12.2.09

Citizen Kane




La piccola sala del Cinema Arsenale si riempie. Tenere prenotata una poltrona per il ritardatario non è possibile, una signora distinta non accetta giustificazioni e si siede sul giacchetto messo lì apposta per tenere occupato il posto. Altri, meno fortunati o meno aggressivi, rimangono in piedi appoggiati al muro o seduto sul parquet. Quelli dell'Arsenale, ci sono tutti i soci storici, tirano fuori anche la telecamera. Ed ecco che arriva il divo, puntualissimo. Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale, e storico dell'arte emerito. Voci di corridoio dicono che per l'articolo sul catalogo della mostra di Bill Viola tenuta a Roma si sia fatto pagare uno sproposito, mi chiedo se e quanto si sia fatto pagare per questo suo intervento all'Arsenale. Secondo me niente. Settis arriva con la sua bella presentazione in power point (userà un mac o un comune pc, secondo me un mac) e nessuno dell'Arsenale pare sappia usare il programma (?!?) e quindi l'emerito chiede l'aiuto del pubblico. Noi sprofondiamo nelle nostre poltrone come non facevamo dai tempi delle interrogazioni di fisica al liceo (oddio Pi è un fisico, magari lui sprofondava per quelle di latino). Ma qualcuno si fa subito avanti, probabilmente qualche normalista che non può esimersi, il Settis gli avrà dato uno sguardo significativo che solo se sei normalista conosci. Lo spettacolo quindi ha inizio.
Settis ci tiene subito a precisare che lui non è esperto di cinema e quindi non parlerà del film, ma parlerà di Hearst Castle. Come si sa, per il protagonista di Citizen Kane, Wells prende spunto (lo ricalca ben bene, in realtà e infatti Wells ebbe non pochi problemi) dal magnate dell'editoria americano di inizio 1900 William Randolph Hearst ed il film inizia e finisce nella dimora favolosa di Kane, Xanadu, che a sua volta prende spunto (la ricalca ben bene, altroché) dalla dimora di Hearst, Hearst Castle appunto.
Uno storico dell'arte del vecchio continente davanti e dentro Hearst Castle può avere, secondo me, due reazioni: vomitare o divertirsi. Settis sceglie la seconda e addirittura si prende la briga di datare meglio, individuare la provenienza e trovare il compagno di una cassa di quelle usate per la dote. Venivano sempre in coppia, dice. Insomma, a Settis il castello piace e ci ritorna anche più volte facendosi dare anche un permesso speciale per girarselo a suo piacimento. E in effetti, se uno supera lo shock iniziale, o decide di prenderla subito a ridere, cioè se uno supera le zebre nel parco, supera le due torri che volevano essere ispaniche ma che in realtà sono state copiate sì da un edificio in Spagna, ma non da una chiesa, da una moschea, la torre originale era un minareto, se uno supera le varie copie di copie, come un David di Donatello in cima a una fontana di pietra, supera le copie di statue romane, che poi in origine anch'esse erano copie di statue greche, accostate a portali rinascimentali, supera le bandiere delle contrade del Palio di Siena nella sala da pranzo, supera il potpourri delle bifore, trifore, e balconcini veneziani (tutti veri, mica rifatti) appiccicate qua e là sulle pareti dell'edificio principale, super l'idea che uno viene in Europa e si porta via un soffitto di 55x12 metri, Hearst Castle è piena zeppa di opere d'arte, come ad esempio una delle più grandi collezioni di vasi greci, un dipinto forse di Duccio, un mosaico originale sul pavimento d'ingreso, per citare solo quelli che mi vengono in mente adesso.
Insomma Settis ci dice, se vi capita andateci, ne vale davvero la pena.
Hearst Castle è anche in un bel posticino, a metà strada tra Los Angeles e San Francisco, su delle verdi colline che guardano il mare.
Ma se proprio da quelle parti non ci passate, almeno guardatevi questo filmato per farvene un'idea perché non credo abbiate capito la potenza di Hearst Castle.
La cosa che a me è piaciuta di più è stata la piscina coperta, io non avrei problemi a superare le statue greche? romane? che la circondano insieme ai lampioncini e tuffarmici.
Citizen Kane? Il solito capolavoro che non mi stanco mai di guardare.

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