6.3.14

L'orchestra

La quarta generazione

Strumica, Macedonia
Trombe, tamburi, grilli, ultime stelle. La musica filtra con la brezza tra le querce, scende a folate dalle cime chiazzate di neve, porta a valle il profumo di maggio, odore di rose, erbe aromatiche e asfodeli, inebria la gente che sale nella boscaglia, investe uomini a cavallo, sudati, l'alito di grappa e birra, bestie tenute per la criniera, famiglie intere su trattori coperti di ghirlande. Non si dorme la notte di San Giorgio in Macedonia, la terra di Alessandro il Grande. E' per viverla tutta che, in una notte di luna, siamo venuti a Strumica, un villaggio fuori rotta disseminato di monasteri, cicogne e campi di meloni. Una valle quieta e fertile, ai confini con Grecia e Bulgaria, che a primavera ti regala cieli mediterranei e d'inverno nevicate da Russia profonda.
Sudiamo nell'aria fine, siamo quasi in cima, ora la musica è vicina, assordante, i tamburi hanno invaso il bosco. Un ritmo pazzesco, asimmetrico, claudicante. Cinque ottavi, sette ottavi, undici ottavi. Roba antichissima, mai sentita altrove. Un'andatura che aderisce alle irregolarità del terreno e nasce - dicono - dal passo dell'asino. Grecia, Danubio e Balcani messi insieme. La banda appare, su un prato, investita dalla luce mandarino dell'alba, accanto ai ruderi di una chiesa. I musicanti fanno circolo, un anello magico di energia. Sono gli Agushevi, suonatori turchi di qui, la famiglia musicale numericamente più grande d'Europa. Musulmani, suonano alle feste e ai matrimoni degli ortodossi. Guai se non ci fossero. Sono così bravi che non li vogliono nei festival; con loro in campo, non c'è più storia. Impossibile competere con una tribù intera che suona giorno e notte dall'asilo alla tomba. Nonni, padri, figli, nipoti, cugini, zii, generi e cognati: un albero genealogico di orchestre. Quattro generazioni in pista, cinquanta maschi che suonano con lo stesso cognome.

da: Monika Bulaj, Paolo Rumiz Gerusalemme Perduta

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