16.9.16

Pantelleria. Letture

Brevi recensioni di 4 romanzi + 1 guida dalle quali si capisce senza ombra di dubbio quale mi sia piaciuto di più.
Uno, due, tre, via!

Non ho trovato scrittori panteschi, ma una specie di guida su Pantelleria: L'ultima isola di Giosuè Calaciura. Lui è un autore del programma di Radiotre Farenheit ed è palermitano (quindi posso leggerlo, perché il giochino è leggere solo autori locali - anche se i panteschi non sarebbero d'accordo perché loro affermano di essere panteschi e non siciliani. Le 24 ore passate a Palermo però mi permettono di superare questo cavillo). L'ultima isola è una guida diciamo letteraria all'isola di Pantelleria. Ogni capitoletto descrive gli aspetti più particolari dell'isola, che di aspetti particolari ne ha veramente tanti. Si comincia con la difficoltà per arrivarci, per mare perché il mare è spesso mosso e i traghetti non ce la fanno ad attraccare, ma anche per cielo, perché la pista di atterraggio è molto corta e se c'è troppo vento (come spesso c'è) si rischia di finire in mare o sulla Montagna Grande. Pare che i piloti che volano su Pantelleria facciano un corso speciale. Si prosegue raccontando tutti i diversi popoli che tuttavia ci sono riusciti ad approdarci - fenici, romani, spagnola, bizantini, arabi, normanni - e che le hanno dato i nomi diversi: Yrnm, Cossyra, Qawsra, Bent el-Rhia. E poi la roccia lavica; i muretti a secco; l'isola Ferdinandea che a un certo punto è emersa dall'acqua e poi è tornata sotto; l'acqua calda in mezzo al mare; l'uomo contro la natura; i giardini panteschi ah i giardini panteschi; i capperi e lo zibibbo; i dammusi; l'aeroporto voluto da Mussolini; il bombardamento degli americani... un sacco di roba e ancora di più che leggi prima di andare e poi trovi davvero.


Ma forse quello che più mi è rimasto addosso della lettura di L'ultima isola è stata la sensazione di vero isolamento. Pantelleria è in fondo in fondo all'Italia, 5-6 ore di traghetto da Trapani, più vicina alla Tunisia che all'isola madre. Intorno a Pantelleria non c'è davvero niente, solo un mare spesso burrascoso. Allora  sono andata contro tutte le regole del giochino e ho letto un libro di un triestino che va in vacanza su un faro che si trova su un'isola neanche quella siciliana. Il ciclope di Paolo Rumiz. Rumiz, è assodato, mi piace; mi piacciono i suoi viaggi lenti e mi piace come ne scrive. Il ciclope descrive sicuramente il viaggio più lento che ha fatto, una trentina di giorni dentro un faro su di uno scoglio in mezzo al mare. Ed effettivamente su quello scoglio in mezzo al mare non è che succeda un granché, ma in quell'isolamento, in quella assenza di distrazioni, succede che l'essere umano guarda un po' dentro di sé e gli viene in mente altro da raccontare. Cose facili, tipo altri fari e altri mari, oppure di migranti, di navi, di terre lontane, di altri viaggi. Rumiz ci filosofeggia un po', in certi punti forse un troppo e scade in un moralismo che in altri libri suoi non ricordavo; ma se piacciono i fari (a chi non piacciono?) è un gran bel libro. A meno che uno non sia bergamasco, il moralismo di Rumiz si può anche perdonare (a un certo punto c'è una battuta parecchio gratuita e sciocca sui bergamaschi che se la poteva anche risparmiare e che da gran viaggiatore che è non me la aspettavo proprio).


Quindi torno con felicità ai siciliani e al libro che più mi è piaciuto e mi ha colpito: Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia di Giuseppe Rizzo
Pirandello fa cacare, dice Gaga. Tomasi di Lampedusa fa cacare.E Camilleri, anche Camilleri fa cacare?, chiede l’americano.Camilleri è il male assoluto. Dovrebbero imprigionarlo e rileggergli tutti i romanzi di Montalbano fino a che non implori pietà. Bisognerebbe mettere mano alla pistola ogni volta che qualcuno dice della splendida decadenza e dell’irredimibilità di questo posto, come fanno Camilleri Pirandello Tomasi. Bisognerebbe appiccare il fuoco, incendiare tutto, cambiare i connotati toponomastici e geografici di quest’isola, togliere ogni punto di riferimento agli isolani e al resto del mondo. Bisognerebbe, ecco, bisognerebbe che qualcuno si decidesse a scrivere un piccolo manuale per organizzare una guerra lampo, radere al suolo la Sicilia e resettare la mente di quelli un po’ cretini come te. Senza offesa, tesoro, era solo un esempio.
Come fai a non leggerlo? Io Camilleri, Pirandello Tomasi sì. Io la bellezza della Sicilia decadente sì. Io il paesaggio violento sì. Io il mare meraviglioso sì. Io tutti i luoghi comuni della Sicilia ce li ho. Piccola guerra lampo all'inizio mi sembrava scritto in modo troppo 'guarda come so scrivere strano io', poi ha cominciato a ricordarmi un fumetto e NiccolòAmmaniti, poi mi sono innamorata dei personaggi, poi era un colpo di scena dietro l'altro, poi dovevo sapere come andava a finire, poi alla fine mi sono commossa ed ero su uno dei tanti scogli scomodi di Pantelleria, faceva un caldo bestia ed ero nell'unica cala con le meduse. Giuseppe Rizzo è giovane, è di Agrigento e ha scritto anche 'L'invenzione di Palermo' che prima o poi leggerò.


Se non ricordo male di Leonardo Sciascia Piccola guerra lampo invece non parla male. L'ho letto per primo, prima ancora di partire, insieme alla guida, Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia. L'ho trovato uno Sciascia un po' diverso, meno siciliano forse, nonostante la storia, che si ispira al Candide di Voltaire, si svolga in Sicilia. Forse un po' troppo intellettuale anche se come il Candide originale è spesso comico. Insomma, non ho molto da dire su questo.








L'ultimo letto, finito da poco, invece rientrerebbe a pieno titolo nel genere di romanzo siciliano denigrato da Osso, il protagonista di Piccola guerra lampo: La Mennulara di Simonetta Agnello Hornby. Piccolo paesino siciliano, nobili decadenti, servitù contadina, il mafioso che però fa la cosa giusta, pettegolezzi. Dopo Piccola guerra lampo era difficile tornare a un libro 'normale', ma La mennulara non è malaccio e della scrittrice siciliana residente da moltissimi anni a Londra sicuramente mi piacerebbe leggere altro. La Mennulara è una serva di una decadente famiglia che nel primo capitolo muore e il resto del libro è una specie di indagine per capire chi era davvero la mennulara e se è vero che ha lasciato da qualche parte un sacco di soldi. Ci sono molti personaggi e certe volte si fa un po' fatica a ricordare chi è chi anche se i lunghi titoli-riassuntino dei capitoli aiutano. Credo che quello che mi è mancato in questo romanzo sia un personaggio a cui affezionarmi, col quale sentire empatia, ma forse anche odio... non ho sentito niente per questi personaggi, mi stavano tutti indifferenti, forse qualcuno minore mi è piaciuto, ma essendo minore c'era poco.


Finita questa parentesi siciliana ora sto leggendo Elena Ferrante, La figlia oscura. Ecco, Elena Ferrante riesce benissimo a farti entrare i personaggi sotto la pelle, già con il primo rigo. C'è poco da dire, chi se ne frega chi sia, è una gran bella scrittrice!

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