto un film schlock non è la stessa cosa di un film trash: in schlock manca infatti non solo la connotazione di «spazzatura» ma anche quella di «usa e getta, ed è presente invece quella di «da quattro soldi». Una data merce può essere schlock in quanto danneggiata (così nell'etimo originario) ovvero in quanto prodotta in forte economia, ma non è scontato che abbia vita effimera. E in effetti l'appellativo schlockmeister viene abitualmente adoperato per solidi artigiani del cinema degli anni 50 e 60 quali William Castle (il cui Mostro di Sangue è considerato un «divertimento immarcescibile» dal Mereghetti), Herman Cohen (responsabile di film a basso costo sui quali la critica è possibilista) e Roger Corman (che faceva film con quattro soldi, adorati dalla critica); ma può venir riferito anche ad autori di film di serie Z (e dunque trash oltre che schlock) o, all'opposto, a pasticcioni delle major hollywoodiane la cui «inferiorità» è pertanto mentale e non di ricchezza produttiva."

Dice invece il Morandi a proposito di Mostro di Sangue "Un film di spavento dissennato, tra i più assurdi che W. Castle (1914-77) abbia mai girato. Nelle sale americane che lo proiettavano, Castle fece installare poltrone a vibrazioni elettriche."

La mia bibbia in questione è: Dizionario Snob del Cinema di David Kamp e Lawrence Levi, ed Sellerio.

28.12.06

Anti-Pandora

Ok, Pandora è bellino, l'idea ci piace, ci ho scoperto della bella musica di gente che non conoscevo, ma alla fine, se ci si pensa è un computer che ci dice cosa ascoltare, dietro c'è una formula matematica.
Woxy è diversa.

Altri consigli per le vacanze

Questa è la pubblicità australiana per invogliarti ad andarli a trovare:


She's been on a strict plancton diet

put on her best swimsuit

and all she needs is someone to play with.

So where the bloody hell are you?

Ancora sulla Turchia

Un articolo di Alessandro Ursic di PeaceReporter.

Turchia - 27.7.2006
Andate e modernizzatevi
Sotto pressione Ue, la Turchia elimina dai dizionari i proverbi contro le donne

Tra le richieste dell’Unione europea alla Turchia, se Ankara vuole entrare a far parte del club, c’è la parità tra uomo e donna nella società. Ora l’Istituto della lingua turca, una specie di Accademia della Crusca anatolica, ha deciso di dare il suo contributo alla causa partendo dal linguaggio: dai dizionari verranno tolti tutti quei proverbi, prodotti nei secoli dall’originaria cultura nomade dei turchi, che incitano alla violenza contro il gentil sesso o relegano comunque le donne a un ruolo di secondo piano.

Proverbi di un’altra epoca. Spariranno così adagi come “a un buon cavallo basta poco cibo, così come a una buona donna basta un paio di mutande”, o “la schiena di una donna non va lasciata senza bastonate, e la pancia non va lasciata senza bambini”, o ancora “come non è buono il mais raccolto dopo agosto, così non è buona la donna che si alza dopo il marito”. Frasi possibili ancora oggi, magari solo per scherzo. Ma l’Istituto della lingua ha deciso di fare pulizia e di eliminare qualunque riferimento machista.

Una società maschilista. Nonostante diverse imprenditrici, giudici e persino un primo ministro donna in passato, la Turchia rimane infatti un Paese dove è l’uomo a essere dominante, specie nelle aree più rurali del Paese. Nell’est e nel sud-est, ai confini con Siria e Iraq e dove buona parte della popolazione è rappresentata da curdi, esiste ancora la tradizione degli “omicidi d’onore” di donne incolpate di aver rovinato il buon nome della famiglia. Spesso basta un’occhiata a uno sconosciuto, un gesto ribelle, o una violenza sessuale subita da un parente.

Suicidi sospetti. Negli ultimi anni, spinta da Bruxelles, Ankara ha inasprito le pene contro i delitti d’onore. Ma la pratica non sembra essere sparita: se sono diminuiti gli omicidi, sono invece saliti i suicidi di quelle che vengono chiamate “le vergini suicide”. Ragazze che si uccidono sotto la pressione della propria famiglia, per gli stessi motivi. La strana serie di suicidi o tentati suicidi tra le ragazze ha recentemente spinto l’Onu a mandare nell’est del Paese un suo inviato speciale, nel tentativo di vederci chiaro.

27.12.06

Mai più senza

Mai più dubbi.
Mai più ore perse.
Mai più i titoli che non ti vengono in mente.
Mai più prenderti la colpa per la scelta sbagliata.
Mai più i soliti già visti, anche se sono capolavori.
Mai più che ti scade il tempo di consultazione allo sportello automatico.
Mai più.
Ora c'è What to rent!
Io stasera per esempio mi guardo Memento (dopo che ho scartato una serie di Fellini!?!?)

Consigli per le vacanze


Istanbul era proprio come me l’aspettavo. Acqua ovunque ti giri, che sia un canale come il Corno d’Oro, o uno stretto come il Bosforo, o un mare chiuso come il Marmara, prima o poi un ponte lo devi attraversare per forza. Odore di cibo in ogni strada, stradina e piazza, sotto il ponte di Galata. Case e finestre una sopra l’altra. Minareti di tutte le dimesioni che spuntano fuori tra un tetto e l’altro, tra una parabola e l’altra (ma le parabole rosse proprio non me le aspettavo), tra un cartello pubblicitario e l’altro, e accanto le dolci cupole delle moschee. Il traffico la mattina, il pomeriggio, la sera, la notte, sempre, e i clacson, sempre. I bazar, i mercati delle spezie, i baklava dolcissimi pieni di miele. La preghiera, da un minareto all’altro, ogni ora. Tutti che fumano come turchi, ovunque. Una città gigantesca, che anche dall’aereo non capisci dove inizia e dove finisce.
Istanbul era proprio come me la ricordavo, l’unica altra volta che c’ero stata quando avevo 11 anni. Aya Sofya e la Moschea Blu enormi, soprattutto la prima, enorme, anche troppo. La luna, piena anche questa volta, tra i loro dieci minareti, la notte, e tutti a cercare di fotografarla (ma questa volta con le macchine digitali, così se non è venuta bene la butti via subito). La cisterna sotterranea con le sue 336 colonne (ma i pesci non me li ricordavo) e i due capitelli con testa di medusa. I baklava dolcissimi pieni di miele. La preghiera cantata dai minareti. I pistacchi dei venditori ambulanti. Il pane col sesamo dei venditori ambulanti.
Istanbul mi ha proprio sorpreso. Le case di legno che quando le restaurano sembra quasi di stare in Inghilterra. Araba, nei vecchi quartieri e in quelli più poveri, dove le donne in giro sono poche e hanno il capo coperto e possono scegliere tra innumerevoli negozi di foulard e da sposa (ce n’è una marea sulla strada per Chora, sito da non perdere) e gli uomini ti fissano (a te donna) come se tu fossi un extraterrestre, guai ad alzare lo sguardo. Europea in altri quartieri, come a Beyoglu, dove la sera sulla lunghissima strada pedonale di İstiklal Caddesi compaiono tutte quelle donne che non avevi visto negli altri quartieri, senza foulard e vestite come in qualsiasi altra capitale europea. Insieme ai loro amici affollano la strada, che è pure larga ma devi sgomitare per passare, e i ristoranti, bar, negozi, club, la strada è lunga un paio di chilometri e insieme ai vicoletti laterali fanno veramente un mucchio di locali, molti dei quali, per fortuna, mantengono lo stile arabo, come i tavolini bassi con sghabellini e narghilè. Si mangiano i meze, che sono un po’ come le tapas spagnole, ma non si mangiano con l’aperitivo ma come antipasto, che poi è simile. Ti siedi e arriva il cameriere con un vassoio gigante pieno di piattini di meze e te scegli quello che vuoi, ci sono salsine a base di yogurt, melanzane in tutti i modi, couscous piccanti, palline di formaggio... A Istanbul si mangia benissimo, ma questo lo sapevo già. C’è il tram (anche la metropolitana e i pulman) sempre carico all’inverosimile di gente, che attraversa anche il ponte di Galata. A Istanbul bisogna andare ad un hammam e sperimentare gli altri (quando avevo 11 anni i miei non mi ci hanno mica portato). A Istanbul non devi cercare un taxi, ti trova lui, a qualsiasi ora, anche quando proprio non ne hai bisogno. Lo sport nazionale degli abitanti di Istanbul è la pesca dal ponte (di Galata). Devi arrivare abbastanza presto la mattina (d’altra parte è risaputo, chi dorme non prende pesci) per trovare posto, e il sabato mattina ho visto anche alcune donne che pescavano. Nell’alfabeto turco ci sono le i senza il punto, fanno un po’ impressione. Gli ostelli a Istanbul sono belli, soprattutto quello a Beyoglu.

23.12.06

La terza via al Natale


Un paio di settimane fa il Rabbi locale ha proposto che in aereoporto oltre agli abeti di natale addobbati venisse esposta anche una menorah per festeggiare l'hannukah. L'amministrazione locale ha deciso di togliere gli alberi per evitare polemiche suscitandone ovviamente molte altre. Si sono aperti forum con derive ai vari estremi. Da una parte sostenevano che l'albero di natale era svincolato dalla religione cristiana, ed era solo un simbolo di una festività, di allegria, di luce. Altri invece sottolineavano come fosse necessario per una locazione pubblica non prendere una posizione che in alcun modo riportasse alla religione. Infine c'è stato chi ha proposto di eliminare gli aerei dall'aereoporto, essendo che la setta di scientology crede che gli uomini siano arrivati sulla terra a bordo di DC9 (se è vero li adoro!). Alla fine hanno rimesso gli alberi, e niente menorah. Comunque, qui siamo a Fremont, il quartiere fricchettone, e questa è la loro risposta. Addobbiamo Vladimir! (PS aveva anche tutte le lucine, ma causa tempesta di vento sono cascate)

22.12.06

Regalo di natale del blog


Ovviamente la versione pisana coi pinoli è migliore.

21.12.06

Anche con tutta la mia buona volontà

Io ci provo a non lamentarmi di questo governo; a non dire che non c'è grande differenza tra questo governo e il precedente; che bisogna dargli fiducia a Prodi perché ha ereditato una situazione drammatica e ci vuole pazienza; io l'ho attaccato il post-it sullo specchio del bagno per ricordarmi tutte le mattine che comunque sia ci siamo liberati di Berlusconi & friends; però, ma come si fa, se poi, zitti zitti, fanno queste cose qui?

The cat is on the table (near the pencil)

La traduzione più simile che mi viene in mente è il nostro “non fare di tutta l’erba un fascio”. Pare derivi da tempi lontani quando nella stessa vasca si lavava l’intera famiglia; ovviamente il capofamiglia aveva il privilegio dell’acqua pulita, poi a seguire tutti gli altri uomini, poi le donne, ed infine i bambini. Quando si arrivava all’ultimo bambino l’acqua era sporca al punto da poterci perdere qualcuno dentro. Da qui il detto:
“don’t throw the baby out with the bath water”.
Tra l’altro, pare che la paternintà di questa espressione sia tedesca, e risalga al sedicesimo secolo.
Con questo ci rivediamo dopo le vacanze. Auguri.

20.12.06

L'ora di religione

Bastano 90 secondi per raccontare 5000 anni di religione.

19.12.06

Altman

Un post parecchio lungo. Sapessi come si fa a lasciare solo una parte del post lungo e creare un link per leggerlo tutto se uno ne ha voglia lo farei, ma non lo so fare. Comunque, questo è un articolo che riassume un po' i film della carriera di Robert Altman, che domani fa un mese che è morto. Mi sembrava interessante. E io sono una grande sua fan. Proprio l'altra sera ho rivisto MASH. Eh! Bello.
Bando alle ciance, ecco l'articolo, tradotto, come fa la rivista Internazionale.

Robert Altman, un regista audace, muore a 81 anni

Di Rick Lyman, New York Times

Robert Altman, uno dei registi americani più innovativi e influenti del XX secolo, un film maker la cui carriera iconoclastica ha attraversato cinque decadi ma la cui impronta è stata soprattutto sentita in una, gli anni 70, è morto lunedì (20 novembre) a Los Angeles. Aveva 81 anni.

La sua casa produttrice di New York, la Sandcastle 5 Productions, ha annunciato che la sua morte, al Cedars Sinai Medical Center, è stata causata dalle complicazioni di un cancro. Un portavoce ha dichiarato che Altman aveva scoperto di avere il cancro 18 mesi prima ma che aveva continuato a lavorare, girando il suo ultimo film, Radio America (A Prairie Home Companion) uscito a giugno, e più recentemente aveva completato la pre-produzione di un nuovo film che intendeva cominciare a girare a febbraio.

Altman aveva subito un trapianto di cuore a metà degli anni 90, un fatto che aveva rivelato al pubblico per la prima volta solo il marzo scorso durante il discorso di accettazione dell’Oscar alla carriera.

Era un uomo che correva rischi con una tendenza alla marachella; e negli ultimi anni abbiamo assistito al suo ritorno sulla cresta dell’onda culminato nel 2001 con Gosford Park, multi-candidato all’Oscar. Ma probabilmente viene meglio ricordato per una serie di film magistrali – sei in cinque anni – che lo catapultarono in una posizione di spicco tra i registi americani fino al punto massimo nel 1975 col film che molti considerano il suo migliore, Nashville, una complicata storia con una moltitudine di personaggi sullo sfondo delle primarie presidenziali

Erano film che uscivano dallo schema dei generi con storie non lineari e che descrivevono la stanca disillusione degli anni 70. Il film più famoso è MASH, la commedia del 1970 ambientata in un ospedale da campo durante la guerra in Corea ma che chiaramente puntava ai sentimenti contro la guerra in Vietnam. Il successo del film, sia di critica che di pubblico, aprì la strada alle ambizioni personali di Altman.

Nel 1971 si dà al western, gira I Compari (McCabe & Mrs Miller) con Warren Beatty e Julie Christie. Nel 1972, drammatizza la disintegrazione psicologica di una donna in Images, con Susannah York. Nel 1973 affronta il genere dell’investigatore privato con una adattamento molto libero del romanzo di Raymon Chandler Il Lungo Addio (The Long Goodbye), con un disinvolto Elliod Gould che interpreta un Philip Marlowe, uomo di mondo un po’ retro. Nel 1974 escono due film: il primo, California Split (California Poker), esplora la dipendenza dal gioco d’azzardo; mentre il secondo, Gang (Thieves Like Us), è una gangster saga.

A differenza di molti registi particolarmente creativi negli anni 70 – e che spesso poi hanno perso l’ispirazione – Altman non arriva a Hollywood proveniente da qualche rivista di critica o da una scuola di cinema d’avanguardia. Ha già alle spalle una lunga carriera in film industriali e televisione. In un’era che celebra talenti freschi che poi hanno fatto la storia del cinema – Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich e Martin Scorsese – Altman sembra uno zio bohemien, che abbraccia lo stesso spirito dei giovani ribelli che disprezzano le compassate convenzioni del cinema mainstream e delle classi che lo supportano.

La maggior parte dei suoi attori hanno adorato e elogiato il suo stile di improvvisazione. All’inizio della sua carriera cinematografica venne celebrato per l’uso innovativo della colonna sonora multilayer: spesso i film di Altman sono caratterizzati da una moltitudine di voci che competono per attirare l’attenzione in scene affollate e fumose. Era una specie di improvvisazione che offriva una nuova verosomiglianza rispetto al genere stanco e da palcoscenico di Hollywood.

Ma Altman è anche famoso per le sue battaglie contro tutti, dai dirigenti degli studios ai suoi collaboratori, lasciando dietro di sé più ponti bruciati della Luftwaffe. Ha attraversato anche periodi di critiche negative e poltrone vuote, ma sembrava sempre riuscire a rialzare la testa, come negli anni 90, quando uscì con I Protagonisti (The Player) e America Oggi (Short Cuts). Anche quando perse il sostegno del pubblico, molti giovani registi continuarono ad ammirarlo come l’artista che non scende a compromessi, che mantiene il suo punto di vista contro le pressioni dei produttori e che veniva ingiustamente ignorato dal mondo del cinema che si era ingigantito su film di effetti speciali e buoni sentimenti.

Spesso ci si riferiva a lui come regista cult, è questo lo irritava: “Cos’è un cult?” Si chiedeva Altman, e così rispondeva: “Significa solo che non ci sono abbastanza persone per fare una minoranza.”

Il successo

Il soggetto aveva a che fare con un gruppo di medici dell’esercito in un ospedale di prima linea, un po’ ubriaconi e fissati sul sesso. Quindici registi si erano già rifiutati di lavorare su questo copione; ma all’età di 45 anni, Robert Altman firmò il contratto, ed il film MASH fu il suo primo grande successo.

Il pubblico si immedesimava in modo particolare con l’attegiamento di scherno verso l’autorità degli irriverenti dottori, Hawkey (Donald Sutherland) e Trapper John (Elliot Gould).

“Gli eroi fanno sempre parte delle decenza e del buon senso per questo sono sprezzanti verso la burocrazia” scrisse il critico Pauline Kael sul The New Yorker. “Sono eroi perché sono competenti, galanti e ragionevoli, e in questa situazione folle la loro galanteria prende la forma di commedia scabrosa.”

I cattivi non sono i comunisti ma i burocrati militari dai cuori di pietra, inpersonificati dal pio Frank Burns (Robert Duvall) e l’ipocrita Hot Lips Houlihan (Sally Kellerman).

Il film ottenne 5 candidature all’Oscar, incluso miglior film e miglior regia. Vinse la Palma D’Oro al Festival di Cannes del 1970 e il premio di miglior film dell’anno dal National Society of Film Critics.

Ma a MASH venne negato l’Oscar come miglior film, che invece andò a Patton, Generale d’Acciaio (Patton). Più tardi, Robert Altman ha ricevuto altre quattro candidature all’Oscar come miglior regia e due come miglior film, Nashville e Gosford Park. L’unico Oscar che però gli è stato dato è stato quello alla carriera il marzo scorso.

Ad Altman non fece piacere che l’unico Oscar dato a MASH fosse per Ring Lardner Jr, per la sceneggiatura. Altman svilì apertamente il lavoro di Lardner, bruciando un altro dei suoi ponti. Quando più tardi Altman sembrava non riuscire a ripetere quel successo di critica e di pubblico ottenuto con Mash, arrivò a non sopportare più quel suo film.

“MASH non era male” ha detto Altman in un’intervista. “Non era cosa si aspettava la 20th Century-Fox. Quando lo videro cercarono di tagliare tutte le scene di sangue. Ma io non ho ceduto. Il film parla per se stesso. E’ stato merito del tempismo se ha avuto tutto quel successo. Quindi, è considerato importante, ma non è né migliore né più importante di qualsiasi altro film che ho fatto.”

L’interesse di Altman per i generi cinematografici è stato candidamente sovversivo, li voleva far esplodere per mostrare le loro falsità. Decise di fare I Compari esattamente per questo motivo. “Cominciai a interessarmi al progetto perché non mi piacciono i western, quindi mi immaginai una storia che contenesse tutti i cliché del western”.

Era sua intenzione, disse, togliere tutto il glamour dal West e mostrarlo per quello che veramente fosse – sporco, pieno di brutte persone, affogato nel whisky e governato da criminali con le pistole. Il suo eroe, McCabe (Beatty) è un sognatore un po’ stupido che si lascia fregare per amore e per troppa confidenza di sé da una prostituta tossicodipendente (Christie).

Parlando del genere wester, Altman ha detto “Queste cose sono successe ma non nel modo in cui vi sono state raccontate. Si potrebbe dire che volevo osservare il West attraverso un’altra finestra, ma mantenendo la poesia della ballata.” Nashville, intrecciava la storia di 24 personaggi – star del country, casalinghe, ubriaconi, operatori politici, vagabondi – che entravano ed uscivano dalla vita di ognuno durante l’ultimo giorno di una campagna elettorale per le primarie presidenziali. Anche più tardi, Altman ha costruito le sue storie su questa interazione tra una moltitudine di personaggi - Un Matrimonio (A Wedding), Health, America Oggi, Pret-à-Porter e Kansas City – ma non è più riuscito a raggiungere lo stesso effetto prorompente.

“Con Nashville si assiste ad un salto avanti radicale” scrive Kael nel The New Yorker. “Altman ci aveva già abituati ad attori che non sembrano recitare; le nostre orecchie si erano sintonizzate sull’acuta comicità del sistema sonoro a multitraccia che lo rende particolarmente vivo; e ha sviluppato uno suo stile di cinema la cui narrazione manca di plot forti. Ora dissolve l’inquadratura, per far percepire la continuità tra ciò che è sullo schermo e la vita a telecamere spente”

La carriera di Altman ha avuto uno stallo dopo Nashville, anche se i grandi attori continuavano a voler lavorare con lui. C’è stato Paul Newman in Buffalo Bill and the Indians nel 1976, Sissy Spacek in 3 Donne (3 Women) nel 1977 e di nuovo Newman in Quintet nel 1979. Ma i critici gli voltarono le spalle alla fine degli anni 70, e i suoi film ebbero un impatto ancora peggiore al box office.

Il colpo finale arrivò nel 1980, quando Altman decise di dirigere Robin Williams in uno stravagante musical basato sul fumetto di Braccio di Ferro. Anche se alla fine ottenne un modesto successo commerciale, il film è considerato un vero fiasco, dato che ha guadagnato meno soldi del previsto e venne disprezzato dalla quasi totalità dei critici. Altman riuscì almeno a mantenere dalla sua parte alcuni dei suoi critici più affezionati, tra cui Kael e Vincent Canby del New York Times, i quali nel 1982 lo avevano definito “il miglior regista vivente”. Ma il vento era cambiato.

Nella raccolta di articoli sul cinema del 1980 “Fore My Eyes”, Stanley Kauffmann si fece portavoce di altri critici arrivando a deridere i film del regista, definendoli nella media. Scrisse: “E’ l’equivalente per il cinema del direttore artistico di un’agenzia pubblicitaria che gira le gallerie per mantenersi aggiornato”. (Ndt, dato che non capisco cosa vuol dire lascio anche l’originale in inglese: “He’s the film equivalent of the advertising-agency art director who haunts the galleries to keep his eye fresh”)

Nonostante Altman non sia più riuscito a recuperare il totale favore dei critici, ci si avvicinò molto nell’ultimo periodo della sua vita, e non abbandonò più il gioco.

Tornò alla ribalta all’inizio degli anni 80 con una serie di film basati su pièce teatrali: Jimmy Dean, Jimmy Dean (Come Back to the Five and Dime, Jimmy Dean, Jimmy Dean) di Ed Graczyk nel 1982, Streamers di David Rabe nel 1983 e Follia d’Amore (Fool for Love) di Sam Shepard nel 1985. Fece anche nuove opere per la televisione, di cui da quando l’aveva lasciata aveva sempre parlato malissimo.

Nel 1988, diresse un adattamento per la televisione di The Caine Mutiny Court-Martial, tratto dalla pièce teatrale di Herman Wouk basato sul suo romanzo"The Caine Mutinity". La versione di Altman riportò nella storia il conflitto di classe e l’anti-semitismo che era stato tagliato dalla versione hollywoodiana del 1954 con Humphrey Bogart.

Gli anni 90 portarono una rinascita eccezionale per Altman. Il primo successo di critica fu I protagonisti (The Player), una satira acre basata sul romanzo di Michael Tolkin su un dirigente di Hollywood; seguito da America Oggi (Short Cuts), un film drammatico a episodi pieno di personaggi tratto dai racconti di Raymond Carver. Con questi due film, il regista ebbe la sua terza e quarta candidatura all’Oscar come miglior regista

Poi nel 2001, arrivò Gosford Park, una misteriosa storia di omicidio molto elaborata con un cast eccezionale che coronò il suo ritorno.

L’ultimo film di Altman è stato Radio America (A Prairie Home Companion) basato sul longevo programma radiofonico di Garrison Keillor, che è uscito nelle sale a giugno; tra gli interpreti c’erano Meryl Streep e Kevin Kline insieme ad ancora un altro notevole cast. Il critico cinematografico AO Scott scrisse sul The Times, che si trattava di un film minore, ma comunque di un tesoro. In un’intervista del 1993 Altman disse: “Mi sembra di essere diventato come uno di quei vecchi standard, nel senso musicale del termine. ‘Ti si trova sempre intorno,’ mi disse una volta Lauren Bacall, ‘non vuoi proprio mollare’. Ho paura di no.”

Figlio di un venditore

Robert Bernard Altman è nato il 20 febbraio 1925, a Kansas City, figlio di Helen e B.C. Altman, un ricco assicuratore. Suo nonno, Frank G. Altman, operatore immobiliare, aveva costruito l’Altman Building, un centro commerciale di 5 piani nel centro di Kansas City (fu raso al suolo nel 1974).

Il giovane Robert frequentò scuole cattoliche e l’accademia militare di Wentworth a Lexington, prima di arruolarsi nelle Forze Aeree, dove diventò copilota sui B-24. Fu in questo periodò che inventò quello che lui chiamava l’Identi-codice, un sistema per tatuare un numero sugli animali domestici per poterli identificare più facilmente se persi o rubati; provò a convincere anche il Presidente Harry Truman a farsi tatuare i cani.

Dopo le Forze Aeree, Altman lavorò per la Calvin Company, una ditta di Kansas City che si occupava di film per formazione professionale, pubblicità e documentari industriali. Nel 1947 sposò LaVonne Elmer, ma divorziarono due anni più tardi dopo la nascita della figlia Christine. Sposò Lotus Corelli nel 1950, da cui divorziò nel 1955. Ebbero due figli, Michael che scrisse le parole di “Suicide is Painless”, la canzone di MASH, quando aveva appena 14 anni, e Stephen, un film production designer che spesso ha lavorato col padre.

Altman cominciò a pensare ad Hollywood quando stava ancora lavorando a Kansas City. La prima volta che il suo nome apparve nei titoli di un film fu per aver aiutato a scrivere Bodyguard (1948), un B movie su un cinico detective.

Fu solo nel 1955 che andò davvero a Hollywood; venne chiamato a dirigere un episodio della serie TV “Alfred Hitchcock Presents”.

Nei dieci anni seguenti, diresse una dozzina di episodi di Maverick, Lawman, Peter Gunn, Bonanza, Hawaiian Eye, Route 66, Combat! e Kraft Suspense Theatre.

Fu sul set della serie TV Whirlybirds che Altman conobbe la sua terza moglie, Kathryn Reed (ndt, finalmente una con un nome normale). Si sposarono nel 1957 ed ebbero due figli, Robert e Matthew. Anche se Altman lasciò il suo lavoro a Kansas City per dirigere un film per ragazzi, The Delinquents, nel 1957, dovette aspettare il 1968 prima di dirigere attori importanti in un film hollywoodiano. Il film, “Conto alla rovescia” (Countdown) con James Caan e Robert Duvall, era un film drammatico che raccontava il primo viaggio sulla luna, e venne molto apprezzato dalla critica. Il suo film seguente, fu “Quel freddo giorno nel parco” (That cold day in the park), un thriller psicologico con Sandy Dennis che interpretava il ruolo di una donna resa folle dai propri impulsi sessuali.

Nel 1970, girò il suo film probabilmente più strano “Anche gli uccelli uccidono” (Brewster McCloud), che racconta la storia di un ragazzino un po’ associale che vuole costruirsi un aereo per volare intorno al Houston Astrodome.

Poi è venuto “MASH.”

Negli anni che seguirono si circondò di una compagnia di attori preferiti, tra cui Elliot Gould, Lily Tomlin, Shelley Duvall, Bert Remsen e Keith Carradine. Molti dei suoi set vengono celebrati per la loro atmosfera di festa, che spesso traspare nei film stessi. Altman credeva che creando un atmosfera rilassata lo avrebbe aiutato ad allargare i confini dell’arte cinematografica.

Per portare avanti le sue idee, Altman era pronto a dar battaglia ai dirigenti hollywoodiani per avere i finanziamenti mantenedo il controllo creativo.

“Robert Altman è un artista e un giocatore d’azzardo,” scrisse un suo assistente alla regia, Alan Rudolph, in un tributo del 1994 per il Film Comment. “Portare avanti la propria visione artistica per un film in America può certe volte significare rischiare tutto.”

Quando uno studio si rifiutà di distribuire il primo film di Rudolph “Welcome to LA”, Altman reagì costituendo la propria compagnia di distribuzione, Lion’s Gate, solo per far uscire quel film. E’ stato un precursoredelle compagnie cinematografiche indipendenti degli anni 80 e 90.

“Mi viene fatta molta resistenza,” disse una volta Altman al The Washington Post nel 1990. “Dicono, ‘Oh, ci vuole ingannare in qualche modo.’ Quando gli spiego cosa voglio fare, non riescono a vederlo, perché sto cercando di fare qualosa che non hanno ancora visto; e non capiscono che è proprio questo il motivo per il quale dovrebbero comprare il mio film.”

Altman ammise che la sua carriera aveva risentito del suo brutto carattere e abitudini – era un forte bevitore, era irrascibile e pigro, e aveva difficoltà con l’autorità. Ha avuto molti problemi con gli sceneggiatori: molti si lamentavano che interferiva nel processo di scrittura e poi si prendeva meriti per lavoro non suo.

Ma molti attori hanno detto che adoravano lavorare con lui, per la libertà che dava loro nell’interpretazione del copione e nell’improvvisazione delle scene.

Secondo Altman, lasciare libertà agli attori poteva aiutare a tirar fuori da loro cose che non credevano di avere. “Cerco attori che hanno qualcosa che si muove dentro, dietro la maschera”, diceva Altman, “Tim Robbins mi affascina. E John Cusak, vedo che ha qualcosa anche se non so cosa.”

Non è mai stato tenero verso il mondo del cinema. “Le persone che entrano a far parte di questo mondo sono in cerca di soldi facili, persone false, lo sono sempre state,” disse Altman in un’intervista del 1993. “Non cercano di fare un bel film; cercano di fare un film di successo. Sono le persone del marketing che mandano avanti gli Studios ora e non si vedono in giro molte persone intelligenti che dirigono gli Studios, che dirigono le compagnie video. Stanno tutti facendo un mucchio di soldi, ma non sono per niente interessati ai film, non stanno cercano un bel film. Non hanno nessuna visione d’insieme. Nessuno dice ‘Chi vorrà vedere questo film tra quarant’anni.’ Non c’è nessun visionario.”

16.12.06

The urban survivor’s guide

Ovvero la guida del pellaio. Che la vita sia sempre più cara, signora mia, è cosa nota, e che noi qui abbiamo le braccina corte pure. Perciò, ecco per voi una semplice guida su cosa si può riuscire a fare senza spendere soldi.
1 Teatro. Ho trovato un teatro dove richiedono volontari per fare la maschera; bisogna arrivare un’ora prima dello spettacolo, preparare i programmi da distribuire, imparare la numerazione dei posti in platea, staccare i biglietti, ed accompagnare ai rispettivi posti gli spettatori. Poco prima dell’inizio, si sceglie un qualsiasi posto disponibile, e ci si gode lo spettacolo. E’ piuttosto semplice come lavoro, la cosa più difficile è spiegare al pubblico che si, le bevande sono ammesse, senza ghiaccio però perché fa rumore, e quelle calde con l’apposito tappo, ma il cibo purtroppo no, ma possono metterlo in tasca e tenerselo per dopo. Sto aspettando che cambi la programmazione, non posso tornare a piangere per Racconto di Natale.
2 Pampering experience. E per questo ci vuole fegato, bisogna essere ferme, non farsi impietosire o semplicemente uscire senza soldi. Esistono varie aziende che vendono senza un distributore, ma funzionano su rappresentanti (esisterà anche un nome per dedfinire tutto questo, immagino), tipicamente alcune aziende di cosmetici (tipo la Avon, per capirsi). Mi è arrivato un invito e sono andata da una tipa, in casa sua, che mi ha fatto un trattamento completo per il viso, comprensivo di microdermoabrasion (eeehhh?), idratazione, antilucido, peeling per le labbra, insomma tutti i prodottini fighi che esci di lì e per mezza giornata ti senti fantastica. In cambio devi sorbirti i suoi tentativi di proporti la merce, ovviamente, ma ci guadagni sicuro qualche campioncino.
3 Makeup. Anche qui conviene avere un carattere fermo, altrimenti si finisce per comprare e si va in rimessa. Presentarsi in un grande magazzino nel fine settimana, dirigersi con aria decisa nei reparti di cosmetica, e quando ti chiedono “vuoi che ti trucchiamo con i nostri fantastici prodotti” rispondere con aria di sufficienza “mmm, si, ok, però vorrei provare questo questo e questo”. Mai farsi vedere inesperte, pena il vedersi comparire numerose commesse che cercano di iniziarti al magico mondo del maquillage.
4 Massaggi. Le scuole di massaggio prevedono che gli allievi pratichino almeno 5 ore a settimana. E su chi? Su parenti, amici, amici di amici, conoscenti di amici di amici. E’ sufficiente far parte dell’ultima categoria, entrare nel giro –casualmente- e ti ritrovi su un lettino per un massaggio svedese di due ore.
5 Yoga. Esiste un centro di yoga e altro che propone ogni sabato mattina una lezione gratuita. Lì il trucco è fare quella che ci è già stata, che figurati tu se non ho mai fatto yoga, e vuoi che non sappia le più comuni variazioni della posizione del pinguino perplesso?
Spero di potervi aggiornare, sto puntando i free wine tasting.

15.12.06

Io no

E' stato stimato che 1 europeo su 10 è stato concepito in un letto IKEA. A me pare un po' un'esagerazione, comunque il mio letto non è ikea, ma un BABULA Original Project Bed.
L'articolo che dice questa cosa, senza citare le fonti, è divertente. Lo potete leggere qui.

14.12.06

L'importanza di essere alti

Non è solo una questione estetica.
Chi è alto può salvare la vita ai delfini.
Gli altri, quelli bassi intendo, forse, possono anche fare gli attori.
E'
qui, in inglese.

Come siamo messi

Dal sito Modern Life is Rubbish (bel nome) vengo a sapere che il software che usiamo per il nostro blog (Blogger) non è tra i più usati:





che il font (Georgia) non è tra i più usati:





e che il nostro colore (l'arancione) non è neanche preso in considerazione (e c'è un 6% che usa il rosa, bah):




Sarà anche per questo che nessuno ci caa?
Così, potrebbe essere un'ipotesi.
Ma noi siamo sempre felici di far parte della minoranza della minoranza; visto le maggioranze in circolazione ultimamente, ne andiamo proprio fiere.

12.12.06

The Golden Door

Eh sì, il film ha già il nome anche in inglese. Nuovomondo. Infatti mi sembra che stia cercando di candidarsi all'oscar come miglior film straniero.
A noi, che eravamo in tre, c'è piaciuto parecchio.
Belle le immagini, tutte, una fotografia notevole.
Sburk: Quella di quando dall'alto inquadra la nave che lascia la banchina e sembrano due folle umane che si separano. Wow.
Fra: Quella della tempesta descritta solo dalle facce impaurite che sbatacchiano di là e di qua.
Icciaz: Anche quella della montagna piena di sassi.
Sburk: E le carote giganti.
Fra: E le monete che cadono dal cielo.
Icciaz: E le nuotate nel latte.
Sburk: Parlano siciliano.
Fra: Per fortuna ci sono i sottotitoli.
Icciaz: E la Gainsbourgh che non ci incastra niente.
Sburk: E la madre di lui.
Fra: E il figlio che non parla.
Icciaz: E le due tipe che ci vanno per sposarsi.
Sburk: E tutti vestiti nei loro costumi nazionali.
Fra: Certi cappellini.
Icciaz: Gli americani erano già scemi a quel tempo.

7.12.06

The cat is on the table (near the pencil)


L’originale recita
“to be high and dry”
e significa essere in salvo, al sicuro. Che l’espressione derivi dal gergo marinaro è indubbio, e se la cercate citata in lettteratura trovate Moby Dick, L’isola del tesoro, Tarzan, Huckleberry Finn ecc. Io in realtà l’ho sentita non ricordo dove, utilizzata al contrario per intendere “sto proprio messo male”, ma cercando non mi pare che si usi davvero, dev’essere stata una licenza poetica. E il disco c’entra perché si intitola così.

iCal day


E io che pensavo che il mio fosse difettoso.

5.12.06

Bodies - the exhibition

Ho avuto un po’ di remore morali, ma alla fine la curiosità è prevalsa e sono andata. La mostra si intitola Bodies ed espone corpi umani. Anzi, cadaveri. Prima domanda, e motivo dei miei dubbi: da dove arrivano. Pare siano cadaveri mai reclamati di cinesi, acquisiti e trattati intorno agli anni 70.
Sono esposti circa 30 corpi, la maggior parte sono trattati in modo da preservare muscoli ed ossa, asportati solo in alcune zone al fine di mostrare quel che c’è sotto. Il procedimento di conservazione non è nuovo e lo avrebbe inventato il discusso anatomista tedesco Gunter Von Hagens. In pratica i corpi risultano plastificati, sono stati trattati in modo da mantenere intatti i tessuti e la parte più impressionante è proprio questa. Alcune sale invece raccontano i singoli apparati (respiratorio, digestivo, riproduttivo, nervoso, circolatorio) con le loro funzioni e disfunzioni. C’è un intestino completamente srotolato, c’è una teca con solo il cervello e tutto il sistema nervoso attaccato, ci sono embrioni e feti di diversa età gestionale, c’è la cute (nel senso che hanno fissato il corpo e dissolto solo l’interno, per cui rimane la pelle con la forma originaria), c’è l’intero albero arterioso e venoso ottenuto iniettando un liquido colorato che successivamente si è solidificato e digerendo con acidi il corpo intorno. Gli organizzatori della mostra rivendicano un fine divulgativo ed educativo che dal mio punto di vista (personale ma anche in qualità di “addetta ai lavori”) è stato ampliamente soddisfatto. Personalmente non mi ha dato fastidio come visione, anche se riconosco che sia piuttosto macabra. C’è poi una nota morbosa legata al fatto che spesso i corpi sono messi in posa, per cui gli ideatori sono stati tacciati di sfruttare il senso del trash e del voyeurismo, ma credo che questo vada lasciato alla sensibilità del singolo visitatore. Questo per dire che se la mostra dovesse passare da quelle parti e non siete deboli di stomaco potrebbe valerne la pena.

4.12.06

Sito di Repubblica, ore 5:36

ovvero, un pretesto per mostrarti cosa fa shift+mela+4. Uh, non hai un Mac?

1.12.06

E a sorpresa...

Buttiglione.
Ma l'avrà detto davvero?
Di solito smentiscono sempre.

Marie-Antoinette

Dopo aver sbagliato cinema e esser riuscite ad evitare una multa per essere in due in motorino senza casco, siamo riuscite a vedere il nuovo film di Sofia Coppola.
Ne è valsa la pena?
Ma sì!
Dopo aver dovuto vedere 'La Sconosciuta' qualsiasi film, vale la pena.
E inoltre devo ammettere che questa volta sono d'accordo con mBordone. Chi l'avrebbe mai pensato! Ora lui, arriva addirittura a suggerire quali pezzi musicali mettere in quali scene, che mi sembra eccessivo, però sono d'accordo che per quanto la colonna sonora fosse bella, la Coppolina avrebbe potuto osare veramente molto di più.
eReds: Te l'ho detto. Il film è inconcluso. Come l'Y10.
TheSofiaCoppolaGreatestFan: Però è un po' lo stile di Sofia Coppola. Non è un'aggressiva. Non metterebbe mai i Ramones. I suoi film sono leggeri. Fatti soprattutto di immagini e sensanzioni. E di storie accennate.
Sburk: E' difficile fare un film su un personaggio e su una storia su cui sappiamo tutto. Anche se il plot è accennato. Anche se ogni tanto gira fuori fuoco, l'idea di Maria Antonietta ce l'abbiamo tutti molto a fuoco. Siamo inevitabilmente prevenuti. C'abbiamo già la nostra idea di come dovrebbe essere rappresentato.
eReds: Con I am an anarchist quando la carrozza lascia Versaille.

Cocainomane dirada irritati

e in particolare:

Bassina che un rulli
Signor momentaneo
Acari celerini
Laser blu chiari
Sensoriale
Rana istriana
Cari scrocconi

Grazie a Bello batter reti, che mi ha girato il link

La vostra
Sconcertanti fave