31.3.10

Bob Robertson

Con Claudia Cardinale sul set di C'era una volta il West.
Foto di Angelo Novi.

Ma lo sapevate?

In ossequio all'articolo 87 e all'articolo 92 della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni, i fotogrammi delle pellicole cinematografiche divengono di pubblico dominio a partire dall'inizio dell'anno solare seguente al compimento del ventesimo anno dalla data di trasmissione al pubblico della pellicola cinematografica.

Chi è il terzo da sinistra?



Sempre lui: Bob Robertson; nel film Ladri di Biciclette.

Chi l'ha detto?

Ford era un ottimista. Io sono un pessimista. I personaggi di Ford quando aprono una finestra scrutano sempre, alla fine, questo orizzonte pieno di speranza; mentre i miei, quando aprono la finestra hanno sempre paura di ricevere una palla in mezzo agli occhi.

Risposta: Bob Robertson

Il Signor Rockwell

29.3.10

Norman Rockwell/3

E la nave va


















Regia: Federico Fellini
Anno: 1983
Sceneggiatura: Tonino Guerra e Federico Fellini
Produttore: Franco Cristaldi
Fotografia: Giuseppe Rotunno
Scenografia: Dante Ferretti

Di Fellini si parla sempre tantissimo. Forse è il regista del periodo d'oro del cinema italiano, il secondo periodo d'oro, dopo quello del neorealismo, di cui si parla di più. Più di Antonioni, più di Visconti, ad esempio. Non perché Fellini sia meglio, è sempre una questione di gusti, ma perché rispetto ad Antonionio e Visconti, ad esempio, Fellini è un eccessivo. Anche Antonioni lo è, è eccessivo nei suoi silenzi, nella sua incomunicabilità, e nei suoi piani sequenza, tutte cose che si notano poco. Fellini invece è invadente, non puoi fare a meno di notarlo anche se magari non hai visto neanche un suo film. Fellini, faceva parlare anche le cronache scandalistiche, Antonioni e Visconti molto poco.
Io quando dicono Fellini penso sempre di conoscerlo poco. Poi ci penso e in realtà di film suoi ne ho visti cinque, e con questo fanno sei; ma essendo lui così eccessivo penso sempre di non averne visti abbastanza.
E la nave va sa molto di cinema, ti lo ricorda in continuazione che è cinema, che è finzione, che è cinema di finzione, niente a che fare col neorealismo insomma.
Il film comincia come se fosse un film muto, la pellicola sembra anche un po' rovinata, i titoli di testa sono in perfetto stile cinema muto, e le poche conversazioni sono riportate tra un'inquadratura e l'altra, in perfetto stile cinema muto. A un certo punto ti rendi conto però, anche se all'inizio non ne sei proprio sicuro, che si sentono i rumori del porto, e la banda che suona suona veramente, e dopo poco gli attori cominciano a cantare. Ed ecco che arriva anche il colore, prima seppia poi colore colore.
E la nave va infatti è anche un po' musical, tanto per ribadire che il cinema è finzione. La maggior parte dei personaggi sono dei cantanti lirici, o lavorano nei teatri, e quindi che cantino è anche naturale. Che facciano il giro della nave e si mettano a cantare per i macchinista giù infondo infondo nella sala macchine, è naturale.
Ma la nave stessa è poco naturale; e anche la nave da guerra che incrociano nella seconda parte del film è poco naturale. Poco naturale è il mare. Non è neanche acqua. E tutti i personaggi sono tutt'altro che naturali, va bene che sono tutti artisti e gli artisti sono strani, ma questi esagerano. I profughi naufraghi serbi che la nave tira su a un certo punto, sì sono affamati, ma sembrano il coro e le comparse della prima della Scala di Milano, e infatti non per niente anche loro cantano e ballano.
E alla fine per chiudere il film, la macchina da presa si allontanta dall'inquadratura della barchetta col narratore e il rinnoceronte in mezzo al mare per mostrare senza ombra di dubbio la finzione del cinema: si vedono le scenografie, i carrelli, le tante persone che lavorano a fare il film.
A me E la nave va è sembrato una celebrazione del cinema e per questo mi è piaciuto.
Essendo così pieno di assurdità, a partire dal rinnoceronte tenuto chiuso nella stiva della nave, e che sta molto male e che puzza tantissimo, viene da chiedersi quali significati ci siano dietro alla storia. Questo vizio di dover sempre spiegare.

“Vorrei che negli ingressi del cinema venissero posti dei cartelloni con su scritto: ‘Non c’è nient’altro che quello che vedete’. Oppure: ‘Non sforzatevi di vedere che cosa c’è dietro, se no rischiate di non vedere neppure quello che c’è davanti’. [...] Il film racconta semplicemente un viaggio in nave per disperdere al largo le ceneri di una celebre cantante degli anni ’20. Degli amici mi hanno detto che è un film terribile, che ha qualcosa di oscuramente minaccioso, mentre io credo che abbia invece una sua allegrezza di fondo. [...] In E la nave va io ho espresso, più o meno sinceramente, più o meno artificiosamente [...] il senso di smarrimento che c’invade. Il timore del peggio è uno stato d’animo o un presentimento con il quale conviviamo da lungo tempo e che non sembra destinato ad abbandonarci. [...] Non mi pare che il rinoceronte che naviga sulla ‘Gloria N.’ abbia nulla a che fare con il mostro che appare sulla spiaggia nel finale della Dolce vita. Un simbolo è tale in quanto non si può spiegare, in quanto va oltre il concetto, oltre la ragione, in quanto contiene degli elementi irrazionali o mitici. Perché mi si vuole costringere a spiegarlo? In ogni caso, il rinoceronte che è sulla nave, se ha un significato, questo significato va inteso in senso totalmente opposto. Il mostro di La dolce vita era uno specchio della degenerazione del protagonista, mentre il rinoceronte di E la nave va potrebbe suggerire un’interpretazione, ad esempio, di questo tipo: l’unico tentativo per evitare il disastro, per non precipitare nella catastrofe, potrebbe essere quello diretto a recuperare la parte inconscia, profonda, salutare di noi stessi. E’ in questo senso che si potrebbe spiegare la frase “farsi nutrire dal latte del rinoceronte”. Ma si tratta sempre di spiegazioni un po’ goffe, com’è goffo l’accostamento del rinoceronte al mostro di La dolce vita. Una fantasia, se autentica, contiene tutto, e non ha bisogno di spiegazioni”.
(Fellini. Raccontando di me, conversazioni con Costanzo Costantini, Editori Riuniti, Roma, 1996, pp. 182-185)

18.3.10

Norman Rockwell

Divorzio all'italiana


















Regia: Pietro Germi.
Anno: 1961
Scenegggiatura: De Concini, Germi, Giannetti
Produttore: Franco Cristaldi
Fotografia: Leonida Barboni, Carlo di Palma
Attori principali: Marcello Mastroianni, Stefania Sandrelli, Daniela Rocca

Non esistendo in Italia ancora una legge per il divorzio, un nobile siciliano un po' decaduto decide di ricorrere a un articolo del codice penale ancora perfettamente in vigore, l'articolo 587 che regola il delitto d'onore. Non sarà però semplice per Fefè costruire l'occasione per essere disonorato dalla moglie e poterla così uccidere con la tranquillità di rimanere in carcere per meno di tre anni, e sposare la giovane cugina di cui si è invaghito.
Il film è tratto da un romanzo di Giovanni Arpino, Delitto d'onore, e nelle prime intenzioni degli sceneggiatori sarebbe dovuto essere un film drammatico. Non si sa bene poi perché, ma per fortuna, il film diventa una commedia; la prima commedia di Pietro Germi e quella che darà il titolo al fortunato filone della commedia all'italiana. Ma pur essendo una commedia rimane la critica a una società bloccata su se stessa e sull'alto numero di uxoricidi in quegli anni in Italia.
Il film sfrutta soprattutto il grottesco, a partire dalla trama per proseguire con i personaggi: il marito (Mastroianni) è pieno di tic, la moglie (Rocca) è baffuta e stucchevolmente zuccherosa, l'amata (Sandrelli) eccessivamente languida.
Il ritmo è perfetto.
La fotografia in bianco e nero fatta di facce e coppole siciliane, chiese e preti e comunisti, scorci di ville decadenti, è bellissima, o meglio c'è, la noti, capisci che c'era uno (due in questo caso) lì che c'ha pensato bene a come farla (Carlo Di Palma oltre a lavorare con i grandi registi italiani degli anni 60 e 70, ha curato la fotografia di moltissimi film di Woody Allen)
Non mancano le citazioni. Durante il supposto tradimento della moglie tutto il paese è andato al cinema, sedie extra alla mano, a vedere lo scandaloso film di Fellini, la Dolce Vita, protagonista Mastroianni.
Anche qualche pettegolezzo. Pare che a Germi Mastroianni non stesse per niente simpatico e che infatti non lo volesse neanche nel cast, ma altri rifiutarono e Mastroianni insistette molto. Per continuargli a dare fastidio Mastroianni crea un personaggio che un po' assomiglia a Germi nella sigaretta tenuta in bocca sempre di lato e col tic sempre di lato alla bocca quando la sigaretta non c'è, accentuandone i caratteri. Daniela Rocca invece durante le riprese del film era l'amante di Germi, e pare che la loro storia fosse particolarmente travagliata e abbia contribuito a peggiorare la già precaria salute psichica dell'attrice.

Insomma, il film mi ha proprio entusiasmato e lo consiglio a chiunque non l'avesse mai visto. E forse l'ho anche già detto ma guardandolo mi sono chiesta tutto il tempo come abbiamo fatto a dimenticarci come si fanno i film.

16.3.10

Ericailcane



Ericailcane è un graffitaro che lavora spesso insieme a blu, di cui avevamo (noi che siamo in tanti qui) già parlato anche perché aveva fatto dei graffiti al Cantieresanbernardo e a Livorno.
Anche Ericailcane ha lavorato qui a Pisa, e anche recentemente. Durante un evento chiamato N-Joy-Street lo scorso settembre ha dipinto un pezzo del sottopasso di Via Quarantola. Purtroppo qualcuno ha rovinato il suo lavoro, un altro writer sembrerebbe, coprendolo con la sua firma. Ne parla dettagliatamente e con le foto artsblog.
Sempre su artsblog, qui, sei dei suoi disegni. Tra i suoi soggetti preferiti, gli animali strani.
Il sito di ericailcane purtroppo è underconstruction.

(notizia inviataci gentilmente da subu)

Le vignette del New Yorker







Nessun ritegno

Taormina: ci terremo Berlusconi fino al 2020
15-03-2010
L’avvocato Carlo Taormina racconta i piani segreti del presidente del Consiglio: “Lo conosco bene. Andrà alle elezioni nel 2011. Farà fuori Schifani come ha fatto fuori Pisanu e Pera. Hanno preso il sopravvento Bondi, Cicchitto e Verdini”
“Conosco bene il modo con cui Berlusconi chiede ai suoi legali di fare le leggi ad personam, perché fino a pochi anni fa lo chiedeva a me. E, contrariamente a quello che sostiene in pubblico, con i suoi avvocati non ha alcun problema a dire che sono leggi per lui. Per questo oggi lo affermo con piena cognizione di causa: quelle che stanno facendo sono norme ad personam”.
Carlo Taormina, 70 anni, è stato uno dei legali di punta del Cavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il suo giro – uscendo anche dal Parlamento – a seguito di quella che lui ora chiama «una crisi morale». Ormai libero da vincoli politici, in questa intervista a“Piovono Rane” dice quello che pensa e che sa su Berlusconi e le sue leggi.
Avvocato, qual è il suo parere sulle due norme che il premier sta facendo passare in questi giorni, il processo breve e il legittimo impedimento?
La correggo: le norme che gli servono per completare il suo disegno sono tre. Lei ha dimenticato il Lodo Alfano Bis, da approvare come legge costituzionale, che è fondamentale.
Mi spieghi meglio.
Iniziamo dal processo breve: si tratta solo di un ballon d’essai, di una minaccia che Berlusconi usa per ottenere ( ed ha ottenuto ) il legittimo impedimento. Il processo breve è stato approvato al Senato ma finirà in un cassetto.
E perché?
Perché il processo breve gli serve solo per alzare il prezzo della trattativa. A un certo punto rinuncia al processo breve per avere in cambio il legittimo impedimento, cioè la possibilità di non presentarsi alle udienze dei suoi processi e di ottenere continui rinvii. Guardi, la trattativa è già in corso e l’Udc, ad esempio, ha detto che se lui rinuncia al processo breve, vota a favore del legittimo impedimento.
E poi che succede? Che c’entra il Lodo Alfano bis?
Vede, la legge sul legittimo impedimento è palesemente incostituzionale, e quindi la Consulta la boccerà. Però intanto resterà in vigore per almeno un anno e mezzo: appunto fino alla bocciatura della Corte Costituzionale. E Berlusconi nel frattempo farà passare il Lodo Alfano bis, come legge costituzionale, quindi intoccabile dalla Consulta.
Mi faccia capire: Berlusconi sta facendo una legge – il legittimo impedimento -che già sa essere incostituzionale?
Esatto. Non può essere costituzionale una legge in cui il presupposto dell’impedimento è una carica, in questo caso quella di presidente del consiglio. Non esiste proprio. L’impedimento per cui si può rinviare un’udienza è un impegno di quel giorno o di quei giorni, non una carica. Ad esempio, quando io avevo incarichi di governo, molte udienze a cui dovevo partecipare si facevano di sabato, che problema c’è? E si possono tenere udienze anche di domenica. Chiunque, quale che sia la sua carica, ha almeno un pomeriggio libero a settimana. Invece di andare a vedere il Milan, Berlusconi potrebbe andare alle sue udienze. E poi, seguendo la logica di questa legge, la pratica di ottenere rinvii potrebbe estendersi quasi all’infinito. Perché mai un sindaco, ad esempio, dovrebbe accettare di essere processato? Forse che per la sua città i suoi impegni istituzionali sono meno importanti? E così via. Insomma questa legge non sta in piedi, è destinata a una bocciatura alla Consulta. E Berlusconi lo sa, ma intanto la fa passare e la usa per un po’ di tempo, fino a che appunto non passa il Lodo Alfano bis, con cui si sistema definitivamente.
Come fa a esserne così certo?
Ho lavorato per anni per Berlusconi, conosco le sue strategie. Quando ero il suo consulente legale e mi chiedeva di scrivergli delle leggi che lo proteggessero dai magistrati, non faceva certo mistero del loro scopo ad personam. E io gliele scrivevo anche meglio di quanto facciano adesso Ghedini e Pecorella.
Tipo?
Quella sulla legittima suspicione, mi pare fossimo nel 2002. Gli serviva per spostare i suoi processi da Milano a Roma. Lui ce la chiese apertamente e noi, fedeli esecutori della volontà del principe, ci siamo messi a scriverla. E abbiamo anche fatto un bel lavoretto, devo dire: sembrava tutto a posto. Poi una sera di fine ottobre, verso le 11, arrivò una telefonata di Ciampi.
Che all’epoca era Presidente della Repubblica.
Esatto. E Ciampi chiese una modifica.
Quindi?
Quindi io dissi a Berlusconi che con quella modifica non sarebbe servita più a niente. Lui ci pensò un po’ e poi rispose: “Intanto facciamola così, poi si vede”. Avevo ragione io: infatti la legge passò con quelle modifiche e non gli servì a niente.
Pentito?
Guardi, la mia esperienza al Parlamento e al governo è stata interessantissima, direi quasi dal punto di vista scientifico. Ma molte cose che ho fatto in quel periodo non le rifarei più. Non ho imbarazzo a dire che ho vissuto una crisi morale, culminata quando ho visto come si stava strutturando l’entourage più ristretto del Cavaliere.
A chi si riferisce?
A Cicchitto, a Bondi, a Denis Verdini, ma anche a Ghedini e Pecorella. Personaggi che hanno preso il sopravvento e che condizionano pesantemente il premier. E l’hanno portato a marginalizzare – a far fuori politicamente – persone come Martino, Pisanu e Pera. E adesso stanno lavorando su Schifani.
Prego?
Sì, il prossimo che faranno fuori è Schifani. Al termine della legislatura farà la fine di Pera e Pisanu.
Ma mancano ancora tre anni e mezzo alla fine della legislatura…
Non credo proprio. Penso che appena sistemate le sue questioni personali, diciamo nel 2011, Berlusconi andrà alle elezioni anticipate.
E perché?
Perché gli conviene farlo finché l’opposizione è così debole, se non inesistente. Così vince un’altra volta e può aspettare serenamente che scada il mandato di Napolitano, fra tre anni, e prendere il suo posto.
Aiuto: mi sta dicendo che avremo Berlusconi fino al 2020?
E’ quello a cui punta. E in assenza di un’opposizione forte può arrivarci tranquillamente.
Carlo Taormina, avvocato, ex deputato e sottosegretario dei governi Berlusconi uno e due.
Questa intervista è apparsa sul blog “Piovono Rane”, curato da Alessandro Gilioli




m. di Villana tra i suoi commenti consiglia anche questa lettura:
Sostanza
Tecnicamente si può già parlare di dittatura. Forse non ce ne siamo ancora accorti perché siamo abituati ai colonnelli greci o alla giunta militare cilena. Ma quello che conta è la sostanza, non la forma. Oggi è inutile mandare i carri armati per prendere il controllo delle principali reti televisive, basta cambiare i direttori. Non serve far bombardare la sede del parlamento, è sufficiente impedire agli elettori di scegliere i parlamentari. Non c’è bisogno di annunciare la sospensione di giudici e tribunali, basta ignorarli. Non vale la pena di nazionalizzare le più importanti aziende del paese, basta una telefonata ai manager che siedono nei consigli d’amministrazione. E l’opposizione? E i sindacati? Davvero c’è chi pensa che questa opposizione e questi sindacati possano impensierire qualcuno? Gli unici davvero pericolosi sono i mafiosi e i criminali, ma con quelli ci si siede intorno a un tavolo e si trova un accordo. Poi si può lasciare in circolazione qualche giornale, autorizzare ogni tanto una manifestazione. Così nessuno si spaventa. E anche la forma è salva. - Giovanni De Mauro, Internazionale 5-11 Marzo 2010
 
E' tanto che non lo sento e non ricordo chi fosse, ma c'era un giornalista che faceva la lettura dei giornali la mattina su Radio Popolare/Controradio che per salutare gli ascoltatori alla fine della lettura degli articoli quotidiani diceva 'Buona giornata, (pausa) se ci riuscite' o qualcosa del genere. A me faceva venire il nervoso, perché va bene essere pessimisti, lo so che siamo messi male, ma insomma, pensavo, non esageriamo, ci sono ancora il sole e le margherite... ecco, dopo aver letto questi due articoli, mi è venuto in mente quello stesso suo augurio.


9.3.10

Ogni tanto Michele Serra

Avrei bisogno anch’io di un “decreto interpretativo” che mi chiarisse, finalmente, perché ho sempre pagato le tasse. Perché passo con il verde e mi fermo con il rosso. Perché pago di tasca mia viaggi, case, automobili, alberghi. Perché non ho un corsita vaticano di fiducia che mi fornisca il
listino aggiornato delle mignotte o dei mignotti. Perché se un tribunale mi convoca (ai giornalisti capita) non ho legittimi impedimenti da opporre. Perché pago un garage per metterci la macchina invece di lasciarla sul marciapiede in divieto di sosta come la metà dei miei vicini di casa. Perché considero ovvio rilasciare la fattura se nei negozi devo insistere per avere la ricevuta fiscale. Perché devo spiegare a chi mi chiede sbalordito “ma le serve la ricevuta?” che non è che serva a me, serve alla legge. Perché non ho mai dovuto condonare un fico secco. Perché non ho mai avuto capitali all’estero. Perchénon ho un sottobanco, non ho sottofondi, non ho sottintesi, e se mi intercettano il peggio che possono dire è che sparo cazzate al telefono. Io – insieme a qualche altro milione di italiani – sono l’incarnazione di un’anomalia. Rappresento l’inspiegabile. Dunque avrei bisogno di un decreto
interpretativo ad personam che chiarisse perché sono così imbecille da credere ancora nelle leggi e nello Stato.

da La Repubblica 7.03.2010

Ma il 23 febbraio Gramellini sulla stampa:

Lo scoop del secolo

Dopo l’ultimo scandalo, che a quest’ora sarà già diventato il penultimo, sorge spontanea una domanda.
- Premesso che da dieci anni non sono più i ladri a indignarci, ma le guardie (forze dell’ordine, magistrati, arbitri di calcio e ogni altro soggetto psicologicamente disturbato che si ostini a voler far rispettare qualche straccio di regola).
- Premesso che a ogni malefatta commessa da una parte deve corrispondere una malefatta eguale e contraria commessa dalla parte opposta, affinché si possa dire che sono tutti uguali e andare avanti come se niente fosse.
- Premesso che (postilla del precedente), appena uno della nostra parte viene preso con le mani nella marmellata, ogni sforzo non va rivolto a pulirgliele, ma a dimostrare che sono sporche anche quelle degli altri.
- Premesso che l’uomo è cacciatore e razziatore, e chi non si rassegna a veder trionfare gli istinti più bassi è un ingenuo o un moralista.
- Premesso che non solo ogni inchiesta, arbitraggio ecc. è per definizione un complotto, ma la vita intera è un complotto, ordito da tutti contro tutti all’insaputa l’uno dell’altro.
Ebbene, tutto ciò considerato e premesso, vengo alla domanda.

C’è ancora in Italia un disadattato che non ruba, pur occupando un ruolo che gli consentirebbe di farlo?
Qualora esistesse, lo pregherei di rilasciarci un’intervista. Sarebbe lo scoop del secolo.

Haiku

Spazzati dal vento
I piccoli fiocchi di neve.
Pisa a marzo!

7.3.10

Sontornataaaa

 

L'alba stamani a Amsterdam.