30.12.10

Ehi 2011!

Lo fa Internazionale e io copio. Anch'io ho chiesto a tutta la redazione di esprimere i desideri per l'anno nuovo (sburk all'occasione si fa schizzofrenica).

Imbiancare le pareti della camera dell'exco se l'exco ci stacca i poster, i disegni, i sottobottiglia, gli adesivi, i ritagli di giornale, i calendari. Prendere coraggio e cominciare a studiare per l'esame di letteratura italiana, dare l'esame, passarlo. Laurearmi. Mettere i soldi da parte per un viaggetto in Australia. Viaggiare comunque, tutte le volte che è possibile. Fare dello sport. Sì, la piscina, ma poi ho freddo e non ci vado. Danza africana? Cambiare ma non troppo il layout di questo blog. Cambiare il lavandino rotto da una vita e lo sciacquone che funziona male anche quello da una vita. Fregarsene, difficile questa. Andare alla gita del Gorgona. Fare le vacanze sulla Blues Boat succeda quel che succeda. Lavare i vetri del salotto. Che splenda un po' di più il sole, e basta con questo grigio che non aiuta manco per niente. Imparare a usare la macchina fotografica che forse mi regalo. Cambiare lavoro e aprire quel barrino sulla spiagga laggiù (sono desideri no, vamos a delirar come disse qualcuno). Fare il cacciucco. Andare a Pompei che non ci sono mai stata. Ma anche a Pienza. Darmi retta. Andare ad Arles per la mostra fotografica. Non perdermi tutte le mostre a due passi come ho fatto quest'anno. Andare di più al cinema. Lavare i piatti sempre dopo tutte le volte che mangio (certo, come no). Trovare una soluzione ai cd impilati per terra. Staccare quel cavo penzoloni del telefono che tanto non serve a nulla, credo. Riparare qualche presa elettrica. Stavo per dimenticare, la pace nel mondo.
E voi?
Buon anno a tutti, ci rivediamo lì.

L'ultimo exco dell'anno

http://todayspictures.slate.com/20110104/

Sburk osserva amorevolmente exco mentre riempie la tracolla arancione degli oggetti che gli serviranno nel pomeriggio. Libri soprattutto (magari sono quelli dell'ikea che dentro hanno le pagine bianche), tra cui un Kerouac lungo a questo punto a finire. Sburk lo osserva e pensa a tutte le nuove punizioni che negli anni si è dovuta inventare, alle ore passate al tavolo a fare matematica, a rifare matematica perché mai nella vita avrebbe voluto avere a che fare di nuovo con la matematica, tanto meno con le professoresse di matematica che dicono è tutto inutile mandare exco a ripetizione; ripensa a quel desiderio di exco per un paio di jeans neri armani per andare in discoteca e come sburk abbia cercato di mantenere la calma spiegandogli che stava pagando una firma ma non ce l'aveva fatta e aveva fatto il consueto giro a piedi dell'isolato fumando due o tre sigarette di fila; ripensa alla seconda bocciatura soprattutto, ai libretti delle giustificazioni strategicamente smarriti, all'auto da andare a riprendere una fredda mattina di gennaio al carrattrezzi.
Sburk: Ma quella nella tracolla è la scatola del tè?
Exco: Sì.
Sburk: E che ci fai?
Exco: Mi ci faccio un tè più tardi. Siamo a casa del nosa che è vuota.
Sburk: Ah.
Exco: Ma te lo riporto.
Sburk: OK.
L'exco beve tè verde e mangia il sushi.

29.12.10

Mesangeles


Per prepararmi psicologicamente alla partenza il menù del pranzo prevede pasta con i rapini, di orecchiette la mia dispensa è carente, nella speranza certezza di mangiarne di più buoni laggiù.
Ai giorni di natale sopravvivo, sono tutti quegli altri che mi creano problemi, e partire è sempre un'eccellente soluzione.

Perdo tempo

28.12.10

L'esplosivo piano di Bazil



Che il titolo originale fosse un altro non era difficile da capire: Micmacs à Tire-larigot. Il mio francese è parecchio limitato e ho delle idee sul significato ma me le tengo per me. Comunque lo preferisco alla traduzione italiana.

Ma cosa farà Jean-Pierre Jeunet tra un film e l'altro?
Delicatessen è del 1990, La citta perduta del 1996, Alien - la clonazione del 1997 ma non l'ho visto, Il meraviglioso mondo di Ameliè del 2001, Una lunga domenica di passione del 2004. L'esplosivo piano di Bazil è del 2009 anche se è nelle sale italiane solo ora.
Secondo me Jean-Pierre Jeunet tra un film e l'altro fabbrica sculture con materiale reciclato, soprattutto di metallo. Secondo me Jean-Pierre Jeunet tra un film e l'altro si fa dei bei viaggi, a piedi come Herzog, e si ferma nelle piazze più frequentate carica i suoi robot meccanici reciclati e raccatta qualche spicciolo. E così, piano piano piano, prendendo tutto il tempo che gli ci vuole, trova le idee per il nuovo film.

24.12.10

Hark the herald angels sing


C'ho questa fissa per le ali, degli angeli in particolare.
Non sono certo la prima: Icaro, Wim Wenders...
Dalla galleria magnum di foto natalizie. Il resto qui.

23.12.10

Nel laboratorio di babbo natale/3

Il teatro del carretto - Biancaneve


Uno spettacolo a teatro all'improvviso.
Uno spettacolo a teatro inaspettato, in mezzora decido, vado, ma prima rovescio un bicchiere d'olio d'oliva extravergine splash per terra. Il gatto apprezza, non è toscano, gli dico io, è campano.
Uno spettacolo a teatro che non me l'aspettavo in pieno centro a Pisa mentre il resto del mondo là fuori corre a far regali.
Noi no.
Noi sulle panche del Teatro di Sant'Andrea al sicuro.
Uno spettacolo di teatro di pomeriggio durante la settimana quando a teatro ci vanno solo i bambini. I più grandi in età di elementari.
Lo spettacolo è Biancaneve.
Uno spettacolo a teatro fatto da un grosso armadio di legno pieno di ante, porte e porticine e arie di opere liriche. Il mio vicino a un certo punto ha mormorato La Butterfly.
Il mio vicino ha mormorato anche, accipicchia che piagnisteo.
E poi anche, ma come sono paurosi.
Dalle ante, porte e porticine escono la mamma di Biancaneve, i sette nanni su un tandem a sette posti, e la matrigna.
I sette nani, Biancaneve, il principe col suo cavallo, il cacciatore sono tutti burattini, piccolini e recitano la loro parte, grandi attori, tra le ante centrali aperte dell'armadio, tra sipari, quinte e scenografie complete.
Ma la matrigna, ah, la matrigna è in carne ed ossa. La matrigna è una tipa che non ha remore: davanti a tutti si mangia il cuore e il fegato del cinghialotto pensando invece che siano di Biancaneve. La matrigna è grande ed esce a sorpresa dalle grandi porte laterali dell'armadio con una maschera sul viso e poi due per non farsi riconoscere da Biancaneve e rifilarle nastri che strozzano, pettini e mele avvelenate.
Il mio vicino ha mormorato, certo come killer non era proprio bravissima.
Ma gli altri spettatori, quelli piccolini, che all'inizio dello spettacolo si erano sistemati nelle panche in prima fila, lasciando i genitori lontani sulle gradinate, e faccia all'insù hanno seguito la favola (è solo una favola ha mormorato il mio vicino), quando dalla porta laterale dell'armadio è uscita la matrigna, parrucca nera vestito rossa e maschera, burattino vivente a dimensione umana, non hanno mormorato. Hanno urlato. Hanno pianto. Nel buio sono corsi verso le gradinate alla ricerca della mamma o del babbo. Qualcuno si è fatto coraggio e in un primo tempo ha resistito. Ma la matrigna dalla porta laterale esce tante volte, e quando esce diventa tutto più buio e la musica più greve. Mamma andiamo via. Andiamo ora. Ho paura.
Esagerati, pensate. Guardate qui allora.
Ma poi tutto finisce bene, Biancaneve si riprende dalla mela avvelenata, non col bacio del principe ma lo sposa lo stesso; mentre la matrigna è condannata a ballare con scarpe di ferro roventi. Del resto, era solo una favola.

22.12.10

Un link tira l'altro

Quelli della Vitt che arrivano prima delle otto di mattina :
Questo video gira abbastanza online ma me l'ha dovuto dire lei: guardalo. Non è male.
Un'altro video. No comment.
E la vignetta che va col video.


E quelli del geko, cinquanta in trenta nanosecondi:
Alice nel paese delle meraviglie del 1903.
Se ikea facesse le istruzioni per qualsiasi cosa e concetto. Anche se non l'ho capito. Il che torna.
Sculture fatte con abiti dismessi.
L'immancabile gatto.

21.12.10

Nel laboratorio di babbo natale/2

Strategie

Ex-coinqui un po' lui un po' clone infila tre libri nella tracolla arancione.
Sburk: L'hai finito Kerouac?
Ex-co: Mi mancano una cinquantina di pagine e quest'estate si fa un coast to coast Pisa-Puglia.
Sorrido e penso che ora è un po' di tempo che ti mancano cinquanta pagine.
Penso che Ex-co clonato non ha proprio vita facile ad avere il sopravvento su Ex-co originale; ed io ne so qualcosa.
Ex-co schizzofrenico mi mostra The old man and the sea alzando il sopracciglio per poi infilarlo nella tracolla arancione.
Sburk: Ma ti porti dietro tre libri?
Ex-co: Faccio l'intellettuale.
Sburk: ...
Exco: Anzi no. A seconda della situazione scelgo e tiro fuori Ammaniti, Kerouac o Hemingway in lingua originale.

20.12.10

Nel laboratorio di babbo natale

Ruoli

L'excoinqui è appena tornato a casa per le vacanze e mentre preparavo il pranzo mi ha insegnato a togliere il calcare dal bollitore con l'aceto.
Impuzzando tutta la casa.

19.12.10

I'm dreaming of a white christmas

Ampiamente annunciata la neve è caduta in abbondanza sulla poco abituata Toscana mandando in tilt soprattutto i trasporti e soprattutto a Firenze. Sui lungarni sono apparsi moonboot e pellicce e paraorecchie.

Una passeggiata Caprona-Verruca-Nicosia
cielo finalmente azzurro davvero
la neve che scricchiola sotto gli scarponi
incontriamo solo impronte di cinghiale e di volpe
e si può far finta di essere in Finlandia da Babbo Natale
o in cima al Monte Bianco.





17.12.10

La tradizionale cena di natale di reparto

Inevitabile come ogni anno.
Io arrivata a dicembre cerco di far finta di niente, anche se poi tocca a me organizzarla. Credo sia scritto sul contratto: rispondere al telefono, fare gli ordini, inventare impegni immaginari quando non si sa dove il capo sia, attraversare metà ospedale anche con la neve per andare a prendere una risma di carta, sapere se il capo è di buon umore e in quale percentuale e se è il caso di disturbarlo o se sarebbe meglio scrivergli una email ma che faccio busso o entro e basta, avere a che fare con le tabelle in word fatte da altri, gestire i corrieri e i loro pacchi e un ascensore che per arrivare al primo piano ci vuole una chiave, trovare recapiti email di persone sparse per tutto il mondo, essere esperta della risoluzione delle immagini quando invece non ci si capisce una mazza, convincere le persone che il capo davvero non ha un cellulare e non sto inventando una scusa per non dartelo, tenere sotto controllo cartaigenica e funzionamento dello sciacquone, organizzare la cena di natale. Per fortuna non c'è scritto organizzare la cena di natale senza far arrabbiare nessuno.
Ecco, io arrivata a dicembre sto zitta zitta.
Poi però arriva uno, anche uno con cui ritengo avere un certo rapporto d'amicizia, che penso un po' mi conosca, e dice davanti a dei testimoni: allora quest'anno dove si fa la cena di natale?
Io c'ho provato, eravamo seduti all'ora di pranzo, ho mantenuto lo sguardo fisso nel piatto (probabilmente visti i tempi erano cavoli verza) e poi quatta quatta me ne sono andata.
Illusa.
Solita ottimista.
Tse' pensavo che la fiducia non gliela avrebbero mica data.
Quegli altri hanno continuato a parlarne e poi l'amico (continuiamo pure a chiamarlo così) mi ha scovata nella mia stanzetta e mi ha detto: allora la data potrebbe essere questa.
- Ma io non voglio.
- Dai sburk, si fa facile facile, si attacca un foglio in bacheca e chi c'è c'è.
Illuso. Pure tu.
Attacco il foglio in bacheca. Faccio le cose a modino: uso uno dei vecchi biglietti d'auguri di Bart. E aspetto che la gente si segni.
Ma la gente non si segna.
Devi andare lì di persona a dirglielo. E mica solo una volta. Cosa che io vorrei evitare perché tranne qualche rara persona normale che ti risponde con un semplice sì o un semplice no, il 75% delle persone che lavorano qui si dividono nelle seguenti categorie di risposta:
A) Non gli piace il posto.
B) Non gli piace il pesce.
C) Non gli va bene la data.
D) Conosce un altro posto quindi aspetta che si fa fare un preventivo.
E) Tizio viene?
F) Eh ma me lo dovevi dire prima. A noi di qua (reparto staccato) non ci dite mai niente.
G) Ma è lontano.
- Dai sburk, non ti preoccupare ci penso io.
L'amico invece di pensarci se ne va una settimana in montagna ma siccome a differenza del mio capo lui il cellulare ce l'ha, io lo chiamo regolarmente per insultarlo.
Comincio a venire a lavoro a testa bassa, occhiali da sole e parrucca bionda per non farmi riconoscere e arrivo miracolosamente indenne al giorno -4. Si sono segnati in 16, ma dovremmo essere 20, telefono al mio ristorantino di fiducia, prenoto, scelgo il menù, informo più o meno tutti e dico menomale che non siamo più di 20 altrimenti non c'era posto. E siccome è venerdì me ne vado a casa rilassata e tranquilla, con la coscienza a posto sicura di aver fatto del mio meglio.
Illusa.
Lunedì mattina scopro che c'è stato un colpo di stato. Da 18-20 siamo diventati 31 e quindi una persona di una categoria tutta sua (H. verrei ma per motivi che non vi sto a racconatre il ristorante deve essere al massimo a 5 minuti da casa mia altrimenti non posso venire, ma voglio venire, voglio fortissimamente voglio) venerdì ha sprenotato al mio ristorantino e ha prenotato in uno sotto casa sua.
- Sburk io ho provato a chiamarti ma non rispondevi.
- Mi hai chiamato? Io non ho visto nessuna tua chiamata.
- Ti ho chiamato a casa. Nella tua rubrica dove tieni tutti i numeri di telefono di tutto il mondo il tuo numero di cellulare non c'era.
Già, ora è colpa mia, penso.
Il mio cellulare qui a lavoro, certe volte purtroppo, ce l'hanno tutti. Secondo me anche la suddetta persona.
- Sburk, d'altra parte siamo diventati 31 e al posto che avevi scelto te a mezzora di macchina da casa mia non avevano posto. Sai sburk, viene anche la caposala che avevamo dieci anni fa e la Vitt dalla Germania. E poi quello studente laureato nell'85 ed anche un paio di pazienti della corsia. Cosa potevo fare.
- Hai fatto bene.
E lo dico sinceramente, anche se lei non mi crede e continua a elencarmi le persone che muoiono dalla voglia di venire alla cena di natale di reparto, e al prezzo stracciato che gli ha fatto quello del ristorante, e al pesce povero sì ma fresco e a quanto è facile arrivarci e come ci si parcheggia bene.
Hai fatto bene, provo a ripeterle, mi hai tolto la patata bollente di mano, non mi pare il vero.

15.12.10

Tre

...una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato,
la dignità fatta di vuoto,
l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione mai con il torto,
è un dio che è morto...
F.Guccini-Nomadi

Trovo queste parole alla fine di una email che mi manda cbp con la sequenza di foto con il finanziere che tira fuori la pistola e gli infiltrati con bastoni che poi diventano manganelli in mano durante la manifestazione di ieri a Roma.
Penso che le parole siano perfette.
Poi penso che la canzone è stata scritta nel 1965.
E allora non so più che pensare.

13.12.10

Il segreto dei suoi occhi


E' un film argentino del 2009 che ha vinto nel 2010 l'Oscar come miglior film straniero (battendo Il profeta). I film che di solito vincono questo premio non sono male. L'Oscar a miglior film straniero sembra una categoria tutta a sé rispetto agli altri premi Oscar. Mi sono sempre chiesta come mai. Nel 2009 vinse Departures, film giapponese di Takita. Nel 2007 Le vite degli altri, tedesco di von Donnersmark. C'è stato il sudafricano Il suo nome è Tsotsi e lo spagnolo Il mare dentro, sempre negli utlimi anni. Insomma tutti signori film.
C'era una certa aspettativa, ecco, per Il segreto dei suoi occhi.
Che, ahimè, è stata delusa.
Non so spiegare perché. Mi vien da dire che il film era lento, ma poi a me di solito i film lenti piacciono. Gli attori erano bravi, belli, i personaggi non comuni, saprattutto alcuni. C'era il mistero della storia raccontata, che avrebbe dovuto tenerti incollato allo schermo, creare suspense. C'era il finale davvero inaspettato. C'era il fascino dell'Argentina. Il fascino degli anni 70. Il fascino del continuo flashback. C'era la storia d'amore repressa. C'era il titolo al quale cerchi di dare un significato durante tutto il film. C'era un piano sequenza lunghissimo che però deve essere stato fatto in più riprese (anche se gli stacchi non si vedono) perché non capisco come una macchina da presa possa fare tutta quella strada lì in quel modo lì senza mai staccare. C'era una fotografia davvero molto bella. Inquadrature asimetriche. Primi piani tagliati. Messe a fuoco su particolari anomali. Un uso della luce spesso tendente all'ocra.
C'era tutto!
Forse troppo?
Boh.

10.12.10

Come mi va a dicembre

... nell'unico giorno dal cielo terso in tempo immemore.
Leggo Gianrico Carofiglio, l'ultimo sull'avvocato Guerrieri: Le perfezioni provvisiorie.
Ascolto Neil Young, l'album On the Beach. Neil Young non l'ho mai ascoltato un granché; non mi è mai piaciuta un granché la sua voce. Poi qualche giorno fa mi è capitato di sentire il pezzo On the beach dall'omonimo album. Ma è stato solo l'inizio perché è su See the sky about to rain che mi sono fissata, anche se oggi non c'entra un granché.

Notorious



Hitchcock.
1946.

Il film è famoso per due scene.
Per il bacio più lungo della storia del cinema almeno fino al 1946. A quel tempo i baci in un film non potevano durare più di 3 secondi, e l'astuto Hitchcock per ovviare al divieto fece davvero interrompere Cary Grant e Ingrid Bergman ogni tre secondi ma solo per bisbigliarsi cose all'orecchio o accarezzarsi affettuosamente, senza mai staccarsi dall'abbraccio.
L'altra scena è un'inquadratura ampia che parte dall'alto di una balconata interna e riprende tutto il salone sottostante dove Ingrid Bergman e Claude Reins stanno accogliendo gli ospiti. L'inquadratura scende fino ad inquadrare il particolare della mano che la Bergman tiene dietro la schiena e in cui nasconde una chiave.

9.12.10

LDPF


A Lucca come ogni anno c'è il Lucca Digital Photo Fest. E come ogni anno, almeno quando ci vado io, piove. Quest'anno però era prevedibile.
Sono 17 le mostre sparse tra i vari palazzi e chiese lucchesi. Il mio luogo preferito rimane sempre la ex-manifattura tabacchi.
Caratteristica di questa edizione è la larga maggioranza di donne fotografe tra cui l'invitata d'onore, Sandy Skoglund. Americana, nome a me sconosciuto ma di cui avevo già rivisto il suo Revenge of the Goldfish. Sua peculiarità è il non limitarsi al solo click ma costruire l'immagine prima di farne fotografia, costruire nel vero senso della parola, con le proprie mani e la cartapesta, il gesso, il legno, la cingomma.
Poi Donna Ferrato, anche lei americana, è a Lucca con due mostre: una sul quartiere newyorkese di Tribeca e l'altra, per la quale è soprattutto conosciuta, sulla violenza domestica sulle donne.
Le foto di Giorgia Fiorio, italiana, sono state scattate in 30 paesi diversi e riguardano l'individuo e la religione. Francesca Woodman, anche lei americana, ma che ha vissuto per un periodo anche in Italia, è presente con delle piccole foto soprattutto autoscatti.
Sara Munari ci mostra il mondo dei Rom a Lecco.
Tracey Moffat, australiana è presente con 3 video che attraverso collage di brevi scene di numerosi film ci racconta dell'amore, della rivoluzione e della dannazione.
Per concludere la panoramica femminile (qualcosa ho saltato) c'è un'ampia collezione di ritratti di Marilyn Monroe.
E citerò anche un uomo: Jan Saudek, di cui non saprei che dire, va visto.
La mostra termina domenica. Per vederla tutta a modino ci vogliono due giorni.

8.12.10

Urgente

L'ex-coinqui che in questi giorni è a casa per risolvere questioni di patente legate alla sua vita precedente mi ha comunicato di aver comprato un altro libro.
Solita pausa per superare il solito shock.
Il vecchio e il mare di Hemingway.
Pausa un pochino più lunga.
In inglese!
Pausa infinita.
Aiutatemi, vi prego.

6.12.10

Copycat

M'ispiro all'ultima ricetta del cavoletto.

Cipolla

Poi le patate

E il cavolo rosso che per smaltirlo lo metto un po' ovunque

La misteriosa verdura marziana

La aggiungo insieme al finocchio, tanto per cominciare a farla fuori, pure lei

E per un po' di colore termino con la carota. Sale, olio e masala
Secondo me è pronto.

4.12.10

Oggi è sabato domani non si va a scuola

Ieri sera Marco Baliani ha di nuovo riempito un piccolo teatro di cavalli con Kohlhaas, e se ne sono accorti tutti, non solo io.
Stamani ho finito l'ultimo libro di Niccolò Ammaniti, Io e te. Ovviamente non mi ha riempito d'allegria, ed erano solo un centinaio di pagine scritte grosse. Niccolò Ammaniti se ti piace ti piace tanto, non credo possa lasciare indifferenti. A me piace.
Un'amica da qualche tempo è tra i passeggeri, finché non cambia idea e chiude il blog. Affrettarsi.
La co-fondatrice di A/R invece mi ha accompagnato in bagno.

3.12.10

goddamnit

Minuto 1.56.
Il numero di Internazionale che esce oggi in edicola è praticamente tutto su wikileaks. Sul sito di Internazionale praticamente tutti i post sono su wikileaks, e c'è anche un'intervista ad Assange fatta a luglio 2010.

Marco Baliani - Frollo


Marco Baliani io una volta l'ho visto che non recitava. E' stato non molto tempo fa durante una conferenza. Io ero andata proprio a sentire lui, però rimasi colpita da un altro: Salvatore Natoli, un filosofo. Sembrava lui l'attore, non Baliani, e raccontava cose incredibili, parlava di greci, di arte, di realtà, di filosofia, di etica e io capivo tutto. Natoli faceva delle pause tra una frase e l'altra perfette, e guardava il pubblico con occhi luccicanti e coinvolgenti. La sua voce inondava la sala e sembrava debordare da dietro la scrivania. Fu una scoperta. Eravamo in quattro andati lì per Baliani e uscimmo entusiasti di Natoli.
Marco Baliani io una volta l'ho visto che non recitava. E' un uomo magro, non particolarmente alto e non particolarmente particolare. Ha una voce come tante, dice cose semplici e non gesticola molto.
Ma metti Marco Baliani su una sedia in mezzo a un palco vuoto, meglio se più vicino al pubblico; vestilo con pantaloni neri maglietta nera e scarpe nere di quelle che però se batti i piedi sul legno fanno rumore; digli che non si può mai alzare, che sia chiaro, mai; e lui ti fa vedere il mondo.
Marco Baliani ha le braccia più lunghe del mondo. Io non ho mai visto braccia così lunghe. Marco Baliani ha l'apertura alare di un aquila. Giuro, l'ho visto io ieri sera.
Marco Baliani ha il corpo fragile di un bambino di pasta frolla, con le mani e le braccia che si staccano così, facilmente, e le può regalare a chi ne ha bisogno. E anche così senza mani e senza braccia e seduto su una sedia, Marco Baliani riesce comunque ad arrivare al Capo di Buona Speranza e vedere per la prima volta il mare e correre su e giù sulla riva stando attento a non bagnarsi i piedi. Che sono fatti di pasta frolla, e se te li bagni, lo dice la mamma, sono guai.
Marco Baliani ha la faccia da mostro Girmi (qui sul nome mi sa che io e Daniela non siamo d'accordo - che poi è anche il nome della mia yogurtiera), con la bocca gigante, i denti appuntiti, la lingua lunga.
Marco Baliani ha il corpo della fata turchina, che qui è vestita di rosso, cammina con i tacchi, non esce mai di casa senza il rossetto, e si muove sulla sabbia tutta ondeggiante ooh là là.
Marco Baliani è una vecchietta, anche un po' dispotica, piena di rughe e con la gobba che passa le sue giornate a raccogliere granelli di sale.
Marco Baliani fa dei bigné, delle torte a sette piani, dei biscotti che il profumo ti resta nelle narici per tutta la sera.
Marco Baliani conclude il suo racconto delle favola Frollo lì sempre seduto su una sedia al centro di un palco vuoto, con un faro solo fisso su di lui, vestito con i pantaloni neri, la maglietta nera e le scarpe nere che fanno rumore dicendo "c'è un luogo dove tutti possono andare, il tempo".
Marco Baliani io la prima volta l'ho visto al dopo lavoro ferroviario di Cecina seduto su una sedia vestito di nero con le scarpe che facevano rumore. Faceva Kohlhaas e a un certo punto il circolo del dopo lavoro ferroviario era pieno di cavalli. Stasera lo rifa Kohlhaas, dalle parti di San Miniato, qui, e io non me lo vorrei proprio perdere.

2.12.10

E basta

Mario Monicelli si è semplicemente sporto troppo.
Si era dimenticato di dire una cosa alla sua compagna che era da poco andata via, si è sporto ed è caduto di sotto.
Vabbene?

30.11.10

Time



E' del 2006.
E' di Kim Ki-Duk. Quello di Ferro 3 e ancora prima Primavera, estate, inverno e ancora primavera.

La prima cosa che ho pensato è stato durante i titoli di testa ah che schifo e che menomale non sono al cinema ma a casa mia e sto guardando il film sul piccolo schermo del mio computer e che con una mano allargata davanti allo schermo e l'altra allargata sugli occhi (perché non è che posso proprio non guardare) posso coprire quest'operazione in diretta di chirurgia plastica.
Ho pensato che se lo avessi visto con Lafra sarebbe stata ancora più schifata di me e mi avrebbe stretto il braccio e commentato infastidita sulla nescessità di tali immagini. Dopo ce ne sono anche delle altre.
Poi ho pensato che i film del sud est asiatico, Corea, Hong Kong, Giappone, Cina etc sono proprio strani e forse è anche per questo che ci affascinano. Se sono fatti bene, certo, come questo.
Ho pensato che i film del sud est asiatico eccetera raccontano spesso storie d'amore tormentate e estreme e l'ho associato a quella cultura.
Poi ho pensato che lo facciamo anche noi: per esempio anche La donna della porta accanto del tranquillo Truffaut, ma anche La sposa turca, o l'italiano Primo amore. Le storie d'amore tormentate e estreme sono soggetti molto gettonati, si sa.
Quindi in Corea ci potrei anche andare. Anche se adesso non è proprio il momento giusto. Non che avessi questa gran voglia di andare in Corea, tra tutti i posti del mondo dove potrei andare. Ma non si sa mai nella vita.
Ho pensato che i film del sud est asiatico sono sempre visivamente molto belli. In questo ci sono una serie di scene girate in un museo all'aperto di sculture sulle rive di un lago o del mare, con la marea che scende e sale e circonda le sculture.
Ho pensato che se lo avessi visto con Lafra saremmo state a disquisire sul finale se tornava o no. E io dopo aver letto Truffaut che intervista Hitchcock finalmente so cosa rispondergli: la verosomiglianza non ci interessa, è un film.

I vinti

Suso Cecchi D'Amico

E' di Michelangelo Antonioni. Ma non fa venire in mente i film più famosi di Michelangelo Antonioni.
E' del 1953. Ma la voce fuori campo che introduce il film dice cose che si sentono dire ancora oggi.
Tra gli sceneggiatori c'è Suso Cecchi d'Amico, che è, era, un personaggio che mi ha sempre incuriosito: unica donna nella favolosa schiera di sceneggiatori che ha fatto la storia del cinema italiano del dopoguerra. Suso, c'ho messo un po' a capire se era femminile o maschile. Suso Cecchi D'Amico ha firmato anche le sceneggiature di molti film di Mario Monicelli e I Vinti, ieri sera, veniva proiettato proprio in omaggio a lei. Proprio ieri sera.
I vinti è un film in tre episodi che si svolgono in tre paesi diversi: Francia, Inghilterra, Italia. Ciascun episodio narra un fatto di cronoca in cui giovani commettono un omicidio per motivi futili. Magari non è uno dei grandi film del cinema italiano, ma sicuramente è senza pecche; senza pecche la regia, la sceneggiatura e con attori non famosissimi tutti bravi, compresi gli attori non protagonisti - anzi soprattutto quelli, ci ha detto Augusto Sainati che ha presentato il film.
Sono passati più di 50 anni, insomma, e I Vinti si fa ancora guardare.

Mario Monicelli








Il ricordo di Mereghetti. E quello di Curzio Maltese.

29.11.10

I links del geko/2


Una foto fa sempre piacere.
Un gatto non manca mai.
Due siti per viaggiare.
Per andare a vedere i sette musei che fanno più paura al mondo.
Sì, ma prima allacciati le scarpe, è passata la moda delle stinghe sciolte.
La saggezza di Calvin.
E quella di un getleman.
Come è andata veramente la fuoriuscita BP, altro che rivelazioni wikileaks.
Un film(ino) d'animazione 3D: La dama y la muerte.
Origami cosa vecchia.
Sì, sono d'accordo, un po' banale. Allora fammi questo!
Se proprio proprio non sapete cosa leggere.
Un sito. Un altro? . Ma l'ultimo.

25.11.10

Errata corrige

Certe volte Ex-co clonato lascia libero Ex-co originale.

Sburk: Ciao, che fai? Anzi no, non lo voglio sapere che magari mi racconti che sei stato a sentire un coro di canti gregoriani e ti ha entusiasmato e quasi quasi ti fai frate.
Ex-co: Mumble.
Sburk: Ti volevo dire che la tua macchina fotografica non è rotta.
Ex-co: Ah no?
Sburk: No.
Ex-co: E come hai fatto?
Sburk: C'ho cambiato le pile dopo averle ricaricate.
Ex-co: Ehm...

E poi l'ho sperimentata su un pomodoro.

A giro (magari)

Le foto della manifestazione di Pisa contro la DDL Gelmini sono proprio belle, soprattutto quelle all'aeroporto, in tutti i sensi.
«Un popolo civile, quale noi siamo, dovrebbe menare questi studenti» Emilio Fede.
Emilio Fede aggredito a Milano. Ma è successo prima: aggressione preventiva?
Anche in Inghilterra gli studenti protestano. Altre foto.

24.11.10

Autocoscienza

L'ex-coinquilino legge, e da queste parti ancora non ci siamo ripresi.

Sburk: Ciao. Che fai?
Ex-coinqui: Leggevo.
Sburk: Ah!
Ex-co: Ieri sono passato in libreria.
Sburk: Uh!
Ex-co: C'erano un mucchio di libri col 30% di sconto.
Sburk: Eh!
Ex-co: Mi sono comprato On the road di Kerouac. Mi piace.
Bla bla bla tra Sburk e Ex-co sul libro cult.
Sburk: Sai Ex-co, certe volte penso tu sia un clone.
Ex-co: Certe volte lo penso anch'io.

23.11.10

Hitchcock


Tippi Hedren è la protagonista di Gli uccelli e di Marnie. Il suo personaggio in Gli uccelli si chiama Melanie. Tippi Hedren è la mamma di Melanie Griffith. Solo che Gli uccelli è del 1961, mentre Melanie Griffith è nata nel 1957.

I links del geko

The Great ESCape

Qui si rimette l'ego al suo posto.
Un po' inquietanti ma mi ci immergerei volentieri. Anche senza di loro.
Origami? Superato.
Risolto il problema del 2012.
Un po' di foto non fanno mai male. La prima l'ho capita solo dopo aver visto la seconda.
Creep dei Radiohead come non l'avete mai vista (non è Vasco Rossi).
Playlists per ogni occasione, il geko per esempio ci suggerisce quella per guardare fuori dalla finestra e ponderare quando fuori piove.
Un gatto non manca mai.

19.11.10

Non so

cosa succeda a Melbourne (hint hint) ma a Sydney fanno questo:



Si chiama The Face of Sydney e consiste nel mettere insieme tantissimi ritratti di uomini e donne di Sydney per ottenere alla fine una specie di riassunto dell'uomo e la donna della città australiana.
Via clickblog.

Albero senza ombra


Fa fatica a partire l'applauso alla fine dell'ultimo spettacolo di César Brie. La scena ormai è vuota, le luci si stanno abbassando come la musica e il riflesso dell'acqua, ma nessuno si arrischia a battere le mani; e non è solo il dubbio se lo spettacolo sia finito: dopo l'ultima scena pensi solo 'basta'.
Certe volte gli applausi alla fine sono liberatori, sono lunghi e rumorosi e ci si guarda e ci si sorride dopo l'ora, o quel che è, che siamo stati lontani, in silenzio, ad ascoltare, a guardare, a partecipare. Ci si ritrova. E si sorride anche a quegli attori che sono riusciti a portarci lì dentro, a farci sospendere l'incredulità, certe volte di più, certe volte di meno.
Alla fine di Albero senza ombra non ci si guarda perché siamo tutti ancora lì dentro al quel rettangolo di foglie secche dove sono successe le cose. Le parole, le immagini provocate non si scrollano di dosso facilmente. L'applauso alla fine di Albero senza ombra c'è ma è breve, è modesto, ed è lo stesso César Brie a fermarlo con un gesto delle mani per comunicarci che tutto quello che ci ha mostrato prima di arrivare in teatro era in forma di documentario, con i fatti, le interviste, i reperti medici, e c'è il DVD in vendita presso il fonico, e che tutto il ricavato andrà alle famiglie.
César Brie in realtà si merita il più lungo e fragoroso degli applausi.
Prima di tutto perché è bravo.
Perché in un'ora di spettacolo, da solo in mezzo al pubblico che lo circonda su tre lati del rettangolo, con qualche vestito da campesinos appeso a delle corde, uno da squadrista nascosto sotto le foglie, un secchio pieno d'acqua, delle noci brasiliane, e della farina gialla ti racconta cosa è successo un 11 settembre al mondo sconosciuto.
Secondo perché lui ce la racconta, la storia.
L'11 settembre 2008 a Pando, nella giungla boliviana si è consumato un massacro. Almeno 11 i morti accertati, centinaia di feriti, decine di scomparsi. Ma è difficile fare i conti perché tutto è stato taciuto, perché i referti medici sono stati falsificati, perché chi cerca di sapere e di informare è stato seguito, minacciato e picchiato. Come lo stesso César Brie.
Terzo perché ce la racconta bene bene.
In quel rettangolo di foglie da cui César Brie entra e esce si susseguono diversi personaggi. Quasi tutti morti. La maggior parte campesinos, qualche studente, ma anche un paio di squadristi, e anche lui stesso. In quel rettangolo - ade è una parola che viene ripetuta spesso - i morti rivivono e raccontano come non hanno mai potuto fare, né da vivi né da morti. I vivi raccontano come ancora non sono riusciti. E se i primi due personaggi arrivano leggeri, appartenenti a quel realismo magico tipicamente sudamericano che riesce a inglobare i morti nella vita di tutti i giorni, man mano che lo spettacolo prosegue, i morti, e i vivi certe volte anche di più, cominciano a pesare, a essere ingombranti, e quasi quasi hai paura che escano da quel rettangolo. E sicuramente ieri sera lo hanno fatto.
E applaudire alla fine è stata solo una formalità.

Albero senza ombra è ancora oggi e domani al Teatro Era di Pontedera.
Secondo me è da non perdere, e consiglio anche dopo una pizza da Nonna Ilva a Fornacette per digerire.

17.11.10

1 caviglia distorta

= 3 film.



Fish Tank, di Andrea Arnold è del 2009. Andrea Arnold è inglese e questo è il suo secondo lungometraggio. Anche il primo, Red Road del 2006, venne premiato a Cannes. La prima cosa che si pensa vedendo Fish Tank è Ken Loach. E' anche la seconda cosa che si pensa, e la terza e la quarta. Poi si pensa che non è poi così malaccio vivere in Italia e che in Inghilterra, in certi posti sono messi proprio malino. Subito dopo pensi anche che in certi posti qui in Italia probabilmente siamo messi uguale e anche peggio. Insomma, non è proprio un film allegro Fish Tank, anzi è il solito pugno allo stomaco tipicamente inglese; poi cerchi una foto della regista e ti riprendi. Scopri anche che Andrea Arnold ha fatto a lungo l'attrice, non nei film di Ken Loach ma nei programmi per bambini. Protagonista di Fish Tank infatti non è proprio una bambina ma un'adolescente di 15 anni di nome Mia, e Katie Jarvis che la interpreta è sorprendente. Katie Jervis non è un attrice professionista; una collaboratrice della regista l'ha vista in una stazione mentre litigava col fidanzato dalla piattaforma di un binario a quello davanti, le hanno fatto l'audizione ed è diventata la protagonista del film. Il film come faccio spesso, e ogni tanto me ne pento, l'ho scelto per il titolo. Non so bene cosa significhi ed in una intervista la Arnold giustamente dice di non volerlo spiegare così ognuno si fa l'idea che preferisce. Secondo me, si riferisce ai palazzi della periferia dove abita Mia con la famiglia che sembrano un po' degli acquari con tutte le persone/pesci dentro che ci si muovono.





Gli abbracci spezzati, di Almodovar è anche questo del 2009. Che è di Almodovar si vede subito: ci sono attori già rivisti, l'esagerazione di vestiti, parrucche, mobili, storie e in questo caso anche crocifissi. Gli manca però, e mi dispiace dirlo, la passione che c'è sempre nei suoi film. Anzi come tutto il resto, di solito è strabordante. Mi viene da dire che questo sia un film più che altro intellettuale, forse un film sul cinema. Pare che ogni regista che si rispetti prima o poi nella propria carriera debba fare un film che dimostri l'amore per il cinema. Infatti Gli Abbracci Spezzati è pieno di citazione dirette (anche a film suoi, come Donne sull'orlo di una crisi di nervi) e indirette: Rossellini, Malle, il protagonista è un regista che gira un film, ma si vede anche il doppiaggio, e un'altra cinepresa ancora che riprende tutto. Ma c'è qualcosa che non funziona, Almodovar potrebbe fare di meglio.





Cold souls, di  Sophie Barthes ed è del 2009 (sì, anche questo e non l'ho fatto apposta). Il protagonista è Paul Giamatti che è proprio bravo - mi hanno colpito le piccole espressioni di Giamatti, come certe alzate di sopracciglio al  momento giusto che ti chiedi come gli sia venuto in mente. Il cinema permette questo, a differenza del teatro: si vedono le cose piccole. Il film in sé è proprio originale; la storia è originale: divertente ma mai banale. Parla dell'anima, che, come dire, è un argomento sul quale si può dire tutto e niente. Cold souls lo fa con una notevole leggerezza, parla di anime come se stesse parlando di panini al salame o ceci, certe volte; altre volte ne parla come farebbe un poeta russo. Bella la fotografia e anche la cura dei dettagli. Nella colonna sonora c'è anche Lhasa.

Questa è la tua valigia?


Una tizia londinese si è fissata sulle valigie perse. Ogni tanto va alle aste di Heathrow e compra una valigia abbandonata, soprattutto per il gusto voyeristico di guardarci dentro. Poi le piacerebbe anche ritrovare il proprietario e rendergliela la valigia e i panni sporchi che ci sono dentro. Allora ha messo su un sito. Questo.

Francis Bacon

15.11.10

Dimmi come ti commentano...

Sburk: E commentami ogni tanto! Ecco!
Vitt: Hai raggione, ti commento in privato però.
Sburk: Evidentemente uno si trova gli amici tutti uguali, mi commentate tutti in privato, alcuni addirittura di persona!
Sburk: Ci scriverò un post.
Sburk: Il post si intitolerà dimmi come ti commentano gli amici sul blog e ti dirò chi sei.
Vitt: Ma nessuno te lo commenterà, lo sai vero?
Sburk: Ovvio

Risposta alla domanda chi sei:
un'altra che non commenta, quasi mai.

Cielo, il cielo

 E' stato grigio e nuvoloso tutto il giorno ieri. Fino a sera.

Casciana Alta

Big Bang Big Boom

Un'animazione murale di BLU.

Ecco la foto

14.11.10

Testa di cuoio

Il duo sardo-pisano è sceso in città, e ne ha conquistato il cuore: piazza golden cup.
La città tutta (o quasi) si è fermata ad ascoltare. Si narra che anche il sindaco un attimino si sia fermato uscendo da lavoro. Per l'occasione i Testa di cuoio hanno aumentato il loro repertorio, senza dimenticare i pezzi ormai classici, come Gavino e Lonza Patonza. Il pubblico ha gradito. Ha gradito anche le castagne e il vino offerto dagli organizzatori della serata: Imago.

Immagine di repertorio (di Mic).