29.12.08

To fly along the faraway


Si legge male? C'è scritto così (lo giuro - andate a vedere):
I see this land, feel the press under my feet. And is my land. It is a land that loves silence, as I love myself. And if I break this silence with my voice to make do homage to these places and my people.
The music penetrates the earth, and fly along the faraway. It is message of love.


Lo so. Uno si schianta dal ridere.
Ma questo cartello, che se ne pensi quello che si vuole delle parole, sta all'ingresso del Teatro del Silenzio, teatro all'aperto in mezzo alla bellissima campagna di Lajatico, che ospita artisti internazionale, voluto da un italiano famoso nel mondo. Che evidentemente non ha imparato l'inglese e continua testardo a non usare neanche un interprete decente. Si vede pensa che la musica sia un linguaggio universale e quando va a New York se gli viene voglia di un doughnut al venditore per chiederglielo gli canta un'aria di Puccini. E quello evidentemente capisce!
E poi: ma possibile che nessuno glielo abbia fatto notare?

Calendari 2009


Questo 2008 sta per finire. E non so per voi, ma da queste parti il 2008 ha avuto il suo peso. Sarà stato quel 29 febbraio in più, non so. Fatto sta che ieri alla radio ho sentito che questo 2008 durerà un secondo di più, devono ricalibrare l'ora perché la terra ha preso a girare più piano, o qualcosa del genere. Questo 2008 sta chiaramente facendo di tutto per rimanere. Ma neanche lui ha scampo, arriverà il 2009 che lo butterà fuori. Io sto col 2009.
Durante queste feste mi sono arrivati una serie di calendari. Tutti belli. Tutti personali.
Anche mia zia che ogni anno da quando son nata mi manda il calendario della Nuova Zelanda ha preso a farlo personale, cioè ci appiccica le foto che fa, perchè alla tenera età di 81 anni mia zia si è iscritta al club della fotografia. Ma questo non è niente, mia zia mi scrive le email ed io le mando le foto su picasa e lei mi ci fa i commenti (purtroppo non sa l'italiano e non può commentarmi sul blog altrimenti vedreste voi). Mia zia è avanti, non solo con l'età. In realtà, in famiglia si mormora che il nuovo stile personale del tradizionale calendario sia venuto alla ribalta solo per motivi di tirchiaggine, soliti parenti serpenti, ma comunque sia il suo calendario per noi è un must e un anno che ci arrivò in ritardo eravamo preoccupatissimi e per sua immensa gioia le scrivemmo. Forse lo fece apposta. Perché le si scrivesse. Non le scriviamo mai. Ma le vogliamo un gran bene e questo lei lo sa. Si dice sempre così.
Il calendario di mia zia quindi è cambiato anche nel formato, è diventato più piccolo e quindi gli ho cambiato di posto e all'ingresso della cucina c'ho messo il secondo calendario personale che ho ricevuto, quello delle vacanze in barca che quest'anno non ho fatto. Tanto per ricordarmi in ogni fotografia che io appunto non c'ero e che sbagliai clamorosamente a non esserci; e forse anche per ricordarmi di non sbagliare di nuovo. Gli ho dato il posto d'onore, lì il calendario ci sta da sempre ed è quello sul quale ogni tanto mi ricordo di scriverci le cose che mi devo ricordare di ricordare, solo perché il calendario delle mie non-vacanze è delle stesse dimensioni del vecchio calendario di mia zia. Il calendario di mia zia, è piccolino, ancora non so dove lo metterò ma un posto glielo trovo.
Il terzo calendario è un calendario anche quello di fotografie. Fotografie di attori e registi famosi circondati da pisani famosi: tutti gli amici di E. l'autrice del calendario. Io sono a dicembre insieme a Visconti, scusate se poco, e porto uno scialle di ermellino. Sintetico, cosa credete. Le dimensioni di questo calendario sono large e ancora non gli ho trovato il posto, per ora sta appeso a una finestra.
Però dopo 2 anni ho appeso il quadro di Bart. Anche lui quest'anno ha fatto un calendario. Se l'è beccato il mio coinquilino. Lui lo appenderà in camera sua senza farsi tutti i miei scrupoli.
E infine c'è il calendario di Gipi che è uscito insieme all'ultimo numero dell'anno di Internazionale. Accorrete pure voi a comprarlo e poi ditemi dove l'avete appeso. Vi dirò chi siete.
Insomma tutti questi calendari.
Cosa vorrà dire?
Un altro anno invadente che non sai neanche dove metterlo?
Un anno con tante cose da dire?
Un anno con tanti impegni?
Un anno creativo?
Un anno che ce n'è un po' per tutti i gusti?
Un anno che già nel 2008 ti dice eccomi che arrivo (chissà come farà il 2010 a scansarlo)?
Un anno che un po' quindi mi ha già un po' rotto?
Che dovrei fare anch'io un calendario?
Chissà.
Buon anno a tutti.

23.12.08

Non so voi


... ma io e certe persone ci ritroviamo nello stesso negozio a comprare LMVDM. E in coda aspettando le nostre copie da regalare a destra e a manca ci preoccupiamo 1. che non le stiamo regalando alle stesse persone e 2. che i libri di Gipi stanno andando esaurendosi.
Altre persone invece, le trovo nello stesso negozio e ne hanno fatto mambassa, dei libri di Gipi,lasciando solo sullo scaffale Hanno ritrovato la macchina, e ti consigliano candidamente di comprare Maus di Art Spiegelmen. Ti dicono: gli piace sicuramente, e intanto hanno sotto braccia sette libri di Gipi, S. compreso.
Non so se rendo l'idea.

19.12.08

Due tipi che mi piacciono parecchio

E uno è pure mio amico (quale? non quello che ultimamente è di tutti amico).
Istuzioni per l'uso: cliccare sul titolo.

Anche lui, perché no


Qui, c'è il sito di Ascanio Celestini.
Uno che ci sta simpatico.
Però gli voglio fare un appunto:
Foto tue con espressioni facciali diverse non ce l'hai?
Ti rispondo io, tranquillo:
Ce l'hai, vedi, io l'ho trovata.

18.12.08

Trattavasi di fortuna del principiante


Per la terza volta torno alla lavenderia a gettoni. La solita.
Ci sono tornata per quel motivo. Il solito.
Che non vi preoccupate non si ripresenterà più perché come da tradizione qualcuno verrà abbandonato sull'autostrada, o sulla FIPILI. Ci sto pensando.
Sono anche bella carica 'sta volta: 2 piumini e una coperta.
Lei s'è data da fare.
Decido di sperimentare. Diciamo che sono costretta. Uno dei piumini non entra nella lavatrice normale e lo devo mettere in quella per i carichi grossi, due gettoni invece di uno.
La lavanderia è deserta, ed io decido di farmi un giro durante il lavaggio, mi ci fermerò dopo, durante l'asciugatura.
Quando torno, ancora non c'è nessuno, la coperta e il piuminio di dimensioni normali hanno finito il loro ciclo. Il piumino esagerato no.
Poi sì.
Ma non mi convince.
Sembra bagnatissimo.
Aspetto un po'.
Ma il display dice: Fine ciclo aprire lo sportello.
Non ho scelta.
E infatti non ha fatto la centrifuga. E' bagnatissimo. Cioè zuppo. E soprattutto pesantissimo. Con tutta la forza che ho, poca, lo tiro fuori dalla lavatrice e lo metto nell'asciugatrice, c'è acqua da per tutto, e soprattutto addosso a me.
Phew! Meno male che non c'è nessuno.
L'asciugatrice, deboluccia anche lei, non ce la fa con un ciclo ad asciugarlo, ma proprio per niente, e quindi gliene faccio fare un altro. Mi faccio i conti e mi chiedo se davvero si risparmia a venire qui.
Soprattutto se non entra nessuno e poi io non ho spunti per i miei post.
Farò un indagine di mercato e di mappa e sperimenterò una nuova lavanderia.
Ah già, ma dopo natale non ne avrò più bisogno.

15.12.08

Dice Gianni Rodari

Il dittatore

Un punto piccoletto,
superbioso e iracondo
"Dopo di me- gridava -
verrà la fine del mondo!"
Le parole protestarono:
"Ma che grilli ha pel capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo".
Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.

12.12.08

Dice Mimma Gallina

... riteniamo si possa e si debba procedere comunque disegnando il proprio cartellone ideale e, a partire da quello, affrontare i compromessi inevitabili: qualcosa del progetto iniziale forse resterà, mentre difficilmente riusciremo a raggiungere un'idea partendo dal compromesso.

11.12.08

Dai!

"So many books so little time" è di Frank Zappa?

Usanze e costumi



qui

Gramellini su La Stampa di oggi

Ho sentito stralci di questo editoriale stamani alla rassegna stampa di Radio Popolare. E' un argomento a cui penso spesso, e mi sono sempre chiesta se sono io che sono diventata negli anni più insofferente (o più nervosa) alle arrabbiature degli altri, o se davvero in generale siamo tutti diventati più intolleranti, meno rispettosi, più agressivi, negli ultimi anni, cioè da quando la politica è diventata quella che è.
Mi aspettavo di più dall'articolo di Gramellini. Ma come sempre si fa leggere.
Sempre su La Stampa c'è anche un articolo di Flavia Amabile sempre sul nostro grado di irritabilità.

Eravamo nervosi
Nel traffico di ieri mattina ho visto due donne giovani ed eleganti scendere dai rispettivi carri armati per insultarsi sanguinosamente riguardo a non so quale diritto stradale o feudale di precedenza. Gli occhi, in particolare, erano uno spettacolo spaventoso: dilatati in un’espressione stravolta, tipica di chi ha abusato di sostanze psicotrope o ha perso la misura reale delle cose. Asserragliato nella mia vettura, ho dirottato lo sguardo sulla prima pagina del nostro giornale, dove uno dei ragazzi che nel fine settimana devastarono per puro sfizio la stazione di Avigliana confessava: «Eravamo nervosi. E allora?».

E allora ci si chiede da dove arrivi questo virus esistenziale che rende tutti così suscettibili di fronte a ogni minimo attentato all’amor proprio. Le cronache sono un rosario senza fine di delitti e baruffe, familiari e condominiali. Laddove esiste l’obbligo della convivenza o della vicinanza, l’essere umano esplode in reazioni sproporzionate. Ci si prende a pugni, e talvolta a pistolettate, per un cane che abbaia, una frase sgarbata, un’auto parcheggiata male. Ultime gocce di un bicchiere riempito ogni giorno, oltre che da troppo alcol, da un distillare di dispetti e rancori.

Futili motivi, si dice in questi casi. Ma è futile anche continuare ad attribuirne la colpa ai soliti sospetti: la noia, lo stress, l’aggressività, il consumo eccessivo di carne, l’inquinamento acustico e atmosferico. Tranne l’ultimo, questi demoni sono sempre esistiti. E non basta dire che un tempo venivano convogliati nella macelleria collettiva della guerra. Come non basta scaricarne il peso sul solito capro espiatorio: la società. Qui sono nervosi i ricchi e i poveri, anzi, i ricchi più dei poveri. Sono nervosi gli abitanti delle periferie anonime e quelli dei luoghi turistici. Sono nervosi gli assunti e i licenziati, i single e gli sposati, i creativi e i burocrati, i colti e gli ignoranti. La spiegazione sociologica diventa un alibi per espellere un problema che invece sta dentro di noi.

«Lei non sa chi sono io», è la classica frase dell’isterico in azione. Ma forse andrebbe cambiata in: «Io non so chi sono io». Questa rabbia senza passione, infatti, è la forma di rassicurazione di un ego sempre più debole e infelice. Un ego spaventato dal futuro e bisognoso di attestati, a cui le piazze sociali di Internet hanno fornito una sterminata passerella, che si pone al centro del mondo ed esalta il potere volatile delle emozioni, sostituendole ai sentimenti e a quella suprema affermazione di sé che consiste nel sapersi controllare sotto pressione. Un ego che, non essendo in grado di stimarsi da solo, ha perennemente bisogno di conferme, e non riuscendo ad averle, le cerca nella prevaricazione del prossimo. Per riuscire a sentirsi alto, deve per forza abbassare gli altri. E poiché non si rispetta, interpreta ogni gesto sfavorevole come una mancanza di rispetto nei suoi confronti.

La felicità, dice il saggio, consiste nel desiderare ciò che si ha. Mentre troppi desiderano ciò che non hanno e si sentono dei falliti o delle vittime se non riescono a raggiungerlo. Da qui il paradosso di persone che digeriscono senza fare una piega ingiustizie e drammi autentici, come la perdita del posto o lo sfascio di una famiglia, ma reagiscono in modo scomposto perché un passante in bicicletta ha osato sfiorare la punta dei loro mocassini.

C’è un altro paradosso: ormai gli scoppi d’ira avvengono più nel tempo libero che in quello lavorativo, in casa o per strada più che in ufficio. Come se solo gli ambienti di lavoro conservassero ancora quel minimo di regole gerarchiche che riescono a tenere a bada gli istinti primordiali. E come se persino i maschi avessero affidato al tempo libero, e non più al lavoro, il compito di misurare il loro valore.

10.12.08

Fuori e dentro la TV


Mi sono appassionata a 24. Quella serie partita nel 2001 e che ora è arrivata tipo alla settima stagione o giù di lì. Io mi ci sono appassionata la scorsa settimana. Perché io faccio parte di quegli insopportabili snob, lo confesso, che se una cosa va di moda, che se una cosa se ne parla molto, anche negli ambienti alternativi (aha aha ambienti alternativi, snobbissimo, ora vomito, e non lo cancello perché devo espiare), io non la compro, non la guardo, non la leggo, non la ascolto. Magari qualche anno dopo. Feci così anche con i Nirvana, poi Cobain morì, diventarono un gruppo cult, e non lo puoi proprio dire che ti piacciono i Nirvana. I Nirvana saranno sempre di moda. Povero Cobain.
Ma parlavo di 24. Dire che mi ci sono appassionata non rende l'idea. Mi ci sono fissata, me lo sogno la notte, e sono incubi, programmo la mia giornata intorno a un paio di puntate almeno, mi voglio fidanzare con Jack Bauer, Jack Bauer può tutto e non è un supereroe. Ieri sera ho toccato il fondo: non l'ho guardato perché sentivo che le 24 ore (sempre quelle) che mi avevano separato dalla precedente visione mi avevano in qualche modo disintossicata e non volevo ricadere nel loop, non volevo riavere gli incubi. Comunque mi mancano cinque puntate da guardare per finire la seconda serie e poi almeno per un po' smetto. Chi mi vuole male mi faccia trovare casualmente un DVD con tutta la terza stagione.
Comunque per chi non lo sapesse, 24 si chiama 24 perché tutta una serie è fatta di 24 puntate di un'ora (compresi gli intervalli pubblicitari) e gli eventi del telefilm avvengono in tempo reale. Il protagonista, lui, Jack Bauer, lavora più o meno per il CTU - counter terrorist unit e in ogni serie, o almeno nelle due che ho visto il CTU e Jack Bauer sono alle prese con delle emergenze pazzesche, tipo bombe nucleari o giù di lì. Un altro protagonista, almeno nelle prime due serie, è un politico americano che nella prima serie corre per le presidenziali e nella seconda è il presidente degli Stati Uniti. E' un politico fantastico, bravo, intelligente, umano, che prende tempo, che pensa con la sua testa, onesto, onestissimo da imbarazzo, peggio di Gipi, che fa sempre la scelta giusta, pensa con la sua testa, distingue i buoni dai cattivi, non scende a compromessi. Insomma un alieno. E nero. Un presidente americano nero, il primo, anche nel mondo inventato di 24.
La prima serie, in cui David Palmer, così si chiama, vince le primarie, l'ho guardata mentre Obama vinceva le elezioni. Mi sono commossa al suo discorso di vittoria delle primarie come mi sono commossa al discorso di vittoria delle elezioni di Obama (e qui si potrebbe aprire una parentesi infinita) (oh! io mi commuovo facilmente per queste cavolate) (poi è un periodo che mi commuovo ancora più facilmente, e ora arriva anche il natale).
Guardando la seconda serie mi sono chiesta: 24 avrà contribuito a mettere nella testa degli americani che un presidente nero era davvero una possibilità e una possibilità di politico diverso (onesto, pacifico, etc...)? Barak Obama si sarà ispirato a 24 per decidere il corso della sua vita e i suoi discorsi elettorali?

7.12.08

Su Internazionale

... c'è una nuova rubrica. All'ultima pagina, quella con le vignette, al posto di bushismi ora c'è obama ti ama. Quella di questa settimana è:
Obama viene a guardarti il gatto quando tu vai in vacanza.

C'ho riprovato e sono stata meno fortunata

Sono tornata alla lavanderia a gettoni. Questa volta sono andata non solo per asciugare ma anche per lavare: due coperte che avevano avuto il solito trattamento da una degli animali con cui abito. Quindi avevo ben 60 minuti a disposizione.
Arrivo: non c'è nessuno.
Poco dopo entrano una coppia di orientali. Infilano i vestiti in due asciugatrici e se ne vanno.
Poco dopo entra un barbone che si mette a mangiare al caldo.
Poco dopo mi fa: bel mondo hai visto.
Dopo 30 minuti me ne vado.
Dopo 30 minuti ritorno per prendere le due coperte asciugate, una è ancora un po' umida.
Il barbone dorme.

3.12.08

E di passaggio qualche film




I'm not there.
Dice sia un film su Bob Dylan.
E in effetti ci sono un mucchio di sue canzoni.
E poi ci sono ben sei attori attori che lo impersonano.
Sei attori tutti strabilianti.
E Cate Blanchet gli somiglia pure, a Bob Dylan. Davvero.
Nessuno di loro però si chiama Bob; ma si chiamano Jude, Woody, Jack, Billy, Arthur, Robbie.
Insomma un film sull'identità, soprattutto.
Non c'ho capito niente.
Ma mi è piaciuto molto.
Molto bella anche la colonna sonora, con le canzoni di Bob Dylan interpretate tra gli altri da Cat Power, Eddie Vedder, i Calexico, etc.
Mi è piaciuto molto.
Ma non c'ho capito niente.
Quindi lo rivedrei volentieri.

The Pusher. E' il titolo in italiano. Mentre quello inglese è Layer Cake. Che vorrebbe dire la vita fatta a strati, che uno si arrampica da uno strato all'altro. Il film parla di uno spacciatore signore, Daniel Craig, di cui si parla si parla e non l'avevo mai visto in azione. Bah. Il film, inglese, è pieno di colpi di scena che a un certo punto non ci capisci più niente, ma a differenza di altri film del genere, tipo Snatch, dove anche se non riuscivi a stare dietro ad ogni cambio di rotta e non ci capivi niente era uguale, in The Pusher, senti che dovresti capire.

E poi finalmente ho rimesso piede in un cinema.
Qualcuno con cui correre. Film tratto da un romanzo di Grossman. Protagonista un cane, una labrador, attrice fantastica e bellissima. E' il cane che collega le vice, Dinka, che andando alla ricerca della sua padrona ci fa fare un bel giro della città israeliana portandosi dietro un ragazzo che suo malgrado entrerà in contatto con tutte le persone che ha incrociato la padrona del cane. Lei, a sua volta è alla ricerca di qualcos'altro. Un gran cercarsi. Ben girato, ben cantato, ben recitato. Un paio di doppiatori parlano in romanesco... ma va beh.

2.12.08

Cavoli rossi



Il primo alberello della stagione...

Cavoli nostri

Conversazione tra un membro di un GAS milanese e uno pisano.

- poi l'ultima volta il cavolo romano.
- cavolo romano? non conosco.
- una roba che sembra arrivata dagli abissi marini.
- io c'ho sempre un cavolo cinese in frigo.