19.12.06

Altman

Un post parecchio lungo. Sapessi come si fa a lasciare solo una parte del post lungo e creare un link per leggerlo tutto se uno ne ha voglia lo farei, ma non lo so fare. Comunque, questo è un articolo che riassume un po' i film della carriera di Robert Altman, che domani fa un mese che è morto. Mi sembrava interessante. E io sono una grande sua fan. Proprio l'altra sera ho rivisto MASH. Eh! Bello.
Bando alle ciance, ecco l'articolo, tradotto, come fa la rivista Internazionale.

Robert Altman, un regista audace, muore a 81 anni

Di Rick Lyman, New York Times

Robert Altman, uno dei registi americani più innovativi e influenti del XX secolo, un film maker la cui carriera iconoclastica ha attraversato cinque decadi ma la cui impronta è stata soprattutto sentita in una, gli anni 70, è morto lunedì (20 novembre) a Los Angeles. Aveva 81 anni.

La sua casa produttrice di New York, la Sandcastle 5 Productions, ha annunciato che la sua morte, al Cedars Sinai Medical Center, è stata causata dalle complicazioni di un cancro. Un portavoce ha dichiarato che Altman aveva scoperto di avere il cancro 18 mesi prima ma che aveva continuato a lavorare, girando il suo ultimo film, Radio America (A Prairie Home Companion) uscito a giugno, e più recentemente aveva completato la pre-produzione di un nuovo film che intendeva cominciare a girare a febbraio.

Altman aveva subito un trapianto di cuore a metà degli anni 90, un fatto che aveva rivelato al pubblico per la prima volta solo il marzo scorso durante il discorso di accettazione dell’Oscar alla carriera.

Era un uomo che correva rischi con una tendenza alla marachella; e negli ultimi anni abbiamo assistito al suo ritorno sulla cresta dell’onda culminato nel 2001 con Gosford Park, multi-candidato all’Oscar. Ma probabilmente viene meglio ricordato per una serie di film magistrali – sei in cinque anni – che lo catapultarono in una posizione di spicco tra i registi americani fino al punto massimo nel 1975 col film che molti considerano il suo migliore, Nashville, una complicata storia con una moltitudine di personaggi sullo sfondo delle primarie presidenziali

Erano film che uscivano dallo schema dei generi con storie non lineari e che descrivevono la stanca disillusione degli anni 70. Il film più famoso è MASH, la commedia del 1970 ambientata in un ospedale da campo durante la guerra in Corea ma che chiaramente puntava ai sentimenti contro la guerra in Vietnam. Il successo del film, sia di critica che di pubblico, aprì la strada alle ambizioni personali di Altman.

Nel 1971 si dà al western, gira I Compari (McCabe & Mrs Miller) con Warren Beatty e Julie Christie. Nel 1972, drammatizza la disintegrazione psicologica di una donna in Images, con Susannah York. Nel 1973 affronta il genere dell’investigatore privato con una adattamento molto libero del romanzo di Raymon Chandler Il Lungo Addio (The Long Goodbye), con un disinvolto Elliod Gould che interpreta un Philip Marlowe, uomo di mondo un po’ retro. Nel 1974 escono due film: il primo, California Split (California Poker), esplora la dipendenza dal gioco d’azzardo; mentre il secondo, Gang (Thieves Like Us), è una gangster saga.

A differenza di molti registi particolarmente creativi negli anni 70 – e che spesso poi hanno perso l’ispirazione – Altman non arriva a Hollywood proveniente da qualche rivista di critica o da una scuola di cinema d’avanguardia. Ha già alle spalle una lunga carriera in film industriali e televisione. In un’era che celebra talenti freschi che poi hanno fatto la storia del cinema – Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich e Martin Scorsese – Altman sembra uno zio bohemien, che abbraccia lo stesso spirito dei giovani ribelli che disprezzano le compassate convenzioni del cinema mainstream e delle classi che lo supportano.

La maggior parte dei suoi attori hanno adorato e elogiato il suo stile di improvvisazione. All’inizio della sua carriera cinematografica venne celebrato per l’uso innovativo della colonna sonora multilayer: spesso i film di Altman sono caratterizzati da una moltitudine di voci che competono per attirare l’attenzione in scene affollate e fumose. Era una specie di improvvisazione che offriva una nuova verosomiglianza rispetto al genere stanco e da palcoscenico di Hollywood.

Ma Altman è anche famoso per le sue battaglie contro tutti, dai dirigenti degli studios ai suoi collaboratori, lasciando dietro di sé più ponti bruciati della Luftwaffe. Ha attraversato anche periodi di critiche negative e poltrone vuote, ma sembrava sempre riuscire a rialzare la testa, come negli anni 90, quando uscì con I Protagonisti (The Player) e America Oggi (Short Cuts). Anche quando perse il sostegno del pubblico, molti giovani registi continuarono ad ammirarlo come l’artista che non scende a compromessi, che mantiene il suo punto di vista contro le pressioni dei produttori e che veniva ingiustamente ignorato dal mondo del cinema che si era ingigantito su film di effetti speciali e buoni sentimenti.

Spesso ci si riferiva a lui come regista cult, è questo lo irritava: “Cos’è un cult?” Si chiedeva Altman, e così rispondeva: “Significa solo che non ci sono abbastanza persone per fare una minoranza.”

Il successo

Il soggetto aveva a che fare con un gruppo di medici dell’esercito in un ospedale di prima linea, un po’ ubriaconi e fissati sul sesso. Quindici registi si erano già rifiutati di lavorare su questo copione; ma all’età di 45 anni, Robert Altman firmò il contratto, ed il film MASH fu il suo primo grande successo.

Il pubblico si immedesimava in modo particolare con l’attegiamento di scherno verso l’autorità degli irriverenti dottori, Hawkey (Donald Sutherland) e Trapper John (Elliot Gould).

“Gli eroi fanno sempre parte delle decenza e del buon senso per questo sono sprezzanti verso la burocrazia” scrisse il critico Pauline Kael sul The New Yorker. “Sono eroi perché sono competenti, galanti e ragionevoli, e in questa situazione folle la loro galanteria prende la forma di commedia scabrosa.”

I cattivi non sono i comunisti ma i burocrati militari dai cuori di pietra, inpersonificati dal pio Frank Burns (Robert Duvall) e l’ipocrita Hot Lips Houlihan (Sally Kellerman).

Il film ottenne 5 candidature all’Oscar, incluso miglior film e miglior regia. Vinse la Palma D’Oro al Festival di Cannes del 1970 e il premio di miglior film dell’anno dal National Society of Film Critics.

Ma a MASH venne negato l’Oscar come miglior film, che invece andò a Patton, Generale d’Acciaio (Patton). Più tardi, Robert Altman ha ricevuto altre quattro candidature all’Oscar come miglior regia e due come miglior film, Nashville e Gosford Park. L’unico Oscar che però gli è stato dato è stato quello alla carriera il marzo scorso.

Ad Altman non fece piacere che l’unico Oscar dato a MASH fosse per Ring Lardner Jr, per la sceneggiatura. Altman svilì apertamente il lavoro di Lardner, bruciando un altro dei suoi ponti. Quando più tardi Altman sembrava non riuscire a ripetere quel successo di critica e di pubblico ottenuto con Mash, arrivò a non sopportare più quel suo film.

“MASH non era male” ha detto Altman in un’intervista. “Non era cosa si aspettava la 20th Century-Fox. Quando lo videro cercarono di tagliare tutte le scene di sangue. Ma io non ho ceduto. Il film parla per se stesso. E’ stato merito del tempismo se ha avuto tutto quel successo. Quindi, è considerato importante, ma non è né migliore né più importante di qualsiasi altro film che ho fatto.”

L’interesse di Altman per i generi cinematografici è stato candidamente sovversivo, li voleva far esplodere per mostrare le loro falsità. Decise di fare I Compari esattamente per questo motivo. “Cominciai a interessarmi al progetto perché non mi piacciono i western, quindi mi immaginai una storia che contenesse tutti i cliché del western”.

Era sua intenzione, disse, togliere tutto il glamour dal West e mostrarlo per quello che veramente fosse – sporco, pieno di brutte persone, affogato nel whisky e governato da criminali con le pistole. Il suo eroe, McCabe (Beatty) è un sognatore un po’ stupido che si lascia fregare per amore e per troppa confidenza di sé da una prostituta tossicodipendente (Christie).

Parlando del genere wester, Altman ha detto “Queste cose sono successe ma non nel modo in cui vi sono state raccontate. Si potrebbe dire che volevo osservare il West attraverso un’altra finestra, ma mantenendo la poesia della ballata.” Nashville, intrecciava la storia di 24 personaggi – star del country, casalinghe, ubriaconi, operatori politici, vagabondi – che entravano ed uscivano dalla vita di ognuno durante l’ultimo giorno di una campagna elettorale per le primarie presidenziali. Anche più tardi, Altman ha costruito le sue storie su questa interazione tra una moltitudine di personaggi - Un Matrimonio (A Wedding), Health, America Oggi, Pret-à-Porter e Kansas City – ma non è più riuscito a raggiungere lo stesso effetto prorompente.

“Con Nashville si assiste ad un salto avanti radicale” scrive Kael nel The New Yorker. “Altman ci aveva già abituati ad attori che non sembrano recitare; le nostre orecchie si erano sintonizzate sull’acuta comicità del sistema sonoro a multitraccia che lo rende particolarmente vivo; e ha sviluppato uno suo stile di cinema la cui narrazione manca di plot forti. Ora dissolve l’inquadratura, per far percepire la continuità tra ciò che è sullo schermo e la vita a telecamere spente”

La carriera di Altman ha avuto uno stallo dopo Nashville, anche se i grandi attori continuavano a voler lavorare con lui. C’è stato Paul Newman in Buffalo Bill and the Indians nel 1976, Sissy Spacek in 3 Donne (3 Women) nel 1977 e di nuovo Newman in Quintet nel 1979. Ma i critici gli voltarono le spalle alla fine degli anni 70, e i suoi film ebbero un impatto ancora peggiore al box office.

Il colpo finale arrivò nel 1980, quando Altman decise di dirigere Robin Williams in uno stravagante musical basato sul fumetto di Braccio di Ferro. Anche se alla fine ottenne un modesto successo commerciale, il film è considerato un vero fiasco, dato che ha guadagnato meno soldi del previsto e venne disprezzato dalla quasi totalità dei critici. Altman riuscì almeno a mantenere dalla sua parte alcuni dei suoi critici più affezionati, tra cui Kael e Vincent Canby del New York Times, i quali nel 1982 lo avevano definito “il miglior regista vivente”. Ma il vento era cambiato.

Nella raccolta di articoli sul cinema del 1980 “Fore My Eyes”, Stanley Kauffmann si fece portavoce di altri critici arrivando a deridere i film del regista, definendoli nella media. Scrisse: “E’ l’equivalente per il cinema del direttore artistico di un’agenzia pubblicitaria che gira le gallerie per mantenersi aggiornato”. (Ndt, dato che non capisco cosa vuol dire lascio anche l’originale in inglese: “He’s the film equivalent of the advertising-agency art director who haunts the galleries to keep his eye fresh”)

Nonostante Altman non sia più riuscito a recuperare il totale favore dei critici, ci si avvicinò molto nell’ultimo periodo della sua vita, e non abbandonò più il gioco.

Tornò alla ribalta all’inizio degli anni 80 con una serie di film basati su pièce teatrali: Jimmy Dean, Jimmy Dean (Come Back to the Five and Dime, Jimmy Dean, Jimmy Dean) di Ed Graczyk nel 1982, Streamers di David Rabe nel 1983 e Follia d’Amore (Fool for Love) di Sam Shepard nel 1985. Fece anche nuove opere per la televisione, di cui da quando l’aveva lasciata aveva sempre parlato malissimo.

Nel 1988, diresse un adattamento per la televisione di The Caine Mutiny Court-Martial, tratto dalla pièce teatrale di Herman Wouk basato sul suo romanzo"The Caine Mutinity". La versione di Altman riportò nella storia il conflitto di classe e l’anti-semitismo che era stato tagliato dalla versione hollywoodiana del 1954 con Humphrey Bogart.

Gli anni 90 portarono una rinascita eccezionale per Altman. Il primo successo di critica fu I protagonisti (The Player), una satira acre basata sul romanzo di Michael Tolkin su un dirigente di Hollywood; seguito da America Oggi (Short Cuts), un film drammatico a episodi pieno di personaggi tratto dai racconti di Raymond Carver. Con questi due film, il regista ebbe la sua terza e quarta candidatura all’Oscar come miglior regista

Poi nel 2001, arrivò Gosford Park, una misteriosa storia di omicidio molto elaborata con un cast eccezionale che coronò il suo ritorno.

L’ultimo film di Altman è stato Radio America (A Prairie Home Companion) basato sul longevo programma radiofonico di Garrison Keillor, che è uscito nelle sale a giugno; tra gli interpreti c’erano Meryl Streep e Kevin Kline insieme ad ancora un altro notevole cast. Il critico cinematografico AO Scott scrisse sul The Times, che si trattava di un film minore, ma comunque di un tesoro. In un’intervista del 1993 Altman disse: “Mi sembra di essere diventato come uno di quei vecchi standard, nel senso musicale del termine. ‘Ti si trova sempre intorno,’ mi disse una volta Lauren Bacall, ‘non vuoi proprio mollare’. Ho paura di no.”

Figlio di un venditore

Robert Bernard Altman è nato il 20 febbraio 1925, a Kansas City, figlio di Helen e B.C. Altman, un ricco assicuratore. Suo nonno, Frank G. Altman, operatore immobiliare, aveva costruito l’Altman Building, un centro commerciale di 5 piani nel centro di Kansas City (fu raso al suolo nel 1974).

Il giovane Robert frequentò scuole cattoliche e l’accademia militare di Wentworth a Lexington, prima di arruolarsi nelle Forze Aeree, dove diventò copilota sui B-24. Fu in questo periodò che inventò quello che lui chiamava l’Identi-codice, un sistema per tatuare un numero sugli animali domestici per poterli identificare più facilmente se persi o rubati; provò a convincere anche il Presidente Harry Truman a farsi tatuare i cani.

Dopo le Forze Aeree, Altman lavorò per la Calvin Company, una ditta di Kansas City che si occupava di film per formazione professionale, pubblicità e documentari industriali. Nel 1947 sposò LaVonne Elmer, ma divorziarono due anni più tardi dopo la nascita della figlia Christine. Sposò Lotus Corelli nel 1950, da cui divorziò nel 1955. Ebbero due figli, Michael che scrisse le parole di “Suicide is Painless”, la canzone di MASH, quando aveva appena 14 anni, e Stephen, un film production designer che spesso ha lavorato col padre.

Altman cominciò a pensare ad Hollywood quando stava ancora lavorando a Kansas City. La prima volta che il suo nome apparve nei titoli di un film fu per aver aiutato a scrivere Bodyguard (1948), un B movie su un cinico detective.

Fu solo nel 1955 che andò davvero a Hollywood; venne chiamato a dirigere un episodio della serie TV “Alfred Hitchcock Presents”.

Nei dieci anni seguenti, diresse una dozzina di episodi di Maverick, Lawman, Peter Gunn, Bonanza, Hawaiian Eye, Route 66, Combat! e Kraft Suspense Theatre.

Fu sul set della serie TV Whirlybirds che Altman conobbe la sua terza moglie, Kathryn Reed (ndt, finalmente una con un nome normale). Si sposarono nel 1957 ed ebbero due figli, Robert e Matthew. Anche se Altman lasciò il suo lavoro a Kansas City per dirigere un film per ragazzi, The Delinquents, nel 1957, dovette aspettare il 1968 prima di dirigere attori importanti in un film hollywoodiano. Il film, “Conto alla rovescia” (Countdown) con James Caan e Robert Duvall, era un film drammatico che raccontava il primo viaggio sulla luna, e venne molto apprezzato dalla critica. Il suo film seguente, fu “Quel freddo giorno nel parco” (That cold day in the park), un thriller psicologico con Sandy Dennis che interpretava il ruolo di una donna resa folle dai propri impulsi sessuali.

Nel 1970, girò il suo film probabilmente più strano “Anche gli uccelli uccidono” (Brewster McCloud), che racconta la storia di un ragazzino un po’ associale che vuole costruirsi un aereo per volare intorno al Houston Astrodome.

Poi è venuto “MASH.”

Negli anni che seguirono si circondò di una compagnia di attori preferiti, tra cui Elliot Gould, Lily Tomlin, Shelley Duvall, Bert Remsen e Keith Carradine. Molti dei suoi set vengono celebrati per la loro atmosfera di festa, che spesso traspare nei film stessi. Altman credeva che creando un atmosfera rilassata lo avrebbe aiutato ad allargare i confini dell’arte cinematografica.

Per portare avanti le sue idee, Altman era pronto a dar battaglia ai dirigenti hollywoodiani per avere i finanziamenti mantenedo il controllo creativo.

“Robert Altman è un artista e un giocatore d’azzardo,” scrisse un suo assistente alla regia, Alan Rudolph, in un tributo del 1994 per il Film Comment. “Portare avanti la propria visione artistica per un film in America può certe volte significare rischiare tutto.”

Quando uno studio si rifiutà di distribuire il primo film di Rudolph “Welcome to LA”, Altman reagì costituendo la propria compagnia di distribuzione, Lion’s Gate, solo per far uscire quel film. E’ stato un precursoredelle compagnie cinematografiche indipendenti degli anni 80 e 90.

“Mi viene fatta molta resistenza,” disse una volta Altman al The Washington Post nel 1990. “Dicono, ‘Oh, ci vuole ingannare in qualche modo.’ Quando gli spiego cosa voglio fare, non riescono a vederlo, perché sto cercando di fare qualosa che non hanno ancora visto; e non capiscono che è proprio questo il motivo per il quale dovrebbero comprare il mio film.”

Altman ammise che la sua carriera aveva risentito del suo brutto carattere e abitudini – era un forte bevitore, era irrascibile e pigro, e aveva difficoltà con l’autorità. Ha avuto molti problemi con gli sceneggiatori: molti si lamentavano che interferiva nel processo di scrittura e poi si prendeva meriti per lavoro non suo.

Ma molti attori hanno detto che adoravano lavorare con lui, per la libertà che dava loro nell’interpretazione del copione e nell’improvvisazione delle scene.

Secondo Altman, lasciare libertà agli attori poteva aiutare a tirar fuori da loro cose che non credevano di avere. “Cerco attori che hanno qualcosa che si muove dentro, dietro la maschera”, diceva Altman, “Tim Robbins mi affascina. E John Cusak, vedo che ha qualcosa anche se non so cosa.”

Non è mai stato tenero verso il mondo del cinema. “Le persone che entrano a far parte di questo mondo sono in cerca di soldi facili, persone false, lo sono sempre state,” disse Altman in un’intervista del 1993. “Non cercano di fare un bel film; cercano di fare un film di successo. Sono le persone del marketing che mandano avanti gli Studios ora e non si vedono in giro molte persone intelligenti che dirigono gli Studios, che dirigono le compagnie video. Stanno tutti facendo un mucchio di soldi, ma non sono per niente interessati ai film, non stanno cercano un bel film. Non hanno nessuna visione d’insieme. Nessuno dice ‘Chi vorrà vedere questo film tra quarant’anni.’ Non c’è nessun visionario.”

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