30.1.09

Organizziamo subito un altro portaparty

Portaparty, per chi non lo sapesse, è una festa dove puoi portare chi ti pare ma soprattutto devi portare una bottiglia a testa.



Trovato su ComidaDeMama, il suo post spiega tutto e mostra di più.

Vada retro, facebook

Avendo saputo, lui, facebook, che io non ho bisogno di lui, facebook, perché per ritrovare persone che non vedo da tanto tempo le sogno, l'altra notte lui, facebook, è entrato nei miei sogni. Mi sono sognata che non ricordo per quale motivo mi iscrivevo a facebook.

Non è l'otto marzo


E' da qualche giorno che vorrei scrivere qualcosa sulla violenza contro le donne. Ci penso e ci ripenso a qualcosa da dire in un post su un blog come questo, un blog così leggero e personale. Perché il tema della violenza contro le donne è un tema enorme, di cose se ne possono dire tantissime; e infatti uno fa una ricerca su internet e trova... pochissimo! La mia idea iniziale infatti era segnalare dei link, ma di articoli interessanti in questo inizio anno italiano in cui la violenza contro le donne riempie le pagine dei giornali e le strade, di articoli che valeva la pena leggere ne ho trovati solo uno su La Repubblica che commenta l'argomento vero e proprio e quest'altro su La Stampa che di donne sempre parla, ma del lavoro delle donne. La mia ricerca è stata molto veloce e superficiale, ma comunque mi aspettavo che google mi inondasse di commenti, articoli, slogan, siti sulle donne. Così non è stato; e mi pare, dando sempre un'occhiata superficiale ai giornali, che l'argomento violenza sulle donne sia subito andato in secondo piano, sia perché nel frattempo sono venute fuori nuove notizie (Obama mi ama ma mi sta un po' togliendo la scena, diciamolo) ma soprattutto perché invece di parlare del problema della violenza sulle donne si parla del problema dei rumeni e del problema degli arresti domiciliari. L'impressione è che il problema della violenza sulle donne non esista. Non se ne parla e quindi non esiste.
E invece se ne dovrebbe parlare. Ed è qui che cominciano i problemi. Cosa dico? Speravo che qualche professionista avesse lasciato qualche traccia sul grande web, invece poco o niente.
Si aprono allora varie strade, da quelle personali, come la battuta del capo che dopo un incontro di lavoro con una donna mi dice che c'è poco da fare le donne intelligenti sono di solito bruttine, alle volte in cui hai fatto finta la notte di essere arrivata a casa infilandoti nel primo portone aperto perché da mezzora c'era un tizio in motorino che piano piano ti seguiva, a tutte le volte che sei stata palpata, a che se fai l'autostop allora vuol dire che ci stai, a dire che sei sposata perché se no ti devono corteggiare per forza, a scegliere le strade più illuminate e frequentate, a che lo sai che loro fisicamente sono più forti, a che se racconti queste cose all'amico maschio ti dice che la fai troppo lunga (probabilmente perché l'amico maschio davvero ti considera alla pari, cioè una persona, per fortuna, ma però non capisce e non parlandone si continua a non capire). A quelle più generali, dalle bambine abbandonate in India, agli aborti se è femmina, all'infibulazione, agli stupri etnici, alla discriminazione sul lavoro, ai problemi delle donne in certi paesi musulmani, alla prostituzione, al turismo sessuale, alla violenza domestica, cioè dell'amico, del compagno, del padre, che è molto più frequente di quella per le strade, e così via che altre ora non me ne vengono in mente ma ci sono. Ci sono. E se ne parla troppo poco anche quando avvenimenti di cronaca eclatanti come quelli di questi giorni dovrebbero violentemente stimolarli.
Allora parliamone.

26.1.09

Anche Favreau ti ama

Obama (insieme a Jon Favreau, naturalmente, quel tizio di 27 anni che scrive i discorsi per il nostro) ti scrive un bellissimo post nel giorno del terzo anniversario del tuo blog.
E così raccatti anche un mucchio di commenti.
Perché il post appassionante e emozionante c'è, nel giorno del terzo anniversario del tuo blog.
Però tre post in un solo giorno, forse sono già un record.
Forse valgono come post appassionante e emozionante.
Ma poi Internazionale mi farà causa?

Hey Miss Vitt

Una volta c'era Miss Vitt che ci insegnava modi di dire in inglese. Ecco, oggi, nel giorno del blogCompleanno la voglio ricordare.
Perché ho imparato una nuova parola inglese che mi piace un casino: BOMBASTIC.
Vuol dire, tra l'altro, pomposo nel modo di scrivere o parlare.
BOMBASTIC.

Pronti per la materna


Andata e Ritorno, A/R per gli amici, oggi compie 3 anni.
Presto le riflessioni sul senso della blogVita e i blogFesteggiamenti. Oggi del resto è lunedì, non si poteva che rimandare.
I regali però sono ben accetti, soprattutto perché è lunedì.

23.1.09

Douglas Gordon


Self-portrait as Kurt Cobain, as Andy Warhol,
as Myra Hindley, as Marilyn Monroe,
1996
(Da wikipedia)

E' un tizio che studio.

Se Obama ci amasse...

Nel suo primo giorno da President-of-the-USA, Obama ha firmato il decreto per chiudere Guantanamo entro l'anno.
La frase mi sorge spontanea:
Obama ti ama. Obama risolve il conflitto d'interessi.
(Magari poi quelli di Internazione si accorgono di me e mi assumono per inventargli gli obamatiama)

The millionaire


Danny Boyle Danny Boyle.
Trainspotting fu una genialata.
The beach, mi dimentico in continuazione che l'hai fatto te.
Con 28 giorni dopo, ti sei un po' ripreso.
Millions, bah, carino.
Gli altri non li ho visti
The millionaire, traduzione italiana di Slumdog millionaire, ti becchi 10 candidature all'Oscar. Complimenti. Ma, Danny Boyle Danny Boyle, a me non è piaciuto un granché. Hai fatto questo film in stile Bollywood con storia d'amore, bassifondi, riscatto dello sfortunato, delinquenza, sangue, soldi, poveri bambini, cattivi veramente cattivi, prstituzione, tradimenti (mi sono dimenticata qualcosa?); ma perché? Non mi è sembrato di vedere né una presa in giro anche bonaria, diciamo, dei film indiani né una specie di omaggio agli stessi film, nonostante sia girato in India, ci siano solo attori indiani, e la storia sia abbastanza assurda. Non ho capito neanche tutte quelle inquadrature oblique. Ed è troppo lungo.
Scusa ma qualcuno te lo doveva dire, ora che ti stai montando la testa come non mai per tutte quelle candidature. Ma ho la cura per te: tutte le sere, dopo il pasto, riguardati per favore Trainspotting.
Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxi-televisore del cazzo. Scegliete lavatrice, macchina, lettore cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza sulla vita. Scegliete un mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici, scegliete una moda casual e le valigie in tinta. Scegliete un salotto di tre pezzi a rate ricoperto con una stoffa del cazzo, scegliete il "fai da te" e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate con schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, tirare le cuoia in uno squallido ospizio, ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi, scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos'altro...
Ma qualcosa m'è piaciuto nel film, e te lo voglio dire così non ti butti troppo giù: quando citi te stesso, e Trainspotting in particolare; sulle colonne sonore sei ancora forte; il balletto bollywoodiano dei titoli di coda e i titoli di coda stessi.
Su via, non te la prendere.
Baci e abbracci,
Sburk

PS: Anthony Lane, il critico cinematografico del New Yorker, non te lo vorrei dire, ma è d'accordo con me. Leggi.

22.1.09

Intervento divino, Private


Qui a Pisa c'è l'Arsenale.
Evviva l'Arsenale.
E' un cineclub, piccolino, in centro, a Pisa.
Quando andavo a scuola ci passavo le giornate, quattro film di fila non credo di averli mai visti, ma forse tre, sì. A quel tempo, in cima al vicolo c'era anche un negozio che vendeva caramelle e dolciumi vari, da grossi barattoloni di vetro. Preistoria. E noi facevamo una corsa tra un film e l'altro. Ora c'è un'agenzia immobiliare al posto di quel negozio.
A quel tempo all'Arsenale incontravi sempre qualcuno che conoscevi. Certe volte anche il tizio di scuola che non sapeva neanche della sua esistenza e che ci morivi dietro, e allora il film non ti accorgevi neanche di cosa parlava, per due ore ti chiedevi se ti stava guardando, oppure a seconda della postazione non guardavi il film guardavi lui. Ora succede raramente, molto raramente, di incontrare uno che conosci, uno che ci muori dietro poi, non succede neanche per sbaglio.
Ma l'altro giorno è successo. Ho incontrato una che conoscevo. Pure simpatica.
Intervento divino è del regista palestinese Elia Suleiman che appare anche come attore. E' un bel tipo. Con un nocciolo di albicocca lanciato casualmente dall'auto fa saltare in aria un carrarmato. Chi non ha mai desiderato un potere simile? Ma il suo film è pieno di super eroi: c'è una combattente palestinese che si trasforma in ninja, lievita, ed ha la meglio su qualche soldato israeliano; un'altra donna, col solo potere della sua bellezza e del suo sguardo piega una torretta ad un check-point israeliano; c'è anche babbo natale che scorrazza col suo sacco di regali su e giù per le colline ma che nonostante i suoi poteri fa una brutta fine. Intervento divino è fatto così, non c'è una narrazione, varie scene più o meno collegate tra loro, con dei dialoghi, pochi, fantastici in tutti i sensi del termine. Elia Suleiman sceglie di tenere la telecamera quasi sempre fissa, e i suoi personaggi entrano e escono da quel riquadro. Chissà poi dove vanno? Elia Suleiman è diventato il mio nuovo mito, qui c'è una cosa che ha scritto su Edward Said (per chi non lo sapesse uno dei maggiori conoscitori della questione palestinese, professore alla Columbia University, morto non molto tempo fa). Elia Suleiman ha fatto un corto di 15 minuti intitolato Cyber-Palestina che racconta di Giuseppe e Maria dei giorni nostri che cercano di passare la striscia di Gaza per raggiungere Betlemme. Lo voglio.
Private, è di Saverio Costanzo. Figlio, ma non sembra proprio. Intanto è pieno di capelli. L'avevo già visto, il film, ma non me lo ricordavo. Film angosciante, una delle altre cinque persone nel cinema a un certo punto si è alzata e se n'è andata. L'ho capita. Peccato non aver incontrato nessuno quel giorno al cinema, gli avrei stritolato le mani, le braccia, gli avrei detto qualcosa tipo "Oddio ora la scoprono; oddio ora l'ammazzano", ma ero sola, su tutta la fila di poltrone. Il film si svolge a Gaza, in una zona isolata, in una casa di una famiglia palestinese, nella quale una notte irrompono alcuni soldati israeliani che vogliono la casa per sé. In realtà il film è girato nella Locride, ma gli attori, bravi soprattutto il padre della famiglia palestinese, sono tutti palestinesi e israeliani.

Intervento divino


Ieri ai miei vicini di casa, che non sopporto in generale, e in specifico perché prendono a calci le biciclette che vengono appena appena appoggiate al muro della loro palazzina, il mio grande sogno è raccattare tutte le bici sfatte della città e una notte appoggiargliele tutte al loro muro, oppure dipingere delle biciclette sul loro garage (non sarebbe vandalismo sarebbe arte) e perché siccome non hanno niente di meglio da fare sono sempre all'erta per un parcheggio libero nel raggio di un metro e mezzo da casa loro per le loro due macchine, io un posto non solo davanti casa ma nella mia strada lo trovo quattro volte l'anno, di solito ad agosto, e non contenti usano un permesso per handicappati della madre di lui morta un paio di anni fa, insomma, ieri, un balordo che diceva di essere un ex colonello dell'esercito, alle tre del pomeriggio, mentre guardavo la terza serie di 24, che mi sta prendendo meno, gli ha pisciato sul portone. Lo so perché i due vicini, marito e moglie, hanno urlato allo scandalo per mezzora su e giù per la strada.

20.1.09

Il potere del sogno?

La diretta della CNN on line dell'insediamento di Barak Obama è fatta su Facebook. Con i Facebookini che mandano i loro commenti.

Il programma elettorale

Sto seguendo l'insediamento di Obama alla Casa Bianca sul sito di La Repubblica e c'è un tizio che ha mandato il seguente messaggio:
"Speriamo solo che Barak Obama faccia luce sul mistero UFO (o almeno questa è la prima cosa che farei io da Presidente degli USA)."
C'è anche il suo indirizzo di posta elettronica se gli volete scrivere.

Quando il nome fa la differenza

Dopo la fantastica rubrica di Internazionale che si chiama Obama ti ama - alcuni esempi sono, Obama viene a guardarti il gatto quando vai in vacanza; Obama ti ha mandato il primo sms di auguri a capodanno; altri esempi partoriti stretti stretti in una macchina che andava verso la Puglia sono stati Obama guida fino a Mesagne; Obama nel sedile di dietro non occupa spazio; Obama al self service dell'autogrill ti tiene il tavolo mentre te prendi da mangiare - ora vengo a sapere che in USA viene chiamato, per la sua perenne calma in qualsiasi situazione, ObamaNoDrama.

19.1.09

Sul perché uno si fissa con le traduzioni dei titoli dei film

“Aiuto, sono musulmani, scappiamo”. The Millionaire è uno dei più bei film della stagione. Ma nell’originale quella frase era: “Sono musulmani, prendeteli”. Esattamente l’opposto della traduzione. “A parlare è un aggressore, non un aggredito. E la differenza è sostanziale, enorme”: ad accorgersene è stato Andrea Pomini, giornalista e dj, che per primo ne ha scritto sul suo blog. La storia del cinema e della letteratura è ricca di sviste ed errori di traduzione, spesso esilaranti, di solito commessi in buona fede. Più grave è quando questi errori capitano in altri contesti, per esempio in campo politico o diplomatico. Il piccolo incidente di Millionaire sottolinea il ruolo decisivo di chi traduce, e più in generale di chi svolge una funzione di mediazione tra lingue e culture diverse. Ma soprattutto è un esempio da manuale di come i pregiudizi e gli stereotipi che abbiamo tutti noi condizionino e orientino la lettura, e quindi la comprensione, del mondo che ci circonda.
(Giovanni De Mauro da Internazionale n. 778/2009)

17.1.09

Mal comune mezzo gaudio

Mi ha detto un tizio di una certa età con fior fior di laurea e specializzazioni, una posizione rispettabile e più di 400 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali che è molto frequente che le donne non sappiano istintivamente distinguere la destra dalla sinistra. Nel senso della mano. Io, per esempio, e la cosa mi rincuora.
Il tizio però è un po' maschilista.

Facebook? No grazie

Perché io, sogno.
Stanotte ho sognato un'amica che non vedevo da tantissimo tempo. Le ho mandato un sms.
- Ehi ti ho sognata, che ci si incontrava di sfuggita. S
- S chi?
- SB.
- Che bello, con calma ti chiamo.

15.1.09

Sotto le bombe, Il giardino dei limoni


Qui a Pisa c'è l'Arsenale.
Evviva l'Arsenale.
E' un cineclub, piccolino, in centro, a Pisa.
Quando andavo a scuola ci passavo le giornate, quattro film di fila non credo di averli mai visti, ma forse tre, sì. A quel tempo, in cima al vicolo c'era anche un negozio che vendeva caramelle e dolciumi vari, da grossi barattoloni di vetro. Preistoria. E noi facevamo una corsa tra un film e l'altro. Ora c'è un'agenzia immobiliare al posto di quel negozio.
Ma l'Arsenale, in questi tempi difficili, resiste. Anzi, prende anche un'altro cinema, più grande, dove fa solo prime visioni, il Lumiére.
Evviva il Lumière.
Il programma dell'Arsenale per questo inizio 2009 comprende alcuni film che raccontano la questione mediorientale, la rassegna si chiama Per la pace in medioriente, ed io come inviata di A/R farò i salti mortali per vederli tutti.
Ed ecco i primi due:
Sotto le bombe, di Philippe Aractingi. Bello. Pesante. Girato praticamente subito dopo la guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah in Libano. Soprattutto film ma anche un po' documentario. Gli attori fanno davvero gli attori, però questi due personaggi, una madre che cerca il figlio piccolo e il tassista che l'accompagna tra le macerie dei villaggi del sud del Libano, nelle scuole, negli ospedali, ai funerali delle vittime, in fondo alle strade interrotte dai crateri delle bombe, parlano, abbracciano, piangono insieme persone vere. Anche le bombe sono vere, fanno un rumore assordante. Anche il paesaggio è vero, bello perché il Libano è bello, tremendo perché c'è stata fino a due giorni prima una guerra, tremenda. E questo miscuglio di finzione e verità non ti lascia per niente indefferente, stai lì dentro il film, stai male. Stai male, perché vedi chiaramente gli effetti della guerra, capisci che sono veri, che quelle persone lì sono vere come anche quelle nelle casse da morto. Lo capisci molto di più che guardando le notizie e le immagini al telegiornale. Perché? Perché a quelle ormai siamo troppo abituati? Pare che il regista non abbia inventato niente di nuovo, è stato infatti chiamato in causa il neorealismo italiano. Il film non difende nessuno, non chiama in causa i protagonisti di quella guerra, gli israeliani e gli hezbollah, non prende posizione lì; ma sicuramente prende posizione sugli effetti di una guerra.
Il giardino dei limoni, di Eran Riklis. Ancora all'Arsenale non c'è stato, ma per avvantaggiarmi sui tempi sono andata a vederlo in un cinema normale. Cosa non si fa per A/R. Molto diverso da Sotto le bombe. Molto più film. Si svloge questa volta in Israele, al confine tra Cisgiordania e Israele, ed i protagonisti sono da una parte i nuovi inquilini di una villa in terra israeliana, lui ministro della difesa, e la da sempre inquilina di una casa e campo di limoni in terra palestinese. Inutile che vi dica che i vicini avranno delle incomprensioni. Probilmente, causa la non-ho-parole situazione a Gaza dall'inizio dell'anno sono uscita dal film arrabbiata. Forse perché la storiella semplice semplice che racconta è metafora del conflitto israelo-palestinese senza speranza di soluzione. Forse perché questa storiella semplice semplice però non basta a rappresentarla la situazione israelo-palestinese, che è complicatissima e sanguinosa. Non so, sono ancora qui che ci penso, magari poi mi commento. Interessanti sono le figure femminili: sia da una parte che dall'altra sempre agli ordini degli uomini. L'attrice protagonista è la stessa del film L'ospite inatteso, si chiama Hiam Abbas, ed è bravissima e bellissima. Il film è prodotto anche dal ministero della cultura israeliano o qualcosa del genere, ed ha vinto vari premi israeliani.

Lavori in corso


mmm... credevo di aver trovato il sistema di mettere una playlist sul blog, invece era un calesse, ma poi ci studio meglio.

13.1.09

Piccola e sbrigativa rassegna stampa

Questo articolo su The Guardian dice che alti funzionari delle Nazioni Uniti stanno chiedendo che venga fatta un'indagine internazionale su Israele per crimini di guerra e che ieri è stata approvata una risoluzione del dipartimento dei diritti umani delle Nazioni Uniti che condanna l'offensiva israeliana per forte violazione dei diritti umani. C'è tuttavia molto scetticismo sulla effettiva esecuzione di tale indagine, dato che anche in passato Israele ha ignorato risoluzioni ONU con l'appoggio degli Stati Uniti.
Questo articolo su The New York Times dice che la popolazione di Israele è compatta sulla giustezza e la necessità di questa guerra, che le dimostrazioni di dissenzo sono minime, che è soprattutto colpa di Hamas se vengono colpiti i civili. Dice Moshe Halbertal, professore di filosofia alla Hebrew University e tendente politicamente a sinistra: "C'è Al Jazeera davanti all'Ospedale Shifa con i feriti che arrivano; e si ha l'impressione di questo grande Golia che sta schiacciando questa povera gente, vengono percepiti come vittime. Ma dalla prospettiva israeliana, Hamas e Hezbollah sono veramente la punta di una più grande minaccia imvisibile. Gli israeliani si sentono come un piccolo Davide che deve affrontare un immenso Golia musulmano. La questione quindi è: chi è qui Davide?"
Questo post su Ico e i suoi gattai mostra un articolo e un video dei giovani obiettori di coscienza israeliani. In Israele, dopo le scuole superiori, tutti, maschi e femmini, hanno il dovere di fare il servizio militare e vengono impiegati nelle guerre; se si rifiutano gli viene fatto un processo e vengono messi in prigione per un periodo di 20-30 giorni, poi gli viene fatto un nuovo processo, e vengono di nuovo imprigionati, fino a quando una delle due parti, l'obiettore o l'esercito israeliano, non si stufa.
Questo è un articolo dello scrittore Mario Vargas Llosa pubblicato su La Stampa, proveniente da El Pais.

12.1.09

Un blog socialmente utile

Abbiamo visto per voi The Station Agent (vedi sotto, L'ospite inatteso): sì, carino pure quello. Carino.

9.1.09

E luce fu!



Foto di Jeff Wall all'interno di una sua mostra alla Tate Modern.

Filosofia


Ultimamente frequento spesso questo sito (forse è un blog, forse no), dove ho trovato pure questa foto.

8.1.09

L'ospite inatteso


The visitor, in inglese.
Tom McCarthy, il regista, ha tutta la mia stima. Nei due film che ha diretto, questo e The station agent (del 2003 e di cui si parla proprio un gran bene), c'è almeno un attore dell'amata serie Six Feet Under. Nel primo c'è Patricia Clarkson, che in 6FU faceva la sorella hippy di Ruth Fisher, madre della famiglia dei famosi becchini. In L'ospite inatteso, c'è Richard Jenkins, il padre Fisher morto nella prima puntata.
Richard Jenkins, anzi, è il protagonista. Ed è formidabile, secondo me. In 6FU, in cui, sottolineo, faceva il morto, era allegro, scansonato, burlone, rumoroso. Qui, in cui fa un professore universitario di economia, è monotono, depresso, antipatico, immobile.
E quelli intorno a lui, invece, sono bellissimi: prima la giovane coppia, lui siriano e lei senegalese, e poi la madre del siriano.
Il film si svolge per lo più a New York, e contiene tutti quegli elementi che lo renderebbero più che prevedibile: la grande metropoli dove tutto può accadere, la musica che unisce, la diversità che è ricchezza, il terzo mondo che ha più anima, le conseguenze dell'11 settembre. E infatti prevedibile è. Però, come ho letto in una recensione, riesce comunque a sorprenderti.

6.1.09

Palestina, di Joe Sacco

Una storia di amore e di tenebra, di Amos Oz


"Nella vita degli individui e anche dei popoli, i conflitti più tremendi sono non di rado quelli che scoppiano fra due perseguitati. Solo nella pia illusione di alcuni cenacoli romantici i perseguitati e gli oppressi di ogni sorta si uniscono spinti da un moto di solidarietà e procedono schierati insieme per combattere contro il crudele tiranno. In verità, due figli di un padre padrone non sono necessariamente solidali fra loro e non sempre la comunanza di destino li avvicina. Capita non di rado, infatti, che l'uno scorga nell'altro non un fratello di sorte bensì proprio l'immagine terrificante del comune persecutore.
Forse stanno proprio così le cose fra ebrei e arabi, da un centinaio d'anni.
L'Europa che ha infierito sugli arabi, che li ha umiliati infliggendo loro l'imperialismo, il colonialismo, lo sfruttamento e l'oppressione, è la stessa Europa che ha perseguitato e oppresso anche gli ebrei, a alla fine ha permesso, quando non collaborato, che i tedeschi li eliminassero dal continente e li sterminassero quasi tutti. E invece gli arabi quando ci guardano non vedono un gruppo sparuto di sopravvissuti mezzi isterici, bensì un nuovo, supponente, emissario dell'Europa colonialista, sofisticata e sfruttatrice, tornata con l'astuzia in Oriente - questa volta sotto spoglie sioniste - per riprendere a sfruttare, opprimere, infliggere. Mentre noi, dal canto nostro, quando li guardiamo non vediamo delle vittime come noi, non dei compagni di malasorte, bensì dei cosacchi bramosi di pogrom, degli antisemiti assetati di sangue, dei nazisti mascherati: come se i nostri persecutori europei fossero arrivati qui in terra d'Israele, avessero indossato la kefijah, si fossero lasciati crescere i baffi ma fossero pur sempre loro, i nostri assassini, sempre e solo ansiosi di sgozzare ebrei per puro diletto."