22.11.16

Notizie dalla Nuova Zelanda/2

Mia zia, Auntie Doris, con cui ho avuto uno scambio di email in occasione del terremoto, mi racconta che sta organizzando un viaggio in Alaska con la sua amica Isabel. Auntie Doris ha 88 anni e cammina male, Isabel qualche anno di meno.
Leggo e rimango sconvolta: Auntie Doris, 88 anni, Alaska.
Conclude la parte sul viaggio così: "At my age I think it's going to be very tiring, but we have booked and partly paid for it so I'm going!"

15.11.16

Notizie dalla Nuova Zelanda

  • New Zealand prime minister John Key revealed he had missed a call from US president-elect Donald Trump while dealing with the aftermath of the earthquake:

I didn’t see the call when it came in, in the hurly burly of things I didn’t notice.


Traduzione: Il primo ministro neozelandese John Key ha rivelato che mentre si stava occupando delle conseguenze del terremoto non si è accorto della chiamata del presidente-eletto americano Donald Trump: "Non ho visto la chiamata, nel hurly burly (caos) che c'è stato non l'ho notata."

La scossa più grossa è stata di 7,5 ma ci sono state ulteriori scosse anche grosse per oltre 12 ore. Poi è arrivata la pioggia. Ci sono stati 2 morti.

I miei parenti che vivono nell'Isola del Nord, mentre il terremoto è stato nell'Isola del Sud, stanno tutti bene.

Anche le mucche intrappolate su un cucuzzolo creato dal terreno che è ceduto stanno bene.

2.11.16

How to be both, Ali Smith

Francesco del Cossa, Salone dei mesi, Palazzo Schifanoia, Ferrara (1468 circa)


Ci sono dei romanzi che mentre li leggi soprattutto all'inizio non capisci bene di cosa stiano parlando ma sono scritti così bene che vai avanti per il gusto del suono di una parola dietro l'altra. Nel caso di How to be both (tradotto in italiano con L'una e l'altra) il godimento per la scrittura di Ali Smith deriva anche da certi piccoli dettagli grafici, come per esempio i due punti usati per separare certe frasi, un po' come si usa la barra quando si scrivono di seguito i versi di una poesia.
Allo stesso tempo è anche una lettura impegnativa perché le 350 circa pagine sono divise in solo due capitoli e entrambe i capitoli hanno uno stile nel racconto che assomiglia molto a flusso di coscienza. Quindi quando dopo 24 ore riprendi in mano il libro di solito ti tocca andare indietro almeno una pagina per ricordarti cosa stesse raccontando perché in quei due capitoli non ci sono pause.
Anche se non sai di cosa si stia parlando esattamente vai avanti perché ogni tanto ti arrivano dei dettagli e te fai ohhh, e ti tocca anche tornare indietro perché certe cose che hai letto a seguito della tua incredibile scoperta prendono un nuovo significato.
Io tendo a correre troppo quando leggo, tendo a voler arrivare alla fine, e How to be both meriterebbe più lentezza, oppure meriterebbe di essere riletto. Cosa che credo rifarò perché sento di aver afferrato solo un decimo di tutto quello che questo libro voleva raccontare.
How to both racconta di due persone, una che vive nei giorni nostri in Inghilterra e l'altra che ha vissuto in Italia nel Quattrocento e che a un certo punto si incontrano. Tra le varie cose che le accomuna, alcune delle quali non voglio svelare e altre che sicuramente non ho notato, c'è la perdita della madre, figure particolarmente importanti nella vita dell'una e dell'altra. Notare come il titolo in italiano è sì azzeccato ma perde quel 'come essere entrambe' che per il romanzo è importante.
Ali Smith è secondo me una delle migliori scrittrici contemporanee soprattutto per la particolarità della sua scrittura. Tradurla bene non deve essere per niente semplice e sono curiosa di vedere come è stato fatto.

Qui un'intervista sull'Indice dei libri che svela molto di più di quanto ho svelato io. Ne riporto un piccolo stralcio per invogliarvi a fare click:

Non siamo mai da soli. E siamo sempre in compagnia – una compagnia invisibile – delle persone che se ne sono andate prima di noi e delle persone che verranno dopo di noi. La nostra esistenza è stata resa possibile da chi è esistito prima di noi, e noi rendiamo possibile quella di chi esisterà dopo di noi, e viceversa, e nonostante possa sembrare che cinquecento anni e un paese diverso e una storia diversa siano enormi barriere e confini insuperabili per mettere in connessione persone diverse, in realtà noi abbiamo tutto in comune se solo guardiamo o ascoltiamo oltre noi stessi. Questo è ciò che l’arte è, e ciò che l’arte fa. Apre i sensi, spalanca una porta oltre, e in modo paradossale contemporaneamente dentro, il concetto del sé.