31.10.12

ex-flatmate

Kitchen boy, Claude Joseph Bail (1893)


Exco dal 20 settembre è un Londoner.
Dopo qualche momento di disperazione e grazie a esse.pi ed eric, exflatmate ha trovato lavoro.
ExFlatMate (sto facendo degli sperimenti sul nuovo nome) dice che esse.pi ed eric lo fanno sentire un po' a casa, e quando lo invitano a cena lui tutte le volte si innamora del loro divano, oggetto che exflat non possiede più.
Esse.pi ed eric sono due espatriati di lungo corso, uno dei quali è rimasto e ha fatto carriera nel campo della ristorazione. E' così che exflat si è ritrovato a fare il lavapiatti, o meglio il kitchen porter, in un ristorante della catena Carluccio's. La prima settimana è stata durissima, senza un giorno di pausa e senza paga perché lì funziona così: la paga della prima settimana è la caparra, quando poi te ne vai te la rendono. Otto ore di fila di lavaggio piatti / pulizia della cucina.

Exflat su skype: Mi fanno malissimo le mani.
Sburk su skype: Usa i guanti e abbonda di crema.
Exflat: Non è un problema di pelle. Ho le mani doloranti.

Wagner è il nome del head chef brasiliano a cui Exflat fa riferimento: è con lui che ha fatto il colloquio per essere assunto ed è lui che gli fa l'orario (quando se lo ricorda). Certi giorni Exflat è stato chiamato sul cellulare per venire a lavorare lì per lì.

Exflat sta cercando un equilibrio tra il non farsi sfruttare e non sembrare schizzinoso/choosy.

Dopo due settimane di lavoro il mantra di Exflat è ancora lo stesso: spero si sbrighino a mettermi agli antipasti.
Qualche giorno fa è stato preso un nuovo kitchen porter. Questo fa ben sperare Exflat.

30.10.12

Pantelleria/fine


Il posto più bello di Pantelleria - più bello forse no, forse più sorprendente - è il Lago Specchio di Venere.
Sì, nella piccola isola di Pantelleria c'è spazio per un lago.
Sì di acqua dolce.
Anzi no, di acqua termale.
Al lago ci discendi da una stradina in discesa, così puoi ammirare tutti i suoi colori, perché in certi punti è azzurro, in altri blu, in altri smeraldo. Dall'alto ammiri anche la sua circolarità: immagino sia un antico cratere.
Ci tuffiamo.
L'acqua non è per niente fredda, e soprattutto non ci sono meduse, finalmente si può fare una bella nuotata senza lo stress di essere punti.
L'acqua non è per niente fredda perché sulla sponda opposta del lago rispetto a dove siamo noi ci sono delle sorgenti di acqua calda. Lì quindi ci dirigiamo, e dopo aver incontrato un paio di mostri coperti di fangoche si lasciano amabilmente fotografare troviami le pozze. Alcune sono bollenti, impossibile quasi infilarci solo un piede per mezzo secondo; altre invece sono proprio piacevoli.
Anche nel mare ci sono varie sorgenti termali, ma noi siamo rimasti troppo poco tempo per esplorarle.
A Pantelleria ci sono anche soffioni di vapore caldo, li chiamano bagni asciutti, e uno è dentro la grotta di Benikulà, dove se ti porti l'acqua, ti puoi fare una fantastica sauna naturale. Sparse per l'isola poi ci sono le favare, cioè getti di vapore d'acqua calda che raggiungono anche i 100° C.

Tramonto sul porto di Marsala l'ultimo giorno di vacanze

29.10.12

Pantelleria - il porto

Uno pensa il porto di Pantelleria.
Uno pensa che a Pantelleria c'ha la casa Armani, si narra che ci venga Madonna, e poi non ricordo chi altri. Forse Fini, visto che un'insegnante di Volterra, appassionata di Pantelleria da tempi non sospetti, una volta in difficoltà in mare, venne salvata da lui. Avrebbe voluto farne a meno, ma il mare si stava alzando pericolosamente.
Insomma il porto di Pantelleria io me lo immaginavo pieno di yacht da emiro arabo con rubinetteria d'oro e barche a vela della lunghezza di Luna Rossa. Pantelleria io me la immaginavo come Portofino. Invece. Barche a vela pochissime e pochi anche i mega yacht. La maggior parte dei natanti sono costituiti da barchette in affitto e barconi per portare i turisti. Fa veramente strano anche non vedere i pescherecci, ce ne sono 4 o 5. Pantelleria infatti non è un'isola di pescatori ma di agricoltori e i pescherecci che vediamo sono per lo più di Marsala e Mazzara.
Nella nostra zona ci sono varie barche abbandonate. Una ancora in acqua e attraccata lateralmente (si dice all'inglese) dove sopra ci cresce l'erba. E' un bi-albero e ha gli oblò di vetro colorato. Pare sia infestata dai topi. Sarà vero? Qui è pieno di gatti. Un'altra barca abbandonata invece è fuori dall'acqua appoggiata su in impalcatura che la tiene dritta. Dentro ci abita qualcuno, ogni tanto vediamo una testa, e davanti è stata fatta una specie di veranda. I gatti spesso lo vanno a trovare.
Il paese di Pantelleria dà sul porto, naturalmente. Non è un bel paese, la maggior parte delle case sono bruttine, ricostruite tutte dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma come tutte le città di porto, per quanto brutte, almeno a me piacciono sempre, mantengono sempre quel fascino di città di porto, col mare, le barche, la confusione, la gente. Due sono gli edifici degni di nota: uno è il castello di Barbacane, una fortificazione tutta nera abbastanza imponente e anche un po' inquietante; e accanto la cattedrale, moderna, che assomiglia a una moschea e che a me è piaciuta molto, ma agli altri per niente.









25.10.12

Ugo Tramballi dalla parte delle donne



Ultimamente la mattina mentre faccio colazione e mi preparo per uscire ascolto Prima Pagina di RadioTre. Prima ascoltavo fedelissima Controradio, le notizie alle 7.30 e poi la lettura dei giornali di Radio Popolare, cercando di essere pronta ad uscire di casa dopo le previsioni del tempo del Lamma toscano. Da un po' di tempo a questa parte però il tempo dedicato alla lettura dei giornali è diminuito notevolmente, perché è diminuito il tempo del collegamento con Radio Popolare. Al suo posto pubblicità e notizie fiorentine.

Quindi Prima Pagina.
Anche se dipende dal giornalista che legge i giornali: se mi sta antipatico preferisco ascoltare le polemiche sulla tramvia fiorentina.

In questo periodo c'è un certo Ugo Tramballi giornalista del Sole 24 Ore. Dal tono della sua voce - sempre molto pacato - da come risponde alle domande degli ascoltatori - in modo serio, senza mai fare ironia, né quella facile, né quella intelligente - mi sono fatta l'idea di un giornalista appunto pacato e serio, per nulla aggressivo e raramente fuori dalle righe.

Fuori dalle righe va solo quando non trova l'articolo che aveva deciso di leggere, gli succede più del dovuto visto che tutta la prima parte della trasmissione consiste nella lettura di articoli di giornale, e quando pensa che un ascoltatore stia facendo un intervento troppo lungo, allora, pacatamente, gli dice che bisogna lasciar spazio anche alle altre domande degli ascoltatori e chiude la telefonata.

Stamani dopo aver dato la notizia di un certo Richard Murdoch candidato repubblicano al senato per l'Indiana che ha detto "Io penso che anche quando la vita comincia nell'orribile situazione di uno stupro è qualcosa che dio ha voluto accadesse" e aver ricordato le dichiarazioni di Todd Akin candidato repubblicano al senato per il Missouri che ha detto poco tempo fa che in caso di violenza il corpo della donna ha la capacità di impedire la fecondazione, Ugo Tramballi ha affermato che è per questo che sostiene Barak Obama.

Poi ha fatto una pausa. E' un tipo pacato.

Poi il pacato ha detto così: "A me piacerebbe oggi chiedere sia a Todd Akin che a Robert Murdoch che lo andassero a dire questo alle donne del Ruanda e della Bosnia, anzi vorrei lasciare tutti e due nelle mani di 50 donne bosniache e 50 donne ruandesi in una stanza chiusa (pausa) magari con dei manici di scopa in mano."

Il blog di Ugo Tramballi su il Sole 24 Ore si chiama Slow News; e la sua foto sul suo account Twitter lo mostra mentre fuma il narghilè a Beirut.

Comunque Viva Sempre RadioTre

Gli italiani non hanno il senso della Storia, ma della Storiella



Sempre in Sicilia rimango.

Un articolo abbastanza lungo, diviso in tre parti, ma che scorre molto bene perché scritto da Andrea Camilleri sull'identità italiana. L'articolo, apparso su Limes, è vecchiotto, del 2009, e fa spesso riferimento a chi ci governava a quel tempo; ma noi siamo sempre quelli lì.

La conclusione di Camilleri:
Ecco, forse l’ideale dell’italiano di oggi è essere un motorino.

24.10.12

Pantelleria/2




Pantelleria è un'isola spettacolare, che non te l'aspetti; o almeno io non me l'aspettavo.

Mentre la giravamo con una Fiat Punto scassatissima affittataci dal proprietario della rimessa del porto dove abbiamo ormeggiato per qualche giorno, personaggione con bandana che ci ha raccontato di essere amico di quel politico e di quell'altro avvocato, di essere stato invitato alle nozze della figlia di un altro giudice ma di esserci stato solo cinque minuti perché si sentiva un pesce fuor d'acqua, perché lui sta bene qui tra le sue barche, mentre insomma scorrazzavamo su e giù per le strettissime stradine pantesche, pensavo che non vedevo l'ora di tornarci, anche per poterle fare a piedi le stradine e i tanti sentieri che attraversano l'isola. Con calma. Magari stare in un dammuso, le tipiche abitazioni di Pantelleria fatte di pietra nera e col tetto a cupola, spesso doppia, pitturata di bianco.

Tre sono i colori che prevalgono, il nero della pietra vulcanica e il verde dei vigneti, dei capperi, degli ulivi, dei fichi d'india... I vigneti sono bassissimi, gli ulivi sembrano dei cespugli, questo per via del vento che su Pantelleria soffia spesso e forte. Vengono anche costruiti dei muretti a protezione delle piante. Un muretto a circondare una pianta.

E poi c'è il blu del mare che praticamente da ogni parte è visibile.

Pantelleria ha una montagna che si chiama Montagna Grande, alta 836 m. La su quando siamo andati ci faceva  freddo e sei in mezzo alle nuvole. Da lassù si vede tutta l'isola, per quello ci avevano detto di andare.
A Pantelleria sembrano usare un po' questi nomi da Indiani d'America o da Il Signore degli Anelli: Cala dei Cinque Denti, Montagna Grande, e Dietro l'Isola che è un'altra zona particolarmente verde. Altri nomi sembrano arabi, come Rekhale, Khamma o Bukkuram. Del resto si dice che la Tunisia in certe giornate particolarmente limpide da Scauri, piccolo porticciolo sul lato ovest dell'isola, si vede.

Dalla Montagna Grande

23.10.12

Pantelleria






A Pantelleria arriviamo prima delle 6 del mattino dopo la traversata notturna da Marsala. A un certo punto della notte rallentiamo anche per non arrivare quando è ancora buio. Io ho dormito 2 ore e vengo svegliata in vista dell'isola e in vista dell'ancoraggio.

Ancoriamo nella Cala dei Cinque Denti. A quell'ora non c'è nessuno e si vedono ogni tanto le macchine con i fanali ancora accesi passare su una strada che costeggia in un punto la cala. La scogliera che la circonda è nera ed aguzza, da qualche parte ci devono essere i cinque denti che le danno il nome. Il nero è inframezzato dal verde della poca vegetazione. L'acqua è limpidissima. Faccio colazione e torno a dormire.

Torneremo spesso nella Cala dei Cinque Denti. E' ben riparata e il fondale è anche in parte sabbioso, l'ancora tiene di più. E, nonostante qualche medusa, si possono fare dei bellissimi bagni a esplorare i fondali. Le rocce laviche infatti creano dei fondali che cambiano in continuazione. Scopro grotte sott'acqua e anche una sopra l'acqua (l'ultimo giorno avevo deciso di infilare la mia kodak funsaver in una borsa asciutta e nuotare fino alla grotta sopra l'acqua per fotografarla, ma il mare era un po' mosso e non riuscivo ad zigzagare troppo bene tra le meduse). Sempre sott'acqua ci sono anche delle specie di buche tonde enormi e anche piccole, mi chiedo cosa siano, se siano state formate da delle esplosioni, data la loro perfetta circolarità; la roccia certe volte è liscia altre volte piena di buchette dove si nascondono i pesci. Ogni tanto si intravedono persone che scendono lungo i sentieri, l'accesso al mare a Pantelleria non è semplice, ma ne vale la pena. Vale la pensa anche solo camminare lungo i sentieri.

La conformazione rocciosa più famosa di Pantelleria, però, è l'Arco dell'Elefante. Con Dorabella ci siamo arrivati, ma era un giorno molto ventoso e col mare un po' mosso: non è stato possibile fermarsi. Ecco alcune foto trovate online.



A Pantelleria non si sono viste molte barche a vela mentre nello stesso periodo a Favignana ce n'erano e come... quindi non era perché fuori stagione. Evidentemente Pantelleria è un po' lontana e con pochi ripari quando tira vento. Noi del resto, tranne per qualche giorno in porto abbiamo sempre dormito nella Cala dei Cinque Denti.

22.10.12

Three barts è meglio che one


Three barts e le forze dell'ordine alla manifestazione del Municipio dei Beni Comuni per i diritti nello spazio il 13 ottobre. Il 20 ottobre riapre l'ex Colorificio Toscano di Via Montelungo/Viale delle Cascine a Pisa per diventare bene comune.

20.10.12

19.10.12

La tonnara di Favignana

Dorabella davanti alla tonnara, kodak funsaver

Alla tonnara ci arrivi a nuoto, ma non ci puoi entrare, puoi sbirciare tra le sbarre delle porte, arrampicarti su una terrazza dove c'è una vecchia bilancia arrugginita. Pagando solo 4 euro però puoi entrare dalla porta principale e partecipare a una lunga e interessante visita guidata. Alcune visite guidate le fanno gli ex-dipendenti della tonnara, tra cui alcuni ex-rais (ma forse rais rimani per tutta la vita anche se non fai più le tonnare). Le strutture della tonnara sono veramente belle e ben restaurate e ci sono ancora alcuni barconi che venivano usati per la tonnara. Alla base delle tre ciminiere invece c'è una fila di larghi pentoloni infilati nella pietra nei quali si bolliva il tonno prima di inscatolarlo sott'olio. La tonnara di Favignana fu la prima a inscatolare il tonno. La tonnara di Favignana è stata la più grande tonnara del mondo e quella che pescava i tonni più grandi. Praticamente tutta l'isola lavorava alla tonnara. Poi nei primi anni ottanta chiuse.

La tonnara è bella di per sé ed è bello ascoltare i racconti della vita che dentro c'è passata. Delle donne che inscatolavano e che lasciavano i bambini all'asilo della tonnara - nel periodo fascista nello spogliatoio delle donne venne fatta scrivere sul muro una scritta che inneggiava alla donna regina del focolare, c'è sempre; degli uomini che invece bollivano il tonno; delle reti che venivano stese lungo le strade del paese per poterle ricucire; delle canzoni che cantavano per tenere il ritmo della pesca.

Dentro la tonnara ci sono anche due mostre permanenti di fotografia: una di Herbert List, e l'altra di autori vari tra cui anche Scianna; c'è una piccola mostra archeologica dei reparti trovati nel mare tra Favignana e Levanzo e che risalgono alle guerre puniche; e documentari sulla storia della tonnara e di Favignana.

La cosa che a me è piaciuta di più, oltre alla struttura architettonica (per me quella era più che sufficiente), è stata un'istallazione. In uno dei grandi spazi chiusi, totalmente al buio sono proiettati su tanti schermi gli ex-dipendenti della tonnara, uno per ciascun schermo e a grandezza naturale. Entrando nello spazio si sente il vociare confuso di tutte quelle persone, ma poi davanti a ciascun schermo sotto una campana si può ascoltare il racconto di ognuno.



La tonnara apparteneva alla famiglia Florio, un'antica famiglia di origine calabrese, scappata dal terremoto di Calabria del 1783. Si stabilirino a Palermo dove aprirono una drogheria e nel giro di poche generazioni diventarono una delle famiglie industriali più ricche d'Italia; non solo grazie alla tonnara, ma anche alle miniere di zolfo, alla compagnia di navigazione (sue erano le navi che portavano gli imigrati negli Stati Uniti), ai vini di Marsala, e come banchieri. I Florio si chiamavano tutti Vincenzo o Ignazio, e decaddero con la velocità con cui arrivarono al successo.
Gli ultimi Florio furono Ignazio e Donna Franca. Ignazio fece di tutto per non fallire, e infatti non fallì che a quei tempi era cosa veramente disdicevole, ma piano piano dovette vendere tutti i suoi possedimenti, tra cui la tonnara di Favignana. Ignazio e Donna Franca erano anche i protagonisti della vita sociale palermitana della belle epoque. Donna Franca era considerata una donna bellissima, corteggiata anche da Gabriele D'Annunzio (che fortunella, penso io). Su youtube si trova un documentario della rai sulla famiglia Florio, che qui ho appena accennato, ma che fanno venire in mente i Buddenbrock di Thomas Mann, solo siciliani. Certo Camilleri potrebbe scriverci un libro.

Donna Franca Florio ritratta da Giovanni Boldini
La visita alla tonnara l'abbiamo fatta per caso: una sera dopo una pizza difficile da digerire alla fine di una passeggiata ci siamo trovati davanti alla porta d'ingresso e stava per cominciare la visita, quindi non avevo nessuna macchina fotografica. Questo qua sotto è un bel video che riprende l'innaugurazione della tonnara restaurata, e tra i vari visitatori si riconoscono gli ultimi rais.

Per non rimanere indietro

Anch'io il post con Guido.
Le vacanze dell'anno scorso con la Nikonos appannata.


16.10.12

Un lunedì sera qualunque


Ieri sera il Teatro Rossi occupato era, come si suol dire, gremito.

Gente in piedi accalcata alla porta d'ingresso per assistere allo spettacolo di Il Tappeto i Iqbal, un'associazione che lavora con i ragazzi di strada del quartiere Barra di Napoli, dove, come diceva ieri sera il presidente Giovanni Savino della onlus, la camorra è l'ultimo dei problemi (mi ha fatto un po' effetto questa frase).


Lo spettacolo si chiama Lui chi è ed è fatto da brevi sketch portati in scena da alcuni ragazzi e che descrivono la vita quotidiana a Barra inframezzati dai racconti di Giovanni Savino sulla storia dell'associazione e le difficoltà incontrate e la storia del quartiere e le difficoltà incontrate e video e fotografie sempre inerenti Il tappeto di Iqbal e il quartiere Barra.

Giovanni Savino è bravissimo a raccontare.

I ragazzi sono bravi, ma io ho dei problemi col dialetto napoletano e non mi aiutava neanche il fatto che il loro viso fosse al buio perché il punto luce ce lo avevano dietro (di solito anche se non capisco le parole, l'espressione del viso di solito ti danno almeno un'idea di cosa ti stanno raccontando). Però quando gli altri ridevano, ridevo anch'io.

Punto culminante della serata è stato un collegamento skype con una operatrice sociale (credo) in Messico, un po' lungo in cui non si capiva neanche molto e non parlava napoletano.

Ma soprattutto non ho capito cosa sono I gigli, nonostante i filmati anche - che però erano proiettati non proprio sulla parete, ma sullo sfondo del palco che includeva delle quinte e una finestra, quindi... non si vedeva molto bene. 

Insomma, diciamo che di tutto lo spettacolo che è durato anche molto ho capito poco.
Però mi è piaciuto.
Capire (con la testa) non è sempre essenziale.

12.10.12

La prova


Google mi spia, anche a Pantelleria.
(kodak funsaver)

10.10.12

Chiamiamo qualcuno?



Il 25 settembre, intorno alle 22.00 troppo vicini a Punta San Nicola, Isola di Favignana, nella mia testa decidevo cosa avrei fatto se a un certo punto Dorabella si fosse trovata su un fianco come succede nell'America's Cup. Nello stesso tempo mi dicevo che Dorabella non era un catamarano ma una solidissima barca a vela, e le barche a vela non si ribaltano. Contemporaneamente cercavo di stare calma. E per la prima volta chiedevo:

- Chiamiamo qualcuno?

Errore umano. Distrazione. Stanchezza. Questi credo siano i motivi che il 25 settembre intorno alle 22.00 hanno portato Dorabella a incagliarsi in alcuni scogli davanti a Punta San Nicola, Isola di Favignana. Non ricordo esattamente cosa stavo facendo: sicuramente non stavo guardando il profondimetro e probabilmente stavo pensando che erano 20 anni che non tornavo a Favignana e che al porto di Favignana mancava finalmente poco dopo quasi 12 ore di navigazione.

Quando ti incagli negli scogli senti un bel rumore, il rumore della deriva che sbatte sugli scogli. Bum. E anche se stai andando piano perché sei una barca a vela e non un motoscafo succede che d'improvviso ti fermi. E se sei in piedi, io dovevo essere in piedi, anche se non lo ricordo, perché sono caduta, cadi. E se sei sfortunato cadi sulla manopola dell'accelleratore, così la barca si incaglia ancora di più, e fa di nuovo quel tremendo rumore di deriva su scoglio. Bum!

Poi era buio. Anche prima del bum.

- Chiamiamo qualcuno?

Il 25 settembre alle 22.00 troppo vicini a Punta San Nicola, Isola di Favignana era buio ed eravamo incagliati sugli scogli. Il motore non sembrava portare avanti la barca e il timone non sembrava rispondere. E poi dove si andava? L'impressione era quella di incagliarsi sempre di più. L'impressione era che ci stavamo avvicinando troppo alla costa. Anche se la notte capire le distanze è difficile. Se non fosse stato notte ce ne saremmo accorti di essere troppo vicini alla costa. Di notte io non lo vedo il bicchiere mezzo pieno. Pieno d'acqua? E se imbarchiamo acqua? Di notte, io sono estremamente pessimista.

- Chiamiamo qualcuno?

Di notte, quando è buio, io sono estremamente pessimista ma non lo do a vedere. Il 25 settembre intorno alle 22.00 cercavo di mantenere l'equilibrio mentre la barca sbandava da una parte all'altra e mentre riflettevo su cosa avrei fatto se Dorabella si fosse ritrovata su un fianco, anche se, riflettevo, è praticamente impossibile visto che Dorabella non è un catamarano, e mentre riflettevo cercavo di mantenere l'equilibrio fisico e psicologico della barca.

- Cerchiamo di mantenere l'equilibrio della barca, non stiamo tutti da una parte.

Ma eravamo 3. L'equilibrio era quasi impossibile, a meno che uno stesse nel centro del pozzetto. Ma non era il caso, ci mancava solo il boma sulla testa. Al buio sono estremamente pessimista ma quando il capitano dice apriamo il fiocco così la barca si alleggerisce, smettiamo di sbandare e il vento anche se poco dovrebbe portarci fuori da questi scogli, mi sembrò subito una soluzione sensata e liberai velocemente la scotta del fiocco.

Frushhhh... il rumore della vela che si dispiega, e sbatte nel poco vento. Frushhhh....

Aspettiamo, nel buio alle 22.00 sempre più vicini secondo me a Punta San Nicola.

- Ti sembra che stia succedendo qualcosa?
- Boh. Ma dovrebbe funzionare, un po' di pazienza, ora il vento ci porta fuori.

- Chiamiamo qualcuno?

Chiamiamo qualcuno. Risponde la Capitaneria di Trapani che fra le altre cose ci chiede se stiamo tutti bene e se siamo tutti adulti. Sì. Sì. E tre secondi dopo che abbiamo chiamato qualcuno, vedo avvicinare una luce. Una luce nel buio. Che bella. Mentre pi.bi parla con la capitaneria la luce si fa barchetta con sopra due uomini che urlano foraforafora e ci segnalano da che parte uscire.

- Di là?
- Sì di qua. Presto. Fora fora. Dietro a noi.

E come senza preavviso e con una gran botta, bum, ci siamo incagliati, subito e grattando ancora un po' la deriva ci disincagliamo. La Capitaneria di Trapani ci chiede se vogliamo che il peschereccio Squalo Bianco da cui è partita la barchetta ci scorti fino al porto di Favignana. Sì, dico io, voglio essere scortata fino al porto, che sembra tutto a posto, il timone risponde, il motore pure, e non vedo acqua dove non dovrebbe essere, però... dai facciamoci scortare dallo Squalo Bianco, il mio peschereccio preferito.

Al porto di Favignana, che è bellissimo perché c'è la tonnara e quella notte lì, buia, era tutta illuminata, ci sono due addetti della Capitaneria di Favignana e cinque favignanesi che ci aiutano ad ormeggiare la barca su una banchina. Prima di scendere pi.bi toglie il paiolato dalla dinette e non sembra ci sia acqua anche se la botta, bum, lo ha smosso il paiolato. G. già a terra si accende una sigaretta, me ne fumerei una anch'io, gli dico. Ma non lo faccio. Ci andiamo a mangiare un gelato.

La mattina dopo rientra il peschereccio Squalo Bianco, il mio peschereccio preferito. Io sto facendo colazione nel pozzetto e i pescatori sono tutti lì, e mi salutano, discreti, mentre passano. Appena attraccati li andiamo a salutare e ringraziare. Ci prenderanno in giro, ci guarderanno come i soliti turisti, del nord, incapaci, penso io, ma se lo pensano nessuno di quelli che viene a parlare con noi lo dà a vedere. Invece tutti ci parlano di leggi del mare, che se qualcuno in mare è in difficoltà è tuo dovere soccorrerlo, a meno che a bordo non ci sia un morto, mi dice un altro che viene a trovarci alla barca in bicicletta, ci dicono che quella punta effettivamente e buia e quegli scogli non sono segnalati, il capitano ci dice che l'aveva visto ancora prima di sentire la chiamata di soccorso che qualcosa non andava, che la luce in cima all'albero si muoveva in modo strano, e aveva subito mandato qualcuno, ci dice che in quel punto già un'altra volta una barca a vela molto più grossa di Dorabella si era incagliata, era durante una regata e lui la stava guardando dalla costa. Quella volta la deriva si era rotta.

A noi no. Andavamo piano.

A fine mattinata ci spostiamo dalla banchina e ci ancoriamo vicini alla tonnara. Vicini vicini che ci arrivi a nuoto. Ci tuffiamo e andiamo a vedere come sta davvero la deriva, e come stanno il timone e lo scafo tutto. La deriva è un pochino ammaccata nel bordo inferiore, timone e scafo stanno benone. Allo Squalo Bianco regaliamo due cassette di vino.

E dopo 20 anni, Favignana di nuovo ha lasciato il segno.
(E pure questo 2012)

Il mio peschereccio preferito Squalo Bianco, e la sua barchetta

9.10.12

Makkox - Se serve


Makkox lo trovi anche su il post, di cui guardo sempre le figure.

8.10.12

Una data importante


Dopo quasi 3 mesi dall'incidente oggi sono tornata in bicicletta.
Mentre ieri a Gaiole in Chianti si è disputata l'Eroica.

4.10.12

Sicilia - Mazara del Vallo

Il problema della pellicola (ma anche proprio il suo bello) è che prima di vedere le foto passa un sacco di tempo. Soprattutto per quelle in bianco e nero che sviluppo più o meno da sola. Il problema in realtà è solo per il blog, che non viene aggiornato. Fortunatamente però il terzo giorno di Sicilia la Olympus (Olly) ha smesso di funzionare, credo per un granello di sabbia, e quindi da Pantelleria in poi foto a colori con usa e getta kodak. Dovrebbero essere pronte oggi.
Però ho capito che una digitale dietro fa sempre comodo.

Mazara è in bianco e nero, quindi ci vuole pazienza. Ma non avendo Olly un flash il Teatro Garibaldi in pellicola proprio non ce l'ho... allora da qui comincio.

Ci sono delle città che mi incuriosiscono per il nome, anche se non ne so niente. Per esempio Sligo in Irlanda, che poi si scoprì non essere niente di speciale. Ecco, Mazara del Vallo mi ha sempre incuriosita e ne vale anche la pena.

Usciti dalla notevole chiesa di Sant'Ignazio (che è scoperchiata quindi in pellicola c'è) un signore in bicicletta tutto vestito di nero ci chiede se siamo italiani e una volta appurata la nostra nazionalità ci consiglia di andare a visitare una cosa che di solito non è segnalata nelle guide, a differenza del museo del satiro - ma tanto il satiro non c'è, è a Londra. Ci consiglia di andare a visitare il Teatro Garibaldi, un teatro piccolo piccolo tutto di legno.

E lì naturalmente andiamo.

Il Teatro Garibaldi di Mazara sembra più piccolo di quello di Buti. Dovrebbero fare un gemellaggio, penso io. La differenza è che quello siciliano è tutto in legno, e tutto decorato con rappresentazioni popolari siciliane. Originariamente si chiamava Teatro Popolare e fu costruito nel 1948 nel giro di tre mesi. Poco, penso io! Il restauro è di pochi anni fa (ed è stato assai più lungo della costruzione) ed il teatro ha ricominciato a ospitare spettacoli solo dal 2010. Ha due ordini di palchetti, un loggione e nessun palco reale, ci fa notare con un certo orgoglio il signore vestito di nero che nel frattempo ci ha raggiunto. Ci fa notare anche alcune parti dell'architettura che provengono da navi, per esempio una trave che era un albero, dato che Mazara è soprattutto città di pescatori.

Infatti avrei voluto volentieri vedere il mercato del pesce di Mazara, ma per quello bisogna andarci presto. La prossima volta.