27.11.17

American Gods



18.
di Neil Gaiman

È inutile parlare, raccontarvi, di American Gods. American Gods ho l'hai letto o non l'hai letto e quando l'hai letto fai parte di quel gruppo di persone che l'hanno letto, e che si riconoscono, e che quando si incontrano, anche se il libro l'hanno letto dieci anni prima, snocciolano i nomi assurdi dei personaggi un po' come si fa per i mobili dell'Ikea, e si confidano le proprie teorie su chi è chi. Ebbene, io ora faccio parte di quel gruppo lì.

27.10.17

Due ruote

Il cugi dell'ex coinqui insieme alla sua ragazza fa questi incredibili viaggi in moto. Quest'anno è Asia, e sono appena arrivati in Iran.


10.10.17

American Gods

Il libro, dé.
Sono molto oltre la metà, mi mancano circa 250 pagine.
Sono già preoccupata che sta per finire.
Non penso che guarderò la serie. Magari tra qualche anno.
Viva Neil Gaiman.

“I can believe things that are true and things that aren't true and I can believe things where nobody knows if they're true or not. I can believe in Santa Claus and the Easter Bunny and the Beatles and Marilyn Monroe and Elvis and Mister Ed. Listen - I believe that people are perfectable, that knowledge is infinite, that the world is run by secret banking cartels and is visited by aliens on a regular basis, nice ones that look like wrinkled lemurs and bad ones who mutilate cattle and want our water and our women. I believe that the future sucks and I believe that the future rocks and I believe that one day White Buffalo Woman is going to come back and kick everyone's ass. I believe that all men are just overgrown boys with deep problems communicating and that the decline in good sex in America is coincident with the decline in drive-in movie theaters from state to state. I believe that all politicians are unprincipled crooks and I still believe that they are better than the alternative. I believe that California is going to sink into the sea when the big one comes, while Florida is going to dissolve into madness and alligators and toxic waste. I believe that antibacterial soap is destroying our resistance to dirt and disease so that one day we'll all be wiped out by the common cold like martians in War of the Worlds. I believe that the greatest poets of the last century were Edith Sitwell and Don Marquis, that jade is dried dragon sperm, and that thousands of years ago in a former life I was a one-armed Siberian shaman. I believe that mankind's destiny lies in the stars. I believe that candy really did taste better when I was a kid, that it's aerodynamically impossible for a bumble bee to fly, that light is a wave and a particle, that there's a cat in a box somewhere who's alive and dead at the same time (although if they don't ever open the box to feed it it'll eventually just be two different kinds of dead), and that there are stars in the universe billions of years older than the universe itself. I believe in a personal god who cares about me and worries and oversees everything I do. I believe in an impersonal god who set the universe in motion and went off to hang with her girlfriends and doesn't even know that I'm alive. I believe in an empty and godless universe of causal chaos, background noise, and sheer blind luck. I believe that anyone who says sex is overrated just hasn't done it properly. I believe that anyone who claims to know what's going on will lie about the little things too. I believe in absolute honesty and sensible social lies. I believe in a woman's right to choose, a baby's right to live, that while all human life is sacred there's nothing wrong with the death penalty if you can trust the legal system implicitly, and that no one but a moron would ever trust the legal system. I believe that life is a game, that life is a cruel joke, and that life is what happens when you're alive and that you might as well lie back and enjoy it.”

5.10.17

Genio

È Christoph Niemann. Altre immagini le trovate sul Guardian.




25.9.17

Tu, mio




17.
di Erri De Luca

Era da tantissimo che voleve leggere un libro di Erri De Luca poi una mattina di fretta trovo nella strada parallela alla mia sulla soglia di un palazzo una decina di libri con scritto 'prendeteci, siamo gratis'. Di libri di Erri de Luca ce ne erano più d'uno, non ricordo con quale ragionamento ho scelto Tu, mio.

Tu, mio racconta l'estate a Ischia di un ragazzino adolescente, sui 16 anni, e il rapporto che si crea tra lui e una ragazza più grande amica del cugino. Se a prima vista può sembrare solo un'infatuazione per la bella ragazza più grande andando avanti si scopre tra i due un rapporto più complesso e profondo. Fa da sfondo a questa storia l'estate a Capri, i racconti del dopoguerra, la pesca, il mare, la libertà delle vacanze.

Il romazo è breve, poco più di cento pagine, si legge veloce anche se la bella prosa di Erri De Luca costringe ogni tanto a rallentare. Dopo tanto attendere, Erri De Luca sì mi è piaciuto.


21.9.17

Ieri



16. Agota Kristof

Ho avuto l'impressione dei averlo già letto.
Agota Kristof è quella di La trilogia di K, libro che è nella mia lista di libri da leggere insieme per esempio a Moby Dick (c'era anche American Gods, ma quello lo sto leggendo adesso).
Libro molto triste ma anche molto poetico come spesso può essere solo la tristezza. Racconta la storia di un uomo molto triste e deprimente che aspetta l'amore della sua vita, una sua compagnia di classe delle elementari quando viveva in un paese da cui è scappato ancora bambino. Che probabilità avrà di rincontrarla? Leggetelo e scopritelo, sono poche pagine.

19.9.17

Il biciclettaio



15. di Corrado Rainaldi

Romanzino pisano che si legge molto piacevolmente perché ci si ritrova un po' di storia e di personaggi di Pisa e per me perché si parla di biciclette. È la storia soprattutto di un ragazzino che finalmente grazie a un biciclettaio generoso riesce ad avere una degna bicicletta da corsa e il suo tentativo di giostrarsi da giri in bici, studio e amori. Si legge in un paio di giorni.

13.9.17

Tina

14. di Pino Cacucci



Di Tina Modotti conoscevo solo alcune notizie qua e là. Sapevo che era vissuta in Messico, che frequentava Frida Khalo e Diego Rivera, che aveva posato per Edward Weston e che lei stessa era diventata fotografa. Mi mancava però tutta la sua vita politica che purtroppo, mi viene da dire, fu assai più intensa e superò praticamente cancellandola la sua vita artistica. Accidenti che vita!

E nonostante per gusti personali sia stata più interessata alla vita artistica di Tina Modotti, la sua partecipazione ai movimenti comunisti di inzio novecento mi hanno fatto conoscere molte vicende storiche che non conoscevo o conoscevo poco, dalle rivoluzioni in Messico e America Latina, alla Russia di Stalin e al suo coinvolgimento nella guerra civile spagnola, agli italiani che si trasferirono in Russia attirati dalle speranza di una vita più giusta.

Bello.

11.9.17

La ferocia



13.
di Nicola Lagioia

Libro che volevo leggere da tempo perché mi piace Nicola Lagioia per gli articoli che scrive e la sua conduzione su Radiotre. Però come non sono riuscita ad apprezzare uno dei suoi libri preferiti, Gilead di Marylinne Robinson, non sono riuscita ad apprezzare neanche il suo romanzo. D'impatto mi ha dato subito fastidio questo modo di cominciare i paragrafi parlando di qualcuno o qualcosa senza specificare chi o cosa e lo capisci solo alla fine della pagina, che va bene, è intrigante, crea l'attesa, fa mistero se lo fai una volta ogni tanto, ma lui lo fa un po' troppo spesso (per i miei gusti ovviamente, perché La ferocia è romanzo molto amato). E questa tecnica di scrittura è applicata anche al racconto tutto che inizia con una morte violenta, anzi feroce, e quindi vai avanti per capire, leggi pagina dopo pagina, si sommano personaggi su personaggi, vicende familiari e vicende pubbliche, ma alla fine veramente non lo capisci come si è arrivati davvero a quella morte violenta. O almeno io non l'ho capito. Come non ho capito certe dinamiche familiari che pare portino a quella morte violenta.

Insomma, ho trovato la scrittura troppo elaborata, troppo pensata, spesso pomposa e il racconto alla fine non chiaro. Mi dispiace dirlo, ma La ferocia proprio non m'è piaciuto.

Comunque a Nicola Lagioia io gli voglio bene lo stesso.

6.9.17

Casa lungo l'Avenue Verte

L'Avenue Verte è un percorso ciclabile che collega Parigi e Londra fatto di piste ciclabili e strade secondarie con pochissimo traffico. Io e G abbiamo fatto in tutto poco più di 600 km. L'Avenue Verte ufficiale è lunga circa 450 km ma noi abbiamo aggiunto qualche deviazione.

1. Casa di A a Parigi

Aeroporto di Orly - casa di A in pieno centro e anche abbastanza vicino al percorso dell'Avenue Verte nella capitale francese. Dopo aver rimontato le nostre biciclette abbiamo avuto qualche difficoltà a uscire dall'aeroporto di Orly dove stavano facendo un sacco di lavori e poi a trovare la pista ciclabile che corre lungo la Senna. A un certo punto google map ci mandava su un'autostrada. Una delle tante soste sulle aiuole spartitraffico dove G apriva le sue cartine e io mi affidavo a google map. Una volta raggiunta la Senna, percorso facile facile fino a Parigi. A casa di A scopriamo anche che da queste parti la notte si dorme col piumino.

2. Casa di Lucile a Conflans-Sainte-Honorine

Prima tappa ufficiale dell'Avenue Verte. Casa di Lucile è in cima a una salita. Noi dormiano in soffitta col piumino. Conflans è un bel paesino sulla Senna. È tutto chiuso. Si mangia giapponese. L'opzione era italiano, ma ci rifiutiamo.

3. La Petite Ferme a Chérence


Agriturismo appena fuori dal paese di Chérence. Chérence è simile a molti altri piccolissimi paesi che ci capita di attraversare in questa regione, il Vexin - un altopiano di campi, castelli, piccoli villagi, pochissima gente. I villaggi sono  piccoli, ben tenuti, con case in pietra e deserti. Sono tutti in ferie e ci rendiamo conto che trovare dove dormire non è semplice. Ma deviando dall'Avenue Verte troviamo la Petite Ferme, un agriturismo gestito da una coppia in pensione che include aperitivo in giardino e cena. Con noi ci sono anche due coppie del Belgio francese, gli uomini in moto e le donne in macchina.
In questa tappa facciamo anche un'altra deviazione, per il meraviglioso castello di Villarceaux che però alla fine della discesa (che poi tocca risalire) troviamo chiuso - è lunedì - e possiamo ammirare gli incredibili giardini solo dai cancelli. Questa cosa dei giorni di chiusura scopriamo cambia un po' di zona in zona e nei primi giorni abbiamo l'impressione di capitare nei posti sempre nei giorni di chiusura, di ristoranti, boulangerie, musei...

4. Casa di Dominique a Fourges

Tappa breve con pioggia. Visitiamo la casa di Monet a Giverny e il castello di La Roche Guyon. La casa di Monet è la casa di Monet, un'esplosione di fiori, il famoso laghetto di ninfee e la sua casa piena zeppa di stampe giapponesi. La Roche Guyon è un altro piccolo paesino in fondo a una discesa sulle rive della Senna, deserto come al solito e tutto chiuso tranne per una boulangerie, con un imponente castello scavato nella roccia parecchio cupo. Infatti pare piacesse a Rommel che a un certo punto ci ha soggiornato ed è anche il set di un fumetto della serie Blake e Mortimer dell'autore belga Edgar P Jacobs. Lo vendevano anche al castello e me lo sarei voluto comprare, ma in bicicletta non ti puoi comprare nulla accidenti perché aumenta il peso. Invece ci siamo comprate i viveri, buonissimi pomodorini gialli, rossi e neri e pesche provenienti dal giardino del castello.
La casa di Dominique a Fourges forse è la più bellina in cui abbiamo dormito. Fourges è il solito micropaese deserto. La casa di Dominique è a un'estremità del paesino, vicino a un fiume con davanti i campi con le mucche. Vicino anche a un bellissimo mulino con ristorante (in cui ci siamo pentite di non mangiare pensando fosse troppo caro). Praticamente abbiamo un appartamentino tutto per noi con letto nel sottotetto. Ci si sta benissimo e dormiamo benissimo e la mattina c'è una colazione luculliana nella casa principale. Dominique che all'inizio sembra molto timida e schiva invece ci fa visitare anche la sua casa e ci mostra le sue fotografie, molte fatte nel giardino di Monet, che sembrano quadri. Ci racconta anche del figlio e dei nipoti che da anni vivono in Nigeria.

5. Mobile home a Saint Germer de Fly

Questa volta non ce la facciamo a trovare un posto bellino, un agriturismo, un b&b, o simili. Ma il campeggio ci piace comunque. Anche lui è un po' fuori dal percorso, anche lui vicino a un micropaesino deserto ben tenuto e pieno di fiori, anche lui in cima a una salita. Sembra che l'Avenue Verte in Francia sia tutta pianeggiante, tranne per arrivare nei posti dove dormire. Il proprietario del campeggio, sperduto che uno si chiede ma chi ci viene qui, ci racconta che molti ci abitano tutto l'anno nelle mobile homes perché del resto negli alberghi ci mettono gli immigrati. In questa tappa incontriamo per la prima volta anche un gruppo di 11 italiani, 6 adulti e 5 adolescenti + 1 cane, anche loro a fare l'Avenue.

6. Alberghetto a Neufchatel-en-Bray

Scopriamo il formaggio Neufchatel, incredibilmente buono. Lo andiamo a comprare direttamente in fattoria. G ne vorrebbe comprare un sacco, ma dove lo mettiamo? Ne compriamo 3 e quando ormai in terra di cheddar mangiamo l'ultimo pezzettino, piangiamo.
Tappa veramente piovosa.
Avevamo pensato di dormire a Forges les Eaux, cittadina termale con casinò che dalla descrizione ci sembrava carina e interessante. Ci arriviamo a pranzo, insieme agli undici con cane, ma non ci convince più di tanto così proseguiamo fermandoci in una fattoria a comprare il sidro che verseremo sulla moquette dell'aberghetto. Il sidro macchia tantissimo.
Prima cena francese finalmente nel buon ristorante dell'albergo.

7. Nel manoir di Marika

A Dieppe mancano pochi chilometri. Nonostante le deviazioni e le pause siamo in anticipo sui tempi. Quindi la prendiamo ancora più con calma e ci fermiamo lungo la strada ad aspettare l'apertura di un castello. C'è il sole fra l'altro, si sta bene.
Il manoir di Marika ovviamente è in cima a una salita. Una pettata che in bici non ci si fa. Marika è una signora che probabilmente era molto bella da giovane, di origine iugoslava e che è stata lasciata dal marito per una più giovane, ce lo racconta lei dopo cinque minuti. Marika è buffa, ciacciona, simpatica, materna, fa tenerezza. Sta tutto il giorno davanti alla televisione nel salone e invita anche noi a stare con lei davanti alla TV. È rimasta da sola in questa mega casa ai bordi di Dieppe, decadente e disordinata con enorme giardino. Il manoir infatti è anche in vendita. Con Marika dividiamo la bottiglia di sidro comprata lungo la strada.
A Dieppe piove tutto il giorno ma noi ce la giriamo tutta tutta.

8. Sul traghetto
Per terra in un angolo. Mentre aspettiamo di salire conosciamo altri tre ciclisti che come noi prendono il traghetto a mezzanotte con arrivo a New Haven alle 4 di mattina ora locale: due belgi con delle biciclette supertecnologiche e una tedesca che sta viaggiando da sola. Alle 4 di mattina facciamo altra piccola dormitina rannicchiate sulle seggioline della sala d'aspetto. Fuori fa freddo, ci vestiamo con tutto quello che abbiamo.

9. A Seaford da Yoang

Passiamo tutta la giornata di sole accecante lungo la costa inglese, prima verso ovest fino a Brighton lungo la pista ciclabile che corre lungo le scogliere bianche e poi verso est fino a Seaford dove dormiamo. Siamo molto stanche perché in traghetto abbiamo dormito poco e naturalmente male e andiamo a cena nel primo pub inglese all'ora degli inglesi. Pub soddiasfacente. G continua il suo studio di carni locali già iniziato anche se con qualche difficoltà in Francia perché trovavamo sempre tutto chiuso. Prende il tacchino e si ricorda perché di solito il tacchino non lo prende: non sa di niente. Scopriamo che uno dei drink più alla moda dell'estate inglese è vino bianco, scientificamente misurato con un misurino, con l'aggiunta si selz.
Casa di Yoang in realtà è casa di John che forse è un musicista o forse un critico musicale e che al momento è in Nuova Zelanda. Yoang è il suo compagno giovanissimo vietnamita in Inghilterra da un anno e mezzo e che lavora da McDonalds. Yoang è gentilissimo e ci insegna anche come usare le spine italiane nelle spine inglesi senza bisogno di adattatore.

10. Wimbles farm a Horam

Un altro posto dove abbiamo lasciato il cuore e passato la notte in bianco. È una verdissima fattoria di campi ben tosati dove piantare la tenda con bagno ecologico accanto. Ci sono anche dei bungalow, pochi, forse due, che assomigliano ai vagono dei circhi di una volta. Wimbles fa anche bnb, ma piantare la tenda in mezzo al niente è bellissimo. Mark, il proprietario, ci fa fare anche la doccia calda, sempre all'aperto, che per i campeggiatori non sarebbe contemplata, ma dice che gli piace il viaggio che stiamo facendo e non ci fa neanche pagare! La mattina poi ci porta le sue mele per la colazione. Il lato negativo di questo posto paradisiaco - c'è anche un personale laghetto di ninfee, l'Inghilterra ne è piena altro che quello di Monet, dove Mark e la moglie la sera fanno il bagno - il lato negativo dicevo è che contro ogni previsione la notte viene giù un temporale pazzesco con tuoni e fulmini. Altro elemento che contribuisce alla tappa rimasta nel cuore è il pub The Star Inn, che ci dicono è dietro l'angolo, ma evidentemente se ci vai in macchina, in bicicletta è lontano e naturalmente in cima a una salita. Pub del 1400 dove tutti hanno già bevuto e quindi quando arriviamo sono tutti amiconi. Bel menu, non solo da pub. Io mangio delle sardine arrosto su letto di pomodori e aceto balsamico. G qualche carne che apprezza. Siamo un po' l'attrazione perché non so quanti turisti arrivano nel pub sperduto, anche se è pieno di gente. Facciamo amicizia anche col proprietario un po' dandy e piacione che si dichiara amante dei vini, ci fa vedere la carta e assaggiare i suoi preferiti italiani. Gli abbiamo dovuto dire che un chianti non era un chianti ma un vino di Chieti.

11. Alberghetto insignificante di Forest Row
Come già avevamo intuito l'Inghilterra non è piatta come la parte francese, ma ci sono una serie di salitelle insidiose. Su una G quasi cade. Grazie a quelle e alla notte praticamente in bianco io finisco presto le batterie così ci fermiamo a Forest Row che secondo la guida è meglio del paese subito dopo. Il giorno dopo scopriamo che non è per niente vero. Ecco questa è forse l'unica notte dove abbiamo toppato, albergo senza anima. Cena al pub come di consueto.

12. A Wimbledon da Dara

Programmiamo una tappa un po' troppo lunga con deviazioni forzate perché l'Avenue Verte è interrotta per lavori, lunghe perdite della retta via nelle cittadine super trafficate dove la segnaletica sparisce. L'Inghilterra è molto più trafficata della Francia. Ti passano tutti a distanza di sicurezza e se quella distanza non c'è ti stanno dietro buoni buoni finche non sei arrivato in cima alla salita, ma poi vanno a duemila. E un sacco di salite. All'ennesima perdita di percorso ci arriva in soccorso un ciclista su una bici da corsa Bianchi che ci dice seguitemi. Gentilissimo, è irlandese. G si preoccupa che stiamo barando perché lasciamo l'Avenue Verte ma vista l'ora e la stanchezza... e poi la parte inglese continua a non esaltarci. Seguiamo l'irlandese che ci racconta che suo figlio è stato in Italia per studio e ora pensa di essere italiano e ha preso tutti i difetti italiani.
Quasi a buio arriviamo da Dara. Bellissima casa in stile edwardiano (credo) con bel giardino stile selvaggio curato sul retro. Anche la cucina che dà sul giardino è molto bella e vissuta dove faremo un'altra ricca colazione la mattina ( tra cui pane e marmellate fatte in casa). Anche i proprietari sono simpatici e accoglienti, lei è pittrice anche se al momento non sta dipingendo perché supporta il marito impegnato in una start up dando lezioni di francese e occupandosi delle tre camere che affittano.
Durante questa tappa, in cima a un parco verdissimo avvistiamo per la prima volta i grattaceli di Londra. Emozionante. E Wimbledon praticamente è Londra ma l'arrivo ufficiale noi lo facciamo il giorno dopo.

13. A Hampstead Heath da Mike

Dopo perlustrazioni e perdite del percorso nel parco di Wimbledon (i parchi sono tutti enormi, ci perdiamo regolarmente) arriviamo in centro a Londra con foto ufficiale con alle spalle il London Eye. Yeah! E poi ci dirigiamo verso casa a Londra che è a Hampstead Heath. Lontanissimo e ovviamente in cima a una mega salita. La mega salita passa anche accanto alla casa di George Michael con antistante memoriale di candele e fiori per la sua morte. Girare per Londra in bicicletta non è semplice perché è enorme, è super trafficata (piste ciclabili lontane dall'essere sufficienti) e ci sono lavori in corso ovunque. Una volta che sono arrivata a destinazione posso anche dire che è divertente, ma nel tragitto che magari dura anche un'oretta con acquazzone improvviso incluso varie volte ho pensato, non so cosa, perché tanto o pedali o pedali. Anche casa di Mike non l'abbiamo proprio azzeccata. Mike è very English e poco comunicativo, anche se gentilissimo. Ci dà speigazioni per arrivare nei posti complicatissime che poi nella pratica sono posti che non necessitano neanche di una spiegazione. Mike quando ce li spiega ci dà anche un foglio di carta per prendere appunti.
Cena in uno dei local pub: finalmente un fish and chips, in altri pub spesso era finito. Io azzardo anche un piatto di formaggi inglese... ehm ehm.

14. Cycle Surgery, Bishop Square
È qui che lasciamo dopo 14 tappe le nostre biciclette per essere impacchettate.

3.8.17

Per dieci minuti



12.
di Chiara Gamberale

Un libro che si legge veloce, leggero ma che volendo ha degli spunti interessanti di riflessione - se a uno interessa l'argomento psicologia. Per dieci minuti racconta di Chiara, trentenne, mollata di punto in bianco dal marito con sui stava dai tempi della scuolla, e mollata anche dal lavoro. Inoltre ha da poco cambiato casa, dalla campagna è venuta a vivere nella grande città. In questo periodo non proprio semplice Chiara tutte le settimane va dall'analista che le consiglia un piccolo esperimento che è anche divertente: tutti i giorni, per dieci minuti, deve fare qualcosa di nuovo, qualcosa che prima non aveva mai fatto. Può essere una cosa piccola, come farsi tingere le unghie di fucsia con brillantini lei che aveva solo sempre usato lo smalto nero; ma anche qualcosa di più impegnativo, come organizzare il Natale con la famiglia, lei che per le feste di Natale insieme al marito era sempre partita per qualche viaggio. Ogni capitolo racconta una di queste nuove esperienze e l'effetto che producono.

Il libro è leggerino, non va particolarmente in profondità anche perché non è un saggio di psicologia, ma è un bel inno al cambiamento e al coraggio di uscire dai soliti schemi mentali.

1.8.17

Gilead



11.
di Marilynne Robinson

Mi rendo conto che questo blog ha sempre meno senso. Ogni tanto ho degli sprazzi di attività ma mi sembra che siano veramente poca cosa. Ogni tanto penso di smettere. Ma al blog ci sono affezionata. Forse non è più tempo di blog.

Comunque mi ero messa in testa di vedere quanti libri leggo in un anno, così per cuiosità, e questa cosa per ora tieni in vita A/R.

Gilead ne parla molto bene questa psicoterapeuta di cui seguo appunto il blog, lei lo aggiorna il suo, anzi scrive cose lunghissime che spesso non leggo. A un certo punto ha detto che ci sono degli scrittori, o scrittrici, che sono una specie di psicologi mancati. Marylinne Robinson è una. Mi incusiosisco e lo compro nonostante la trama non mi ispiri per niente.

Gilead è una specie di lunga lettera che un pastore della chiesa americana, forse chiesa battista, scrive al proprio figlio ancora piccolo avuto dalla moglie molto più giovane e quando l'uomo era già molto avanti con l'età. Mentre scrive l'uomo ha più di settanta anni. Gli scrive per raccontargli la sua vita, la storia della famiglia da cui discende, la vita nella piccola cittadina dove ha vissuto tutta la vita, le sue amicizie. Gli scrive perché sa che quando il figlio sarà abbastanza grande per potergli raccontare di sé lui non ci sarà più.

Poi leggo anche che Marilynne Robinson è una delle più grandi scrittrici americane, che ha scritto pochi libri ma tutti capolavori. Leggo soprattutto un articolo di un fan sfegatato di tutti i libri di Marilynne Robinson, anzi che li ha letti più volti. Lui è Nicola Lagioia, che ascolto sempre con piacere.

Insomma io ci provo ad apprezzare Gilead di Marilynne Robinson. Ma non mi riesce. La storia forse perché è troppo americana o forse perché è troppo religiosa non riesce ad appassionarmi, non mi dice niente. Arrivo fino in fondo, ma senza piacere.

Boh. Qualcuno l'ha letto? Sarei curiosa di sentire cosa ha da dire qualcun'altro che l'ha letto.

18.7.17

Passavamo sulla terra leggeri



10.
di Sergio Atzeni

Altro scrittore sardo, che sono tanti e bravi almeno tra quelli che ho letto, che oltre Michela Murgia include Milena Agus. Sì, all'appello me ne mancano molti e grandi!

Atzeni lo scoprii col racconto Bellas marisposas, che mi viene da dire è una delle cose più belle che abbia mai letto. L'ultima volta che andai in Sardegna lessi Il figlio di Bakunin, bello pure quello. Passavamo sulla terra leggeri è un romanzo un po' particolare che non si apprezza immediatamente. Mentre lo leggevo mi ha fatto venire in mente Cent'anni di solitudine, forse per la magia e le storie straordinarie che racconta di donne e uomini straordinari. Atzeni, nel suo romanzo pubblicato postumo, costruisce una specie di storia della Sardegna dai tempi preistorici fino alla fine del giudicato di Arborea nel 1400, racconta delle prime popolazioni e di come si sono organizzate, degli dei a cui credevano e di come contavano le stelle, racconta dei mille invasori e di come i popoli ci hanno convissuto, racconta di donne e uomini saggi, di montagne dove nascondersi, dei nuraghe, di mura, di falchi, di cavalieri e cavallerizze, racconta davvero un sacco di cose e di come tutte queste cose qualcuno deve continuare a raccontarle.

Dal 19 luglio al 2 agosto in Sardegna c'è un festival della letteratura che si chiama Sulla terra leggeri.

"Passavamo sulla terra leggeri come acqua, disse Antonio Setzu, come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli o scende scivolando sulle pietre, per i monti e i colli fino al piano, dai torrenti al fiume, a farsi lenta verso le paludi e il mare, chiamata in vapore dal sole a diventare nube dominata dai venti e pioggia benedetta. A parte la follia di ucciderci l'un l'altro per motivi irrilevanti, eravamo felici. Le piante e le paludi erano fertili, i monti ricchi di pascolo e fonti. Il cibo non mancava neppure negli anni di carestia. Facevamo un vino colore del sangue, dolce al palato e portatore di sogni allegri. Nel settimo giorno del mese del vento che piega le querce incontravamo tutte le genti attorno alla fonte sacra e per sette giorni e sette notti mangiavamo, bevevamo, cantavamo e danzavamo in onore di Is. Cantare, suonare, danzare, coltivare, raccogliere, mungere, intagliare, fondere, uccidere, morire, cantare, suonare, danzare era la nostra vita. Eravamo felici, a parte la follia di ucciderci l'un l'altro per motivi irrilevanti." 

17.7.17

Viaggio in Sardegna




9.
Undici percorsi nell'isola che non si vede
di Michela Murgia

Sarebbe bello ci fosse un libro così per ogni posto che si visita.
Viaggio in Sardegna si legge quasi come un romanzo e Michela Murgia è una grande narratrice; ma come si viene a sapere leggendo il libro la narrazione è una delle tante tradizioni dell'isola, e di scrittori la Sardegna ne ha sfornati molti e bravi.

Il libro è diviso in 11 capitoli che prendono spunto da una parola -  Alterità, Pietra, Confine, Indipendenza, Acqua, Cibo, Arte, Fede, Suoni, Narrazioni, Femminilità - e che permettono al lettore di viaggiare attraverso tutta l'isola dal mare alla montagna alla Barbagia. Alla Barbagia in particolare si ritorna continuamente, dando l'impressione che sia la regione più sarda di tutta la Sardegna in contrapposizione a quella Costa Smeralda costruita come un luna park dove d'inverno ci sono solo i fantasmi. Si viene a sapere molto di quest'isola e viene voglia di passarci almeno un mesetto per andarle a scoprire tutte le cose che Murgia ci racconta: a me sono rimasti impressi i murales di Orgosolo, la piramide di Monte d'Accodì, le spiagge sotto Bosa e naturalmente la Barbagia. In poche pagine e in modo piacevole impariamo un po' di storia, un po' di attualità, dei rapimenti, dei sardi famosi nel mondo che rimangono in Sardegna per portare il resto del mondo in Sardegna e anche se il libro intende andare oltre le immagini da cartolina, Michela Murgia ci indica anche qualche spiaggia.

14.7.17

Ancora di Sardegna

Fabio Aru ieri ha conquistato la maglia gialla al Tour de France


10.7.17

Capre

Dopo una settimana in Sardegna durante la quale ho visto scendere sugli scogli di Goritzé tra i bagnanti un caprone dalle corna enormi che poi abbiamo incontrato di nuovo sul sentiero che in due ore ci avrebbe riportato alla macchina e che sembrava ci aspettasse tutte le volte che rimanevamo indietro; e la capra Roberta che accompagnava il suo padrone a bere un aperitivo al barrino, queste bellissime foto di capre capitano a fagiuolo.



Qui trovate le altre.

27.6.17

Sangue nella steppa




8.
di Ian Manook

Se sei fortunata almeno una volta all'anno di capita un libro inaspettato e pensi wow e le 500 pagine le leggi in 5 giorni anche perché sei bloccata a casa infortunata (quest'ultima non è una fortuna in cui sperare). Curiosa la parola 'infortunato'.

È un giallo, un poliziesco, e Yeruldelgger è il nome del commissario. Questo è il primo della serie e ce ne sono in tutto 3 per ora ma l'ultimo in Italia non è ancora uscito. Ian Manook è lo pseudonimo di Patrick Manoukian, francese di origine armena che ha scritto questi libri già sessantenne anche se ha sempre lavorato nel mondo dell'editoria. La particolarità di questi polizieschi è che si svolgono in Mongolia attingendo tantissimo dalle tradizioni sciamaniche di questa terra, molto affascinanti sia le tradizioni che la terra. È anche molto violento, anche troppo per i miei gusti, ma la scrittura, i personaggi, la storia, i colpi di scena, l'ambientazione compensa.

Bella anche la copertina.

8.6.17

Here I am



7.
Di Jonathan Safran Foer
Titolo in italiano: Eccomi

È il racconto di una separazione. 570 pagine di separazione. Tante. Potevano essere meno, molte meno. Ovviamente non si parla solo della separazione, si parla molto di ebraismo e Israele, anche in questo caso forse troppo almeno per i miei gusti, si parla di amore, di figli, di genitori, di etica e di morale, del mondo come è oggi, di cani, di messaggini, di vita virtuale, di aspettative... insomma si parla della vita, di com'è davvero non come la raccontano nei libri, cosa che Safran Foer sa fare davvero benissimo, quindi 570 pagine forse ci stanno. Ma sono troppe, davvero troppe.

Poi il protagonista, Jacob, il marito nella coppia che si separa, non mi stava per niente simpatico.

29.5.17

La Mongolia/2

CL ha avuto un moto d'orgoglio e mi ha mandato qualche foto, ma non sono quelle belle, dice, sono quelle fatte col cellulare.







26.5.17

La genetica dello sfavamento specialmente all'estero

Exco a Cordova, 2004


Sburk a Beirut, 1980

24.5.17

Qualunque cosa farai, amala

Ferdinando Scianna rimane uno dei miei preferiti. Ogni tanto viene snobbato perché si dà a certa pubblicità patinata, ma per me rimane in cima alla lista. Per chi capita a Milano fino al 31 luglio c'è una sua mostra allo Spazio Forma per la Fotografia - Spazio Meravigli.

Le foto qua sotto, presenti alla mostra che si chiama Istanti di luoghi, le ho prese da un articolo sulla mostra su Doppiozero.

Bolivia 1986

Etna 1973

Roccamena 1963

Napoli 2008

22.5.17

La Mongolia

Questa mia amica anni fa fece un viaggio in Mongolia di cui mi raccontò a lungo ma del quale non mi fece vedere nessuna foto nonostante lei fotografi.

Sul Post poi oggi ho trovato questo articolo di un fotografo che c'è andato e ho pensato che CL avrebbe potuto farle lei queste foto, oppure in Mongolia a un certo punto CL e John Feely si sono incontrati.



12.5.17

Ragazzi di zinco



6.
Di Svetlana Aleksievic.
Libro pesante. Racconta della guerra russa in Afghanistan attraverso le testimonianze di soldati che sono tornati vivi, alcune donne inviate in Afghanistan come medico, infermiere, segretarie o altro, e le madri di quelli che sono tornati dentro bare di zinco.
Non c'è alcun commento solo una testimonianza dietro l'altra.
L'ultima parte racconta brevemente delle cause subite dalla scrittrice per aver scritto il libro.

Dopo un paio di giorni che avevo iniziato a leggerlo avevo deciso di chiuderlo, troppo pesante, troppo triste. Avevo anche subito iniziato un altro libro. Poi l'ho ripreso e l'ho finito faticando, non riesci a metterlo giù probabilmente per lo stesso motivo per il quale Aleksievic non poteva non scriverlo. Per tutte quelle vittime.

28.4.17