30.1.10

L'ho quasi finito

"Ma il pericolo dell'odio è che, una volta cominciato a coltivarlo, hai cento volte di più di quanto ti aspettassi. Una volta cominciato, non ti fermi più. Non conosco nulla di più difficile da controllare dell'odio. E' più difficile smettere di bere che smettere di odiare. Ed è tutto dire."
Philip Roth. La macchia umana.

E' una vita che non leggo Internazionale

internazionale 29 gennaio 2010

Le regole: caccia alla volpe

volpe1. Se sei nobile da meno di sei generazioni, il massimo che puoi fare è strigliare i cavalli. 2. Nessuno lo ammette, ma la parte più divertente è la pausa picnic. 3. Se in fondo quello che ti piace davvero è il frustino, lascia stare volpi e cavalli, e sfogati in camera da letto. 4. L’aristocratico animalista sostituisce la caccia alla volpe con un giro al mercato degli schiavi. 5. Per provare l’ebbrezza della caccia alla volpe all’inglese devi andare in Irlanda: in Gran Bretagna è illegale.

29.1.10

JD Salinger



"I'm the most terrific liar you ever saw in your life. It's awful. If I'm on my way to the store to buy a magazine, even, and somebody asks me where I'm going, I'm liable to say I'm going to the opera. It's terrible." The Catcher in the Rye

28.1.10

Freddo cane

Ho sofferto in bicicletta senza guanti stasera.
Poi ho visto uno con i sandali. Senza calzini.
Staranno facendo compagnia ai miei guanti che non trovo.

Avrà capito?

- Comunicato Voci di Quartiere
- Comunicato PRC in risposta all'assessora Ciccone
- I Cobas in risposta all'assessore Ciccone
- Il GASP risponde all'Assessora Ciccone
- Comunicato del Klub Epikurus in risposta alla Ciccone
- Comunicato della caffetteria Critica Machu Picchu per marypaul ciccone
- Risposta dell'Assemblea di Programmazione Logistica del Progetto Rebeldía alla Ciccone
- CinemAltrove risponde all'Assessora Ciccone
- Comunicato di Babil
- Comunicato di Un ponte per... (Pisa) sulla trattativa tra Comune di Pisa e Rebeldia
- Ciclofficina vs. Ciccone!
- Comunicato dell’associazione El Comedor
- Comunicato Africa Insieme in risposta alla Ciccone
- Fratelli dell'Uomo risponde alla Ciccone
- Comunicato Cabron
- Comunicato Chicco di Senape in merito alla posizione dell'Assessore Ciccone su Rebeldia
- Comunicato Osservatorio Antiproibizionista
- Comunicato Equilibri Precari in risposta all'assessore Ciccone
- Comunicato di Ingegneria Senza Frontiere Pisa-ONLUS in risposta alla letterea dell'Assessora Ciccone
- Comunicato Emergency Pisa sulla trattativa tra Comune di Pisa ed il Progetto Rebeldia
- IL Gruppo BDS risponde alla lettera dell'assessora
- Futbol Rebelde
- Rebeldía Media Crew
- Scacco all'assessore
- Risposta alla Ciccone di un privato cittadino

L'iPoddone

26.1.10

Copyright



L'immagine l'ho trovata su Spinoza, che è uno dei link qui a sinistra sotto Stazioni.
Perché è importante dire dove uno trova le cose che pubblica non sue, su un blog e su qualsiasi altro mezzo d'informazione. Certe volte sono un po' pigra e non lo faccio, ma di solito è una cosa a cui sto abbastanza attenta.
A differenza di qualcun'altro.
Barbareschi, si dice, ha citato alcune battute tratte da Spinoza facendo finta che fossero sue nel suo nuovo programma su La7. Scoperto, ha voluto pure avere ragione. Qui l'articolo del corriere e secondo me la tesi finale di Andreoli è anche giusta.

PS: I dubbi amletici del blogger etico. Riprodurre o non riprodurre.
Mi fa notare una nostra affezionata lettrice che in fondo al sito di Spinoza c'è scritto il seguente:
RIPRODUZIONE VIETATA
Limitatamente al web, il contenuto di Spinoza è coperto da licenza
Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia
Per cui, non capisco.
La riproduzione è vietata? Quindi io non potrei averci lassù quella vignetta.
Oppure, la riproduzione è regolata da creative commons? Allora posso riprodurre ma con delle regole, che io ho seguito.


(Comunque ho capito, dài dài: sul web e solo lì c'è il creative commons. Sono dentro le regole io, mica come qualcun'altro)

Le vignette del New Yorker

In ricordo di Pinter


Poi basta, con questi memoriali.

Poco più di un anno fa, era il 24 dicembre 2008, moriva il drammaturgo Harold Pinter. Era malato da tempo e era già sorprendente che avesse resistito così a lungo. Ma col caratterino che doveva avere forse così sorprendente non fu. Nel 2005 vinse il Premio Nobel, e siccome stava già male non andò a ritirarlo ma mandò un video col suo discorso. Nel video, che si può vedere qui e c'è anche la traduzione in italiano, Pinter è seduto con una copertina che gli copre le gambe, come un simpatico nonnino. Ma simpatico Pinter non credo lo fosse, e neanche quello che disse nel suo discorso.
Per me, ma insomma non è che dico qualcosa di strano, Pinter è uno dei più grandi drammaturghi mai esistiti. Le sue opere asciutte e cattive mi piacciono tantissimo. Si dice che Tarantino sia un suo grande fan e che si rifaccia a lui per i suoi dialoghi, come ad esempio quello tra John Travolta e Samuel Jackson all'inizio di Pulp Fiction mentre vanno a casa di quei ragazzi che poi uccidono. Ha scritto anche molto per il cinema, soprattutto negli anni 70.
Per ricordarlo ecco un link a un sito dedicato a tutto di lui, tra cui la possibilità di scaricare un documentario contro la guerra in Yugoslavia.

25.1.10

In ricordo di Bici







Mic mi invia tre belle foto.

Esempio di domanda retorica

I vertici del PD impareranno qualcosa dalla sconfitta di Boccia e la travolgente vincita di Vendola?

Fuocovolpe

E' vero davvero che il nuovo Firefox gira più veloce.

23.1.10

Enjoy

Cliccare sul titolo per divertirsi col link che mi ha consigliato Il Geko!

21.1.10

Niccolò Ammaniti


Ha un blog.

Spavalda e irresponsabile

Comunicato dell'Assessore Ciccone

«A fronte dell’impegno serio ed inequivocabile del Comune di Pisa
nell’attivare percorsi concreti per le politiche giovanili, con la
realizzazione impegnativa, frutto di un lungo lavoro di
concertazione, di un protocollo d’intesa tra Comune, Provincia,
Università e Diritto allo Studio Regionale, registriamo l’ennesimo
colpo di coda irresponsabile e spavaldo, che punta a disinformare i
cittadini,da parte dei portavoce del cosiddetto Progetto Rebeldia.
Sparando a zero sul lavoro svolto dall’Assessorato alle politiche
giovanili gli estensori dell’articolo inviato alla stampa e ad una
lunghissima mailing list cercano disperatamente di distruggere il
lavoro di mediazione e dialogo creato da molte persone sinceramente
interessate a creare soluzioni costruttive, vere e non fittizie,
volte a risolvere pacificamente l’occupazione abusiva dell’attuale
spazio di via Battisti. Purtroppo è fin troppo chiaro che alcuni
individui, per ragioni non trasparenti, cercano di trascinare tutti i
fruitori attivi degli spazi di via Battisti in una spirale negativa
di conflitto, senza via d’uscita finale. Forse gioca un brutto ruolo
la paura di crescere socialmente e politicamente. Infatti proprio ora
che sta per essere pubblicato il bando per l’accesso agli ottimi
spazi individuati dal Comune scatta il tentativo maldestro di
sabotaggio e diffamazione del percorso legale e pacifico faticosamente
costruito.
Evidentemente i percorsi di legalità richiesti non sono graditi. È
molto più comodo fare tutto “in nero” in barba a leggi e normative,
magari senza pagare la SIAE, senza la minima agibilità come rilevato
dai Vigili del fuoco… Nella filosofia implicita del Rebeldìa-pensiero
la legalità è solo per gli imbecilli.
Entrando nel merito delle critiche rispondiamo: l’analisi dei bisogni
è stata fatta ampiamente e si colloca nell’ambito della valorizzazione
degli spazi della Zona Stazione; 15.000 euro l’anno è una cifra
appropriata per ciascun ente, modesta e compatibile con le risorse di
bilancio annuali;i servizi agli studenti sono concepiti in modo
innovativo attraverso la logica delle attività laboratori ali; la
cifra di 80.000 euro che servirà a bonificare l’area verrà
recuperata dal Comune attraverso il pagamento dell’ICI da parte di RFI
e dall’affitto da parte di chi vincerà il bando. Quale sia la proposta
alternativa dei geni contabili di Rebeldìa non è dato sapere. Forse
una nuova occupazione abusiva di qualche altro fabbricato? Spiace
vedere tante interessanti energie intellettuali sprecate per
costruire conflitto negativo e seminare irresponsabilità.»

Questo è un comunicato mandato ieri ai giornali pisani. Per chi non conoscesse o non avesse seguito la storia di Rebeldia, può trovare informazioni sul sito. Di parte? Sì, a bestia.

20.1.10

Un po' di Gramellini

La repubblica di Ikea (20/01/1010)

Ad Amburgo gli abitanti di alcuni quartieri del centro hanno partecipato al referendum indetto dai sostenitori di Ikea, favorevoli alla costruzione di una cittadella del mobile nel cuore della città. La percentuale dei votanti (44%) ha abbondantemente superato quella delle ultime elezioni europee. L’amburghese che entra nell'urna (di truciolato, immagino) per esprimersi pro o contro Ikea ha la sensazione che il suo voto produrrà un effetto concreto e duraturo sulla sua esistenza: lo spostamento in centro del parallelepipedo gialloblù, oppure no. Lo stesso amburghese non è animato da identiche certezze quando deve schierarsi fra destra e sinistra. Anzi, di certezze ne ha una, purtroppo: che il suo lavoro, le sue tasse, l'istruzione dei suoi figli - la sua vita, insomma - rimarranno immutati con qualsiasi vincitore. Al massimo peggioreranno un po’. E non solo. Quando vota in massa per decidere il futuro immobiliare di Ikea, l’amburghese si pronuncia su un argomento che conosce. Mentre quando diserta le urne europee non ha alcuna idea di cosa sia l’Europa né alcuna considerazione della medesima. La multinazionale fa parte di lui, la multinazione no.

È così che la democrazia sta cambiando sotto i nostri occhi. Il cittadino accorcia lo sguardo, infiammandosi soltanto per le questioni che lambiscono il suo quartiere. Ma nello stesso tempo lo allarga, fino a sentirsi parte dei destini di un marchio mondiale. E per la politica tradizionale, ancora aggrappata ai fantasmi delle ideologie, l'unico spazio che resta è qualche innocua litigata in tv.


Il divano di Anna Frank (16/01/10)

Un parlamentare della Lega ha chiesto al ministro Gelmini di scoraggiare la lettura nelle scuole della versione integrale del «Diario di Anna Frank», dato che in una pagina del testo la protagonista «descrive in modo minuzioso e approfondito le proprie parti intime, suscitando inevitabile turbamento». Francamente di quel libro sono sempre state altre cose a turbarmi: per esempio il razzismo, per esempio i nazisti. Certo non la scoperta della propria sessualità da parte di un’adolescente.

Ma non voglio farne colpa all’onorevole Grimoldi o ai genitori degli allievi della scuola elementare di Usmate Velate, in provincia di Monza, che gli avrebbero segnalato il gravissimo caso. Sono vittime anch’essi di quella incapacità di cogliere il senso complessivo di un evento o di un’opera, arrestandosi davanti al particolare scabroso o semplicemente irrituale, che chiamerei la sindrome del divano. Il divano è la normalità, il simbolo di un’esistenza tranquilla da abitare in tinello, dopo avere chiuso la porta a doppia mandata. La tv fa parte dello stesso tinello in cui si trova il divano: la sua volgarità è rassicurante, indigna e spaventa di meno.

A indignare e spaventare sono la diversità, l’originalità, l’imprevisto: tutto ciò che distrae dalle certezze sedimentate e perciò va rifiutato e rimosso. Gli occhiali che si indossano davanti al divano assomigliano alle lenti dei microscopi: magari di un capolavoro non afferreranno l’essenza, ma ne coglieranno sempre la riga fuori posto.


Scossa di coscienza (15/01/10)

Sconvolto dagli effetti apocalittici del terremoto di Haiti, sono andato in cerca di informazioni per scoprire com'era la vita nell'isola, fino all'altro ieri. Ho appreso che l'ottanta per cento degli haitiani vive (viveva) con meno di un dollaro al giorno. Che il novanta per cento abita (abitava) in baracche senza acqua potabile né elettricità. Che l'aspettativa di vita è (era) di 50 anni. Che un bambino su tre non raggiunge (raggiungeva) i 5 anni. E che, degli altri due, uno ha (aveva) la certezza pressoché assoluta di essere venduto come schiavo.

Se questa è (era) la vita, mi chiedo se sia poi tanto peggio la morte. Ma soprattutto mi chiedo perché la loro morte mi sconvolga tanto, mentre della loro vita non mi è mai importato un granché. So bene che non possiamo dilaniarci per tutto il dolore del mondo e che persino i santi sono costretti a selezionare i loro slanci di compassione. Eppure non posso fare a meno di riflettere sull'incongruenza di una situazione che - complice la potenza evocativa delle immagini - mi induce a piangere per un bambino sepolto sotto i detriti, senza pensare che si tratta dello stesso bambino affamato che aveva trascorso le ultime settimane a morire a rate su quella stessa strada. Così mi viene il sospetto che a straziarmi il cuore non sia la sofferenza degli haitiani, che esisteva già prima, ma il timore che una catastrofe del genere possa un giorno colpire anche qui. Non la solidarietà rispetto alle condizioni allucinanti del loro vivere, ma la paura che possa toccare anche a me il loro morire.


La mamma del tassista (14/01/10)

Non è solo l’onestà che colpisce, è la costanza. La costanza nel voler fare a tutti i costi la cosa giusta. Mukul Asudazzaman è un tassista bengalese a New York City. Una pensionata italiana, Felicia, dimentica sulla sua vettura i 21.000 dollari che devono finanziare il viaggio transoceanico dell’intera tribù familiare. Possibilità di rivederli?, domanda affranta alla polizia. Sottozero, signora. Alla fine del turno Mukul trova il tesoro sul sedile posteriore. Conta i soldi dieci volte, perché così tanti non ne ha visti mai. E nel contarli trova un indirizzo di Long Island, ottanta chilometri di tangenziale. Ci torna tre volte, prima di incontrare qualcuno. Ore e ore di vita, e almeno un pieno di benzina. La costanza. Anche nel resistere alle tentazioni.

Finalmente gli aprono. È una parente, alla quale il bengalese - buono sì, mica scemo - non dà i soldi, ma un biglietto per la loro proprietaria: «Non preoccuparti, Felicia, li terrò al sicuro io». Felicia torna a casa e pensa, nell’ordine, a uno scherzo, a un ricatto, a un miracolo. Decide di rischiare e chiama Mukul. Il tassista ripercorre un’altra volta gli ottanta chilometri e consegna i 21.000 dollari all’italiana. Lei ne toglie mille dal mucchio per darli a lui, che li rifiuta e quasi si offende. «Quando avevo cinque anni mia mamma mi disse: sii onesto, lavora sodo e salirai di livello». Poi non va sempre così. Ma di sicuro si sale: se non nella carriera, nella considerazione di se stessi. Grazie alla mamma di Mukul per quel che ha insegnato. E grazie a Mukul per come lo ha imparato.

Tutti da La Stampa on line.

Ora sono più tranquilla

Haiti. Scossa di 6.1, ancora terrore sull'isola. Berlusconi invia Bertolaso.

18.1.10

Misteri svelati


L'altra sera mi hanno spiegato Mulholland Drive.
E' uno dei miei film preferiti nonostante non c'avessi mai capito niente, e l'ho visto anche 2 o 3 volte. E nonostante non c'avessi capito niente, Mulholland Drive mi ha esaltato così tanto che ho visto anche tutto Inland Empire senza mai addormentarmi, così ho potuto scoprire che alla fine c'è Ben Harper.
Non so se l'ho capita veramente la spiegazione di Mulholland Drive, ma aveva un senso, l'altra sera. Il tizio che me l'ha spiegato era uno psichiatra. Anche questo aveva un senso.

E guarda un po' cosa vengo a sapere: "Mulholland Drive di David Lynch e' il miglior film del decennio. Lo ha stabilito la Los Angeles Film Critics Association (LAFCA) su una lista di 189 titoli giudicati da 41 membri dell'associazione. Con la seguente motivazione: "La pellicola di Lynch e' allo stesso tempo un racconto folcloristico di ammonimento, il simbolo del trionfo dell'arte e di una visione personalissima in un'industria che, dovunque si guardi, sembra volta alla soppressione di entrambi".

Le motivazioni del LAFCA non c'entrano niente con la spiegazione dello psichiatra.

Poi ho trovato scritto anche questo su wikipedia italiano: "La grande suggestione delle immagini di Mulholland Dr., il sonoro e le musiche che svolgono un importante ruolo nella narrazione, costituiscono un'esperienza a livello profondo, sicuramente non paragonabile alla mera ricerca di un dipanamento della trama o di una ricostruzione temporale degli avvenimenti." Quindi forse facevo bene a farmelo piacere senza averci capito niente.

Come mi va a gennaio

Leggo La Macchia Umana, di Philip Roth. Bello, sorprendente, come gli altri libri di lui che ho letto, ma abbastanza faticoso. Ogni parola pesa, molto, e va giustamente soppesata.
Ascolto l'ultimo di John Mayer, Battle Studies, ma solo sull'ipod mentre giro per la città. Lui è leggero e fila liscio liscio. A casa c'è Cat Power, Jukebox.

14.1.10

E' morta la mia bici, viva la mia bici


Poco prima di Natale, il mio coinquilino ha fatto un incidente con la mia bici. Alla mia bici io tenevo molto, era vecchia, l'ho ereditata da un nonno, era tutta nera e con i freni a bacchetta, era bellissima.
Controvoglia ogni tanto la prestavo al mio coinquilino. Sono buona.
Quella sera il mio coinquilino non sarebbe dovuto uscire. Ma lo ha fatto.
Quella sera il mio coinquilino non sarebbe dovuto rietrare così tardi. Ma lo ha fatto.
Prendendo la mia bicicletta.
Quella sera il mio coinquilino e la mia bicicletta hanno fatto un incidente. Un'automobile gli è andata addosso e li ha presi in pieno.
Il mio coinquilino non si è fatto quasi niente, la mia bicicletta si è accartocciata.
E' stata in prognosi riservata per una ventina di giorni e poi l'altro giorno è stata dichiarata morta.

Un minuto di silenzio per ricordare la mia bicicletta.

Ma, come si suol dire, morta una bici se ne fa un'altra. E a sorpresa, dopo un pomeriggio passato a camminare a velocità elevata per tutta Pisa senza concludere nulla, entro con poco ottimismo in un negozio di biciclette, ed eccola lì, un po' arrugginita, ma bellissima anche lei, dotata pure di campanello, fanale e, udite udite, cavaletto. Anche lei è nera, da uomo, con freni a bacchetta.
E' amore a prima vista e a buon mercato.

Viva la mia bici!

13.1.10

Soul Kitchen



C'è chi ha detto, sì carino.
C'è chi ha detto, un filmetto.
C'è chi ha detto, mi sono divertito.
C'è chi indignato ha detto, ha vinto il premio speciale al Festival di Venezia.
C'è chi ha pensato, ebbene sì, leggo anche nel pensiero, che gli altri film di Fatih Akin, La Sposa Turca e Ai confini del paradiso, erano molto molto belli, e questo è diverso, ma va bene lo stesso.
C'è chi ha detto, cazzo ma è il circolo, ma l'ho saputo dopo.
C'è chi ha riso tutto il tempo.
C'è chi ha riso parecchio.
C'è chi ha riconosciuto l'attore che ha fatto anche la Banda Bader Meinhof.
C'è chi aveva già visto l'attrice che faceva la fisioterapista. Secondo lui era in Ai confini del paradiso.
C'è chi alla fine è uscito ballando, contagiando gli altri.

La sala era gremita.
I bloggers della provincia erano sparpagliati soprattutto qua, altri là.

Cieli grigi e pioggia









11.1.10

Un segreto tra di noi

Ho scelto di vedere questo film per il titolo. Lo faccio ogni tanto. Non sempre funziona, ma alcune volte ci sono delle belle sorprese. Questo film l'ho scelto per il titolo in inglese: Fireflies in the garden (lucciole in giardino) che è anche il titolo di una poesia di Robert Frost.

Fireflies in the garden
by Robert Frost

Here come real stars to fill the upper skies,
And here on earth come emulating flies,
That though they never equal stars in size,
(And they were never really stars at heart)
Achieve at times a very star-like start.
Only, of course, they can't sustain the part.

Ho cercato la traduzione della poesia su internet ma non l'ho trovata. Comunque parla di lucciole, le paragona alle stelle, dice che le lucciole emulano le stelle, ma che non riescono davvero a sostenere la parte. E' una bella poesia secondo me, è breve, ti dà subito l'immagine. Poi le lucciole piacciono sempre.
Il film però era brutto. Sono stata tutto il tempo ad aspettare questo segreto tra di loro che non c'era; e avrei dovuto sospettare la fregatura primo quando per divertimento infilano dei petardi in bocca ai pesci e li rilanciano nel lago per farli scoppiare, e secondo quando, sempre per divertimento, colpiscono con delle racchette le lucciole nel giardino.
Avrei dovuto prestare più attenzione al titolo in italiano.

7.1.10

Tornare a sorridere

A.M. è una donna meravigliosa.
E' nata nel 1943 e oggi è il suo compleanno. Lo stesso giorno del mio coinquilino, e questo già ci lega. E' nata in casa, mi racconta, in un paesino dell'Isola d'Elba. Chissà se c'era un ospedale a quei tempi all'Elba, mi dice ridendo. Secondo lei proprio non c'era. Per scusarsi di essere nata in casa, poi mi confida che sua zia era ostetrica. Per anni, i fratelli l'hanno presa in giro, dicendole che in realtà era nata il giorno prima, il 6 gennaio, una befanotta, ed essendo nata in casa sua madre ha potuto registrarla il giorno dopo. Ma lei lo sa di essere nata oggi.
Il suo primo figlio invece è nato a Grosseto, come me. Siamo anime gemelle, ormai è chiaro. Ha avuto 3 figli e ha sofferto molto per tutti i parti, per uno è addirittura svenuta dal dolore, ma ha fatto presto per tutti e tre.
A.M. si è sposata giovane, e il primo figlio è nato dopo 9 mesi esatti esatti. I tempi sono cambiati, dice lei, e ora è meglio. E ride.
A.M. sorride sempre. Sorride anche con gli occhi. Parla in continuazione, anche mentre ricopia tutti i codici fiscali, parla con tutti, con la sua vicina e a un certo punto è andata anche a chiedere una cosa alla tizia di là, ma io non ho guardato.
Alla fine del mese A.M. va in pensione. Lo dice a tutti.
A.M. lavora alla Agenzie delle Entrate e tutto questo me lo ha raccontato mentre mi registrava il contratto e mi risolveva tutti i problemi.
Per A.M. è stato facile facile.

5.1.10

Sorridere sorridere sorridere resistere resistere resistere

Sburk (sorridendo in auto tra sé e sé): Ho fatto mezzora di fila ieri per pagare la tassa di registro. Ho firmato e fatto firmare tutti i contratti. Mi sono ricordata di comprare tutti i bolli prima del 1 gennaio. L'ufficio chiude alle 12.30 e sono le 11.45. Ce la posso fare. Ottimismo.
Sburk entra alle agenzie delle entrate preme il pulsante per avere il numero.
Niente numero.
Non funziona.
Sburk ripreme il pulsante per avere il numero.
Fiduciosa.
Niente numero.
Sburk (sempre fiduciosa e sorridente): Il pulsante non funziona.
Inserviente (simpatica e sottolineo simpatica davvero, cioè non lo so se è simpatica, ma è gentile): C'è troppa gente, abbiamo dovuto chiudere le prenotazioni altrimenti non ce l'avremmo fatta. Torni nel pomeriggio, riapriamo alle 14.45.
Sburk un po' meno sorridente se ne va.

Ore 14.30.
Sburk in fila al freddo davanti alle porte chiuse dell'agenzia delle entrate.
Abbastanza fiduciosa.
Un pochino sorridente.
Attesa di mezzora una volta entrata col numero JA5039.
Tocca a Sburk.
Sburk (facendo finta di essere tranquillissima, serena, in pace col mondo): Buongiorno (sorrisone); dovrei registrare un contratto.
La tizia di là: Mh.
Sburk: Ecco le due copie del contratto, il modulo pincopallo, le quattro marche da bollo.
La tizia di là: Mh.
Sburk sorrisone.
La tizia di là: E il modulo brunzi dov'è?
Sburk sbianca: Accidenti, me lo sono dimenticato.
La tizia di là ci fa un aeroplanino e lo lancia a Sburk che fortunatamente lo prende al volo: Lo riempia.
Sburk che sprofonda dentro il maglione a collo alto: Sì. Mi scusi.
La tizia di là: I bolli?
Sburk orgogliosa: Eccoli.
La tizia di là: Non vanno bene. (Non ci fa l'aeroplanino ma li lancia al di là del tavolo).
Sburk guarda i suoi amati bolli custoditi con cura per sei giorni: Come non vanno bene?
La tizia di là: Si vede benissimo.
Sburk: Cosa? La data c'è, è precedente al contratto.
La tizia di là indicando dei numeri: Qui è tutto sbagliato, non glieli posso accettare.
Sburk: Ma cosa è sbagliato?
La tizia di là: Ma guardi bene almeno.
Sburk perché la pazienza ha un limite: Ma che ne so io, non compro marche da bollo tutti i giorni. Che ne so come devono essere fatti.
La tizia di là che l'avrà sempre vinta ma solo all'agenzia delle entrate che fortunella: Torni dal tabaccaio che gliele ha vendute e se lo faccia spiegare da lui.
Sburk: Ma i nuovi bolli avranno la data sbagliata e dovrò pagare la mora. Non c'è modo di correggere la cosa.
La tizia di là: Lo chieda al tabaccaio che glieli ha venduti. Lui ha sbagliato. Dovrebbero impiccarlo (non lo dice, ok, ma chiaramente lo pensa, e dopo atroci torture).
Sburk vorrebbere mettersi le quattro marche da bollo in bocca, masticarle fino a quando non sono poltiglia e sputarle in faccia alla tizia di là. Ma è saggia e non lo fa, deve riportare le marche da bollo al tabaccaio, e se ne va sperando di non avere più a che fare con la tizia di là.

(NdA: Nel dubbio, è tutto vero tranne l'aeroplanino)

Poi succede che vai in questura e abbracci il questurino perché tutti i moduli erano giusti e scritti bene, e lui ti ha detto buonasera sorridendo.
E' pericoloso.

Sorridere

Per cominciare bene l'anno.

Sus, ti ricorda qualcuno?
















Auguri a tutti!