13.1.08

Marsiglia/2


E' il 31 dicembre, ultimo giorno dell'anno e forse avremmo dovuto chiedere al nostro personale Fabio Montale dove passare la serata. Non ci abbiamo pensato quando si è fermato al nostro tavolo al bar in mezzo alle Calanques. Ma evidentemente il suo spirito era con noi e ci ha guidato alla scoperta della sua Marsiglia.
Parcheggiamo l'auto dove troviamo posto ed è già buio. Passeggiamo per un po' senza meta e poi cerchiamo sulla cartina il quartier Panier. Il quartiere di Montale. Il quartiere degli emigrati, degli italiani, degli africani, degli arabi, dei corsi e degli zingari e mi scusino se mi sono dimenticata qualcuno ma ho sempre avuto dei problemi a ricordarmi i nomi delle persone. Marsiglia essendo da sempre un importante porto durante la guerra è stata pesantemente distrutta e Panier è uno dei pochi posti storici rimasti intatti. Un tempo quartiere malfamato oggi il comune cerca di recuperarlo favorendo l'apertura di bei negozi, laboratori creativi e ristoranti alla moda. Oggi chiunque può passeggiare per i suoi vicoli ma allo stesso tempo il Panier sta perdendo il suo particolare fascino. Non si può mai avere tutto.

Sono solo le sei e mezzo ma è buio buio e per i vicoli non c'è proprio nessuno, sembrano le due di notte. Passa una auto a tutta birra. Alcuni rapper escono da un bar. Una vecchina torna a casa con la busta della spesa.
E' l'ultimo giorno dell'anno. Non è un giorno come tutti gli altri. I negozi sono tutti chiusi. I pochi bar sono pieni di soli uomini. Alla fine arriviamo di fronte a un piccolo ristorante, tre tavoli, un bancone e una TV che occupa 1/4 del locale. Per curiosità leggiamo il menù appiccicato fuori dalla porta. Esce una donna, cinquant'anni tutti vissuti, capelli lunghi colorati di biondo.
"Buonasera ragazze. Avete letto il menu. Venite stasera. Niente di speciale. Come stare in famiglia. Si sta bene. Io cucino bene. E' da quarant'anni che sto nel pesce. La vera bouillabaisse di Marsiglia."
Sorridiamo. Le chiediamo la differenza tra la bouillabaisse e la soup de poisson. Ce lo dice ma non me la ricordo.
Proseguiamo per il nostro girovagare.

Gin: Io sarei per cenare lì.

Fra: Sì sì sì. Anche a me è piaciuto. Secondo me ci si mangia anche bene.

Sburk: Voi siete di fuori. E' una bettola. Ma bettola bettola.
Mi fanno un sorrisino.

Girovaghiamo alla ricerca di un aperitivo, preferibilmente con ostrica. Ma è tutto chiuso. E' l'ultimo dell'anno. Camminiamo ancora, cominciamo a essere stanche, è tutto il giorno che andiamo su e giù per le Calanques.

Gin: Dai torniamo alla bettola.

Fra: Sburk non è convinta.

Sburk: Ma proprio per niente.

Gin: Incamminiamoci in là e vediamo cos'altro troviamo.

Mi fanno un altro sorrisino.
Non troviamo niente di particolare. Niente che valga la pena. Niente che superi in originalità la bettola. E siccome siamo due contro una e siccome poi tanto so che me ne pento se dico di no, andiamo alla bettola.

Entriamo.

Quattro tavoli.

Uno occupato da un signore ben vestito cravatta compresa e capello argento un po' sul lungo. Beve champagne in un flute da una bottiglia nel cestello del ghiaccio.

Un altro tavolo è occupato da due ragazzi adolescenti.

Dietro al bancone un uomo abbronzato con i baffi alla Dalì, è il pizzaiolo, e la nostra amica bionda cuoca.
Davanti al bancone una donna sulla quarantina portati male, capelli lunghi, bocca sdentata, bel corpo che ogni tanto si mette a ballare; e balla benissimo. Un bevitore.
Ci sediamo al tavolo accanto all'uomo con la cravatta.
Viene ad aparecchiarci un bambina: 13 anni, portati come si deve finalmente.
Poi viene la cuoca bionda e ci chiede cosa vogliamo mangiare.
Bouillabaisse, ovviamente. Anche a noi il vino bianco arriva nel cestello del ghiaccio.
Accanto al mega schermo c'è anche lo stereo. In nostro onore, forse, viene messo un cd di un cantante italiano mai sentito che canta i classici di Toto Cutugno. Il cd, solo quello, girerà sullo stereo per tutta la sera.

L'uomo con la cravatta attacca bottone. Soprattutto con Gin che gli da spago. Parla di barche e di Viareggio.

Entra un tizio di colore in maglietta a maniche corte (è il 31 dicembre nel caso ve lo foste dimenticati) con gli occhiali e qualcosa in una tortiera; il pizzaiolo (che più tardi ci dirà di avere origini sarde, corse e zingare e si vedono tutte) gliela infila nel forno, il signore fa un balletto con l'ex bella della quariere, poi quando è cotta la sua torta, saluta tutti e se ne va, a cena a casa sua ovviamente.

L'uomo con la cravatta sceglie i tre flute meno polverosi e ci versa lo champagne.
Arriva la bouillabaisse. Una pentolona di bouillabaisse. Ce ne toccano circa 3 o 4 scodelle a testa. E un mare di crostini. E la salsa per i costrini che è aglio allo stato puro, aglio cremoso, aglio con l'aggiunta di altro aglio.
Ci pare buona, la bouillabaisse.

Anche all'uomo con la cravatta arriva il cenone di capodanno, per accompagnare gradevolmente il suo champagne: una pizza. Quando i nostri flute sono vuoti ce li riempie e quando può invita chiunque al suo tavolo e ad un flute di champagne. E' un signore.

Tutto fila liscio.

Fino a quando l'uomo con la cravatta invita al suo tavolo la persona sbagliata. La donna sbagliata.

3 comments:

ico gattai said...

Brava Sara.

Anonymous said...

Ma la suspense quanto deve durare??

Anonymous said...

eh eh ...