29.6.10

Radici



La famiglia la famiglia. Come ti giri ti giri sempre lì torni. La famiglia stretta soprattutto, quel complicato rapporto genitori sorelle fratelli figli, che anche ad impegnarsi al 100% tanto sbagli. Che anche a non prenderla sul personale tanto ci stai male lo stesso. La famiglia, quella troppo presente e quella che non c'è mai. Quella del pranzo di Natale tutti sorrisi almeno per un giorno. E sono sinceri quei sorrisi, perché ogni tanto si può fare una tregua. Quella che ti guardi intorno e non c'è quando proprio ne avevi bisogno. Quella che non c'è mai, ma anche quella volta c'avevi sperato. Quella che ti nasconde le storie per proteggerti, e quella che ti coinvolge troppo. Quella che si chiamano tutti per nome e quella che devi bussare alla porta prima di entrare e chiedere se stai disturbando. Quella che non ne fai mai una giusta e quella che ti festeggia semplicemente perché esisti. Quella che ora sei maggiorenne e vaccinato e sono affari tuoi e quella che per ogni passo va consultata per l'approvazione. E non è una cosa proforma. Quella numerosissima. Quella piccola piccola, come la mia. La famiglia con tutte le sue storie. I traslochi e le case da rimpiangere o da scoprire. I divorzi e le morti. E le nascite anche, che valgono di più. I parenti che credevi di non avere e quelli che avresti preferito non avere. Le tradizioni che cambiano con le nuove generazioni. Le lingue diverse che si parlano.

Il mio nonno quasi un secolo fa, dopo aver fatto il soldato nella prima guerra mondiale e esserne rimasto scioccato decise di lasciare l'Europa. Mio nonno era scozzese, era nato alla fine dell'ottocento e si chiamava James. Alcune sue sorella già se ne erano andate in Nuova Zelanda e lui scelse di raggiungerle lasciando il suo piccolo paesino di Peebles. Dall'altra parte del mondo ci mise un po' di tempo, ma alla fine si fece la sua famigliola, sposò Mabel che invece in Nuova Zelanda c'era arrivata all'età di tre anni, ed ebbe due figlie, Doris e Joyce, a una certa distanza l'una dall'altra. Il mio nonno aveva sempre le scarpe perfettamente lucide e andava in bicicletta con la schiena così diritta che lo si poteva riconoscere da lontano. Gli piaceva mangiare un quadratino di cioccolata, preferibilmente con le nocciole, insieme a un goccetto di whisky tutte le sere prima di andare a dormire. Adorava le barzellette, anche quelle italiane sui carabinieri (anche a mio padre piacevano le barzellette sui carabinieri, sarà stato così che ha conquistato mia madre?). Era un campione di bocce, del quartiere. Vinceva anche dei pelouche che poi ritrovavamo nei pacchi regalo spediti per nave. Le bocce in Nuova Zelanda sono un po' diverse da quelle italiane. Hanno un peso da una parte quindi non vanno proprio diritte. Amava i fiori, e quando andavamo a trovarlo - raramente perché non stava proprio dietro l'angolo - ci faceva trovare piccoli vasi di fiori sui comodini dei nostri letti. Mia nonna non l'ho mai conosciuta, e quella figlia più giovane di James ne ha sempre parlato molto poco. Pare sia stata sempre molto malata, credo di diabete, probabilmente per questo non riuscì a essere troppo presente per quella figlia piccola, e lei di conseguenza ne parlò sempre poco. Succede.
Mia madre adorava i fiori e le mancava una casa col giardino. I nostri terrazzi e davanzali erano sempre pieni di fiori. Per meno di un anno ottenne la sua casa col giardino, ma i fiori non me li ricordo. Le piaceva il cioccolato e faceva sempre dei dolci fantastici, in particolare me ne piaceva uno al limone, una specie di soufflé con una parte cremosa. Le piaceva la musica classica ma ascoltò seria seria l'analisi ragionata pezzo per pezzo dell'album Thriller di Michael Jackson fatta da una tredicenne. Adorava suo padre, forse fu lui, chissà, che si occupò di più di lei. Mia madre intorno ai trent'anni lasciò la Nuova Zelanda per scoprire quell'Europa che la sua famiglia aveva abbandonato nella speranza di una vita migliore dall'altra parte del globo. Lasciò la Nuova Zelanda sia per curiosità, per andare a ricercare le proprie radici, ma anche per una grossa delusione d'amore. Non me l'ha mai detto anche perché certe cose le ho scoperte tardi ma secondo me è così. Per motivi diversi da mio nonno, mia madre lasciò il suo paese perché qualcosa nel suo paese l'aveva delusa irrimediabilmente, come lui salì su una nave e salutò la sua famiglia senza sapere di preciso quando l'avrebbe rivista.
Mia madre viaggiò soprattutto in Inghilterra e in Francia, e proprio lì conobbe un tizio di Pontedera. Un coetaneo secco secco, con i capelli neri neri, e gli occhi profondi e tristi. Della famiglia di mio padre non so quasi niente perché nella famiglia di mio padre si parla molto poco di sentimenti e vicende personali. Però posso dirvi cosa pensasse di Victor Hugo e Khomeini. Non che in quella di mia madre siano dei campioni, ma a paragone sembrano una famiglia allargata siciliana durante il pranzo di ferragosto. So che mia nonna si chiamava Ivonne e che fisicamente le somigliavo. Va bene, non si chiamava Ivonne, accidenti, c'aveva un nome francese però, ma ora proprio non mi viene in mente. Anche lei non l'ho conosciuta. Anche lei è stata molto malata e penso che abbia lasciato troppo presto i suoi due figli maschi, e nonostante mio padre fosse il più grande lo chiamavano tutti Giovannino. Mio padre amava la lirica e quando era giovane andava in bicicletta da Pisa fino a Torre del Lago per assistere alle opere. Era appassionato anche di ciclismo, forse per quello non gli pesava fare tutta quella strada in bicicletta. Non so che bicicletta avesse da giovane, ma per andare alla stazione a prendere il treno per Livorno dove ha insegnato fino a quando è andato in pensione usava una graziella col cestino dietro. Il primo giorno di scuola delle elementari però mi ricordo che mi accompagnò a scuola sulla canna di una bicicletta e mi spiegò cosa fosse la ricreazione e che solo allora avrei potuto mangiare quella rosetta col salame che avevo in cartella. Anche Giovannino fu deluso dal suo paese, o solo da Pisa, o solo da Pontedera o forse fu per una delusione d'amore che con una Laurea in Letteratura Francese in tasca partì per la Francia per fare il lettore. E lì conobbe la donna bianca straniera e accadde il fattaccio.
Era prevedibile però che Joyce e Giovannino non potessero stare un granché fermi e a Pisa rimasero davvero poco. Insieme a due bambine piccole, io e mia sorella - evviva finalmente siamo ufficialmente nate - ripiegarono tutto nelle stesse valigie e bauli che li avevano portati a incontrarsi e si spostarono ancora, insieme, prima a Grosseto (viaggione!) e poi nel Medioriente e infine in quel continente da dove mia madre era partita una quindicina d'anni prima, l' Oceania, ma in Australia questa volta. Sempre alla ricerca di qualcosa di meglio, credo. Un lavoro più interessante e anche meglio retribuito. Il desiderio di conoscere altro. L'insoddisfazione per il paese di residenza. Il gusto per l'avventura magari. Forse solo semplicemente l'irrequietudine. La ricerca della felicità, guarda caso uno dei temi della prova d'italiano della maturità di quest'anno. E alla fine l'hanno trovata? Mi viene da rispondere di sì, in certi momenti secondo me sì. Mio padre e mia madre fecero quello che sentivano fosse meglio per loro e la loro famiglia e decisero di partire. Magari invece non lo era la cosa migliore quella, ma sicuramente ci hanno provato.
La vita poi è strana. Buffa, per certi aspetti. Imprevedibile, ma solo a prima vista. E alla fine siamo tutti tornati qua a Pisa, da dove almeno mio padre tanto tempo prima era partito. E qui come mia madre è rimasto.
La vita poi è strana, sembra imprevedibile ma solo a prima vista.
Due settimane fa mia sorella è partita. Per l'Australia. Non so in che anno mia madre partì dalla Nuova Zelanda, facciamo finta che fosse il 1965: ecco ho pensato che quarantacinque anni dopo mia sorella stia facendo il viaggio inverso, o lo stesso di mio nonno perché delusa anche lei lascia l'Europa, o lo stesso dei nostri genitori perché non è partita sola. A differenze del mio nonno e di mia madre (mio padre credo che prese un treno per raggiungere la Francia) loro hanno preso un aereo e si sono portati dietro computer che servono anche per comunicare con chi è rimasto indietro, per non farci sentire, noi che siamo rimasti, troppo soli. Ho pensato che mia sorella, come mio nonno, come dopo mia madre, come da un'altra parte del mondo anche mio padre e come poi loro insieme a noi, sia andata a cercare qualcosa di meglio e un po' d'avventura; che l'abbia spinta l'irrequietudine e qualche insoddisfazione; che stia cercando un po' di felicità. E penso che in certi momenti, la troverà.

Questo post qui ce l'ho in mente da un po' di tempo, e non sarà mai scritto come veramente avrei voluto scriverlo. Ce l'ho in mente dal 14 giugno per la precisione, dopo che ho letto questa cosa qui scritta da ciuzpah!, che a differenza di me lo fa in poche righe e rendendo bene l'idea, almeno a me.

Arrivederci amore ciao
Quella cosa dei cervelli in fuga, quella con cui si stampano le pagine dei giornali quando scarseggiano notizie appetitose, quel concetto vago con cui ci si riempie la bocca dopo l'ultimo bicchiere; quella cosa poi diventa vera. Sempre più spesso.
E cominciamo a risentirne. Perché a quel cervello c'è attaccata una faccia amica e un odore consolatorio. Quel cervello si porta via spalle su cui abbiamo appoggiato le mani e l'idea che abbia un senso rimanere.
Chi può se ne va e chi resta comincia davvero a sentirsi solo e sciocco: guardiano d'un avamposto abbandonato almeno tre guerre fa.
E se anche l'ultima partenza ci regala comunque l'emozione di uno slancio e il pensiero che almeno altrove, ci sia qualcosa da andare a cercare, diventa sempre più pesante essere della razza di chi rimane a terra.

Questo post qui l'ho scritto anche pensando all'unica persona che sa cosa è vero e cosa ho inventato della storia della mia famiglia. Reggimi il gioco, eh! E buona fortuna.

6 comments:

ico gattai said...

brava, bello, bis!!!!

SUBU said...

Ma quante cose ti ricordi?!? Sei a pieno titolo la memoria storica della micro-famiglia! Io non mi ricordo nulla. TI credo che vado alla ricerca della mia identità!!! Sbrigati a scrivere il resto, così torno prima! L'unica lacuna che posso colmare è il nome francese della nonna italica, Solange.
Per quanto riguarda la voglia di avventura, posso dire che ieri l'altro, complice un forno con mille funzioni e una disgraziata voglia di sperimentare, ho dato fuoco al forno del residence. Per fortuna qui siamo anche dotati di un micro estintore. Poi è scattato l'allarme anti-incendio e tutto.
Tutto a posto comunque!
Ho cancellato ogni traccia (ci ho perso un paio d'ore)!

Michele said...

decisamente una delle cose migliori che hai scritto.

enzo said...

Appassionato, me lo sono letto tutto d'un fiato.
Bello, grazie.

Anonymous said...

mi hai commosso...un abbraccio ed un bacio ale

Ilgeko said...

Mi sono permessa di pubblicarti su faccialibro. Premettendo però che a te fa schifo. ^^ . Mi è piaciuto assai questo tuo post. Dovresti farne più spesso così.