30.3.13

Enzo Jannacci



Difficile sceglierne una, è già la terza che cambio. Magari poi la cambio di nuovo.

Lo so, non è proprio sua sua. Però. No?!
L'altra che avevo scelto prima era Bartali, neanche quella sua. Però... fatta da lui. No?!
Ho chiaramente un debole per le sue interpretazioni (anche perché spesso non capisco una parola di quello che dice).

10 minuti dopo...

Ne metto due.
Una sua.
Strafamosa.
Strabella.


29.3.13

Come pietra paziente



Immaginate:
L'Afghanistan.
E la sua guerra fatta di carrarmati che invadono strade già piene di macerie, uomini armati appostati sui tetti e che entrano nelle case.
Le case con al posto dei vetri teli di plastica, che la notte sono rischiarate da una lampada ad olio, con i materassi e i cuscini colorati per terra. Nelle case afgane tutto sembra svolgersi nella parte bassa delle stanze.
Sdraiato su materassi e cuscini sta un uomo con la barba bianca, in coma.
Lo cura la moglie, giovane e bella, che in casa porta solo un velo a coprirle la testa ma che per strada si nasconde sotto un enorme e svolazzante burka color senape.
Lo cura e una volta convinta che lui non risponda a nessun stimolo, neanche al dolore - a un certo punto preme con un dito sulla ferita non ancora rimarginata per controllare -, e che neanche senta le sue parole, la donna poco alla volta si apre al marito e racconta cosa non ha potuto mai raccontargli.
Il marito diventa per la donna una pietra paziente, una pietra magica, racconta la zia della donna (unica confidente della moglie e che fa la prostituta in un bordello), capace di ascoltare tutti i pensieri, tutti i sentimenti, che le donne non possono confidare a nessuno, e che alla fine rompendosi in mille pezzettini libererà la donna dal peso di tutto quello che ha dovuto sopportare.

Come pietra paziente è un film fatto soprattutto di ricordi e di racconti, quasi un lungo monologo della moglie; che non ha un nome. Poi è fatto di bella fotografia, di una terra povera e di tessuti colorati. E di bella colonna sonora. Ma soprattutto il film è fatto da Golshifteh Farahani, l'attrice protagonista: notevole.

Il regista è Atiq Rahimi, afgano ma che vive da più di trent'anni in Francia e che è autore anche del romanzo vincitore del premio Goncourt nel 2008.

Il film è molto lento, anche per i miei stardard, ed è all'Arsenale a tutte le ore per tutto il periodo di Pasqua. Secondo me è da non perdere. 

22.3.13

Ho fame



Il sito di Florent Tanet (l'autore).
via il post

14.3.13

A Torino c'era il sole


Giornata primaverile a Torino domenica scorsa. Mi sembra logico, c'era il mercato mensile al Balon, più grosso di quello settimanale sempre al Balon che cade di sabato e che c'è solo la mattina. Un mercato che in una sua parte è soprattutto arabo: lo si capisce oltre che dal sole dalla percentuale di presenza maschile rispetto a quella femminile.

8.3.13

Una separazione


E' un film iraniano del 2011 di Asghar Farhadi.
E' stato in cima a tutte le toplist dei fissati di cinema.
Ha vinto l'Oscar come miglior film straniero.
Ha vinto l'Orso d'oro a Berlino.

E io lo volevo vedere lo volevo vedere ma poi non è capitato.
Fino a quando e.esse si è ammalata, con questa terribile influenza, annoiandosi a morte a casa. Ha visto Una separazione e alla prima occasione che ci siamo viste senza neanche dirmi ciao, mi ha dato il film e mi ha detto guardalo, è bellissimo.

E' bellissimo.

E' bellissimo perché è girato così bene, perché è così curato nei minimi particolari.
E' bellissimo perché i minimi particolari sono importanti.
E' bellissimo perché la telecamera non balla.
E' bellissimo perché non è mai ridondante, perché sembra mostrare i fatti senza prendere posizione, ma allo stesso tempo è molto coinvolgente.
E' bellissimo perché gli attori e i dialoghi sono perfetti.
E' bellissimo perché è una storia semplice semplice che semplicemente va fuori controllo. Senza colpi di scena, senza grossi drammi, anche tu spettatore quasi quasi non te ne accorgi.
E' bellissimo perché tutti hanno ragione e tutti hanno torto.
E' bellissimo perché parla di verità, e di sincerità e di umanità.

Paolo Mereghetti nella sua recensione cita dal film di Renoir La regole del gioco "Il tragico della vita è che tutti hanno le loro ragioni"

6.3.13

Beasts of the Southern Wild


O in italiano, Re della terra selvaggia.
Sorprende che sia tratto da una pièce teatrale visto che il film si svolge nelle terre e foreste un po' alluvionante del sud degli Stati Uniti. Forse la Lousiana, dov'è passata la devastazione di Katrina.
Sorprende perché il film si svolge quasi tutto sopra l'acqua, nella vasca da bagno - bathtub - come la chiamano gli abitanti; che forse è il lago formato da una diga, o forse è il mare o forse è solo immaginazione, o forse è tutto insieme.
La protagonista è una bambina afroamericana, candidata all'Oscar quest'anno come miglior attrice. E' lei che seguiamo sempre. Ha solo un padre, con cui però non vive - vivono in due casette, molto diroccate una vicina all'altra. E intorno a loro c'è tutta la comunità del bathtub, che vive al di fuori della società. Però come nella società 'normale' bevono parecchio, birra, siamo negli USA.
Niente è molto chiaro nel Re della terra selvaggia comprese le beasts che alla fine appaiono a galoppo. Molte recensioni parlano di un'evoluzione verso la maturità di Hushpuppy (la bamibina), di critica del surriscaldamento del pianeta. Forse. Il regista stesso ha detto che il film può diventare l'allegoria di qualsiasi cosa, dato che è così dettagliato e specifico.
Io personalmente nel film mi ci sono persa - ma mi succede per film molto più normali - e ho seguito la musica che trasporta, e la fotografia che balla, e le facce che sono belle, e il vento negli alberi, e l'acqua che sale e scende e la natura che è anche molto molto cattiva.
Il regista, Ben Zeitlin fa parte di un interessante collettivo di film makers con un sito pieno di cose da vedere.